La ripartizione delle funzioni tra le sezioni specializzate e le sezioni ordinarie del medesimo tribunale non implica l’insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all’interno dello stesso ufficio.
È inammissibile il regolamento di competenza ove il tribunale ordinario abbia impropriamente dichiarato la propria incompetenza per essere competente la sezione specializzata presso lo stesso ufficio, ovvero abbia dichiarato la propria competenza negando quella della predetta sezione specializzata, trattandosi di questione concernente la ripartizione degli affari all’interno dello stesso ufficio.
Se una controversia assegnata alle sezioni specializzate delle imprese sia promossa dinanzi a tribunali diversi da quelli in cui sono presenti dette sezioni, la pronunzia non può essere che di incompetenza, perché si è adito l’ufficio giudiziario anche territorialmente sbagliato.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Pres. Tirelli, Rel. Di Marzio, con ordinanza n. 4706 del 28 febbraio 2018.
Una SOCIETÀ S.R.L. conveniva in giudizio, presso la sezione specializzata in materia di imprese del Tribunale di Milano, una SOCIETÀ S.N.C, con la quale aveva intrattenuto trattative, mai concluse, nelle quali parte attrice aveva consegnato alla convenuta un campionario di disegni per la creazione di prodotti, al fine di far dichiarare la sussistenza di una condotta di concorrenza sleale per imitazione servile ovvero di scorrettezza professionale, ritenendo che la ricorrente aveva realizzato prodotti identici a quelli del campionario mostrato, chiedendo il risarcimento dei danni nonché l’inibitoria della stessa condotta ed il sequestro delle materiale prodotto, oltre alla pubblicazione della sentenza.
La SOCIETÀ S.N.C. si costituiva eccependo l’incompetenza per materia dell’adita sezione specializzata, ritenendo competente il Tribunale di Brescia e contestando il merito dell’avversa pretesa.
Il Tribunale adito, ritenuta la propria competenza, escludeva la sussistenza dell’ipotesi di concorrenza sleale di cui al numero 1 dell’articolo 2598 c.c., sotto il profilo dell’imitazione servile, poiché le fantasie in discorso non presentavano caratteri di originalità, ma ha riconosciuto la sussistenza di una condotta di concorrenza sleale per scorrettezza professionale, provvedendo ad inibire alla SOCIETÀ S.N.C. il proseguimento dell’attività illecita e condannandola al risarcimento dei danni nella misura di € 25.000,00 oltre alla pubblicazione della sentenza.
Avverso detta decisione proponeva appello la SOCIETÀ S.N.C. affermando nuovamente quanto eccepito nella comparsa innanzi al giudice di primo grado.
La Corte rilevava che nel caso di specie si configurava concorrenza sleale interferente con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale in quanto era stato portato all’esame del giudice l’utilizzo di disegni industriali idoneo a produrre confusione sul mercato, senza che avesse rilievo la circostanza che i disegni non erano registrati e quindi erano sottratti alla tutela brevettuale, proprio perché la stessa attrice non aveva svolto un’azione diretta all’accertamento di un suo diritto di proprietà industriale, ma aveva agito per la concorrenza sleale; che sussisteva l’ipotesi di concorrenza sleale di cui al numero 3 dell’articolo 2598 c.c.; che il Tribunale aveva correttamente proceduto alla liquidazione equitativa del danno subito dall’attrice; che il tribunale aveva correttamente ordinato la pubblicazione della sentenza.
La Corte d’appello, pertanto, respingeva l’appello e regolava le spese di lite.
La SOCIETÀ S.N.C. impugnava la predetta decisione mediante ricorso per Cassazione soffermandosi sulla violazione delle norme sulla competenza, art. 360, n. 2, c.p.c., ritenendo che la Corte d’appello aveva errato nel disattendere l’eccezione di incompetenza formulata, dal momento che la domanda proposta dalla SOCIETÀ S.R.L. era totalmente estranea al campo della proprietà industriale, poiché i disegni oggetto della denunciata imitazione non erano stati registrati.
La Suprema Corte sulla questione basava la propria decisione su due fondamentali principi, ovvero:
– «La ripartizione delle funzioni tra le sezioni specializzate e le sezioni ordinarie del medesimo tribunale non implica l’insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all’interno dello stesso ufficio. Ne consegue che, ove il tribunale ordinario abbia impropriamente dichiarato la propria incompetenza per essere competente la sezione specializzata presso lo stesso ufficio, ovvero abbia dichiarato la propria competenza negando quella della predetta sezione specializzata, è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso la suddetta pronuncia, trattandosi di questione concernente la ripartizione degli affari all’interno dello stesso ufficio» Cass. 22 novembre 2011, n. n. 24656;
PERÒ:
– «se una controversia assegnata alle sezioni specializzate delle imprese sia promossa dinanzi a tribunali diversi da quelli in cui sono presenti dette sezioni, la pronunzia non può essere che di incompetenza, perché si è adito l’ufficio giudiziario anche territorialmente sbagliato» Cass. 23 ottobre 2017, n. 25059.
Nel caso di specie la Corte rilevava che la questione dedotta (concorrenza sleale c.d. «pura»), instaurata presso il Tribunale di Milano, sezione specializzata imprese, non rientrava nella competenza per materia della detta sezione per cui avrebbe dovuto essere instaurata presso il Tribunale di Brescia, territorialmente competente.
Sulla base dei suddetti principi gli Ermellini accoglievano il ricorso e rinviavano la causa al Tribunale di Brescia al fine di decidere anche sulle spese di lite.
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