ISSN 2385-1376
Testo massima
In sede di opposizione all’esecuzione non è contestabile la validità, legittimità o giustizia del provvedimento costituente titolo esecutivo, allorquando siano predisposti per tale controllo specifici mezzi di impugnazione, il che significa che non vi è alcuna possibilità di concorso tra opposizione alla esecuzione e mezzi di impugnazione ordinari proponibili contro il titolo esecutivo e che la prima costituisce un rimedio sussidiario e residuale.
È inespropriabile la quota di pertinenza del singolo coniuge da parte del creditore personale di quest’ultimo. Invero, mentre la comunione ordinaria è una comunione per quote, quella legale è una comunione senza quote: nell’una le quote sono oggetto di diritto individuale dei singoli partecipanti e delimitano il potere di disposizione di ciascuno sulla cosa comune, nell’altra i coniugi non sono individualmente titolari di un diritto alla quota, bensì solidalmente titolari, in quanto tali, di un diritto avente ad oggetto i beni della comunione, nel senso che ciascuno è titolare dell’intero.
Ove peraltro si ammettesse 1’espropriazione della quota, si giungerebbe alla conclusione, incompatibile con la natura ed il fondamento giuridico della comunione legale dei beni, della sostituzione del coniuge, all’ interno della comunione legale, con un terzo estraneo al rapporto coniugale, vale a dire 1’aggiudicatario della quota escussa.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Napoli Nord, dott. Felice Angelo Pizzi, con sentenza n. 34, depositata in data 15.01.2015.
Nel caso in esame, il debitore proponeva opposizione avverso l’esecuzione avviata mediante notifica di pignoramento avente ad oggetto la quota indivisa di ½ di beni rientranti in comunione legale tra i coniugi, contestando la legittimità del titolo esecutivo per effetto del quale la Banca aveva avviato l’esecuzione, rilevando in particolare la mancata notifica dell’atto introduttivo del procedimento da cui era derivata l’emissione del titolo esecutivo, e contestando altresì l’espropriabilità del bene esecutato, in quanto rientrante nella comunione legale tra coniugi.
Il Giudice ha preventivamente ricondotto il primo motivo di opposizione all’ambito dell’art. 615 c.p.c. ed il secondo a quello dell’art. 617, comma 2, c.p.c..
Il provvedimento in commento ha motivato l’infondatezza dell’opposizione all’esecuzione rilevando che “in sede di opposizione all’esecuzione è previsto solamente il controllo circa la attuale validità ed esistenza del titolo, così da poter stabilire se esso sia effettivamente venuto meno per fatti posteriori alla sua formazione, ma non è contestabile la sua validità, legittimità o giustizia, proprio perché sono predisposti per tale controllo specifici mezzi di impugnazione“.
L’accoglimento, invece, dell’opposizione agli atti esecutivi, è stato motivato sul rilievo che il pignoramento immobiliare abbia colpito la quota indivisa di ½ di beni immobili appartenenti all’opponente, ma in regime di comunione legale con il coniuge. Operato un opportuno distinguo tra comunione ordinaria e comunione legale, il Tribunale ha chiarito che nell’ambito di quest’ultima “la quota non è un elemento strutturale, ma ha soltanto la funzione di stabilire la misura entro cui i beni della comunione rispondono nei confronti dei creditori particolari (art. 189 c.c.), la misura della responsabilità sussidiaria di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali verso i creditori della comunione (art. 190 c.c.), ed infine la proporzione in cui, sciolta la comunione, 1′ attivo e il passivo saranno ripartiti tra i coniugi e i loro eredi (art. 194 c.c.)“.
Ne deriva, pertanto, l’inespropriabilità della quota nella comunione legale, anche perché, ove si argomentasse in senso inverso, si giungerebbe alla conclusione, incompatibile con la natura ed il fondamento giuridico della comunione legale dei beni, della sostituzione del coniuge, all’interno della comunione legale, con un terzo estraneo al rapporto coniugale, vale a dire 1′ aggiudicatario della quota escussa.
Coerente con tali premesse, la sentenza n. 4612/1985 della Suprema Corte, secondo la quale il creditore procedente è tenuto ad aggredire per intero un appartamento del debitore, non già una sua porzione, perché “questo costituisce, funzionalmente e giuridicamente, un’unità indivisibile, suscettibile di frazionamento in più beni distinti solo con modifiche strutturali affidate all’iniziativa del proprietario stesso“, con la conseguente invalidità del pignoramento parziario.
Per approfondimenti si veda:
PIGNORAMENTO DI UN BENE IN COMUNIONE LEGALE
Testo del provvedimento
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