In materia di compenso dell’avvocato, il requisito della forma scritta prescritto a pena di nullità dall’art. 2233 c.c., comma 3, per l’accordo tra professionista e cliente sulla determinazione consensuale dei compensi in deroga a quelli previsti per legge, non può essere sostituito con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c., presupponendosene, perciò, sempre la sua preesistenza.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Carrato, con la sentenza n. 29432 del 24 ottobre 2023.
Accadeva che il debitore proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo notificatogli dal Tribunale di Salerno su istanza dell’avvocato per il pagamento dell’importo di euro 6.691,98 a titolo di asserito saldo del compenso assunto come spettante in relazione all’attività professionale svolta nell’interesse dell’opponente.
A fondamento dell’opposizione il debitore deduceva che aveva corrisposto all’avvocato, per l’attività difensiva svolta, la somma di euro 600,00, da ritenersi preventivamente concordata tra le parti, che aveva regolarmente corrisposto con conseguente emissione di regolare fattura da parte del professionista, dovendosi, perciò, ritenere che il pagamento fosse avvenuto a saldo del compenso in questione e non a titolo di acconto.
Si costituiva in giudizio l’avvocato, che contestava l’opposizione e faceva rilevare che l’adeguatezza del suo compenso in base alle tariffe professionali era comprovato dalla documentazione prodotta in giudizio, senza che potesse aver valore alcun accordo verbale intercorso tra le parti.
Il Tribunale di Salerno, in composizione collegiale, con ordinanza accoglieva totalmente l’opposizione, con la conseguente revoca dell’impugnato decreto ingiuntivo e la derivante condanna dell’opposta al pagamento delle spese giudiziali.
L’avvocato proponeva ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza, sulla base di quattro motivi.
Nei primi due motivi il ricorrente deduceva in primis che il Tribunale aveva erroneamente fondato la decisione impugnata omettendo qualsiasi giudizio sulla congruità del compenso in base ai parametri inderogabili stabiliti dal D.M. n. 55 del 2014 (temporalmente applicabile), pur in assenza della stipula di un contratto di conferimento di mandato professionale per iscritto e che aveva basato la sua statuizione su un inesistente ulteriore onere della prova a suo carico, quale creditrice-opposta, ritenendo implicitamente sussistente un diverso accordo per il pagamento del compenso nella misura di Euro 600,00 (oltre iva e cpa), riversando sulla stessa l’ulteriore onere di dimostrare l’inesatto adempimento dell’obbligazione della cliente, e, quindi, di doversi ritenere il pagamento della suddetta somma quale acconto e non a saldo del dovuto.
La Suprema Corte riteneva tali motivi fondati, affermando che ogni eventuale patto sui compensi da devolvere al professionista in deroga al D.M. n. 55/2014 deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità, non potendosi sostituire tale requisito formale con altri mezzi probatori, ammissibili solo in caso di smarrimento del documento.
La Corte accoglieva il ricorso, cassava l’ordinanza impugnata e rinviava al Tribunale di Salerno, in diversa composizione collegiale, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
COMPENSO AVVOCATO: SÌ AL RICORSO PER DECRETO INGIUNTIVO IN DANNO DEL CLIENTE
LA PARCELLA DOVRÀ ESSERE MUNITA DEL PARERE DI CONGRUITÀ DELL’ORDINE
Sentenza | Corte di Cassazione, SS.UU., Pres. Curzio – Rel. Doronzo | 08.07.2021 | n.19427
COMPENSO AVVOCATO: L’ACCORDO CON IL CLIENTE DEVE AVERE FORMA SCRITTA AD SUBSTANTIAM
NON HA RILIEVO LA DISCIPLINA INTRODOTTA DALL’ART. 13, COMMA 2, L. N. 247/2012
Ordinanza | Corte di Cassazione, Pres. Giusti – Rel. Guida | 07.12.2023 | n.34301
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