Non cade in comunione legale l’immobile che, promesso in vendita a persona coniugata in regime di comunione legale, sia coattivamente trasferito ex art. 2932 c.c., a causa dell’inadempimento del promittente venditore, al promissario acquirente, con sentenza passata in giudicato dopo che tra quest’ultimo ed il coniuge era stata pronunciata la separazione.
La comunione legale fra i coniugi, di cui all’art. 177 c.c., riguarda gli acquisti, cioè gli atti implicanti l’effettivo trasferimento della proprietà della “res” o la costituzione di diritti reali sulla medesima, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all’acquisizione di una “res”, non sono suscettibili di cadere in comunione.
Questi i principi espressi dalla Cassazione civile, sez. seconda, Pres. Bianchini – Rel. Orilia, con la sentenza n. 11504 del 03.06.2016.
Nel caso controverso, la Corte di Appello di Ancona, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, aveva trasferito in proprietà esclusiva ad uno solo dei coniugi in comunione legale dei beni, l’appartamento oggetto di contratto preliminare concluso da quest’ultimo con una società promittente venditrice.
La Corte di merito aveva, in particolare, seguito il principio espresso dalla giurisprudenza prevalente, secondo cui la comunione legale tra coniugi di cui all’art. 177 c.c., riguarda solo gli acquisti, intendendosi con tale locuzione, gli atti implicanti trasferimenti del diritto di proprietà o la costituzione di altri diritti reali e non quindi i diritti di credito sorti dal preliminare concluso da uno dei coniugi.
Avverso la decisione del Giudice di seconde cure, proponeva ricorso per Cassazione l’altro coniuge, sulla base di due motivi.
In particolare, con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduceva la violazione dell’art. 177 c.c., lett. a), sollevando altresì l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma per contrasto con gli articoli 3 e 29 della Costituzione, osservando che se la ragione della comunione legale sta nell’esigenza di far beneficiare i coniugi di tutti gli incrementi economici acquisiti al loro patrimonio, non si comprenderebbe il motivo per cui l’acquisto di un diritto di credito debba esserne escluso, trattandosi anche in tal caso di un incremento patrimoniale.
La Suprema Corte, in proposito, sottolineava che non cade in comunione legale l’immobile che, promesso in vendita a persona coniugata in regime di comunione legale, sia coattivamente trasferito ex art. 2932 cod. civ., a causa dell’inadempimento del promittente venditore, al promissario acquirente, con sentenza passata in giudicato dopo che tra quest’ultimo ed il coniuge era stata pronunciata la separazione.
Invero, proseguiva il Giudice di legittimità, la comunione legale fra i coniugi, di cui all’art. 177 c.c., riguarda gli acquisti, cioè gli atti implicanti l’effettivo trasferimento della proprietà della “res” o la costituzione di diritti reali sulla medesima, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all’acquisizione di una “res”, non sono suscettibili di cadere in comunione.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamentava la violazione degli artt. 191 e 2969 c.c., osservando in proposito che il trasferimento del diritto di proprietà era avvenuto alla data del deposito della sentenza di primo grado, in cui i coniugi erano ancora in regime di comunione legale e, dunque, l’acquisto del bene doveva ritenersi entrato a far parte della proprietà, essendosi formato sull’immobile il giudicato interno in mancanza di impugnazione della sentenza di primo grado da parte della società promittente venditrice.
Ebbene, gli ermellini osservavano che la mancata impugnazione della sentenza di primo grado da parte della promittente venditrice aveva comportato il passaggio in giudicato della pronuncia, ma gli effetti sostanziali del giudicato di cui all’art. 2909 c.c., non potevano che riguardare le sole conseguenze derivanti dalla violazione dell’obbligo di concludere il contratto definitivo: in altri termini, il giudicato copriva esclusivamente il rapporto tra i due contraenti e si era dunque formato solo sul trasferimento del diritto di proprietà mediante sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c..
Sulla base di quanto esposto, la Cassazione rigettava il ricorso, nulla statuendo in ordine alle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia al seguente contributo pubblicato in rivista:
COMUNIONE LEGALE: VALIDO PRELIMINARE FIRMATO SOLO DA UN CONIUGE
LA MANCATA SOTTOSCRIZIONE DEL PRELIMINARE DI VENDITA IMMOBILIARE DA PARTE DI UNO DEI CONIUGI IN COMUNIONE LEGALE NON PRECLUDE L’ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA
Sentenza | Corte di cassazione | 30.01.2013 | n.2202
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