Nelle ipotesi di abusivo ricorso al credito – ossia quando una Banca conceda fidi a soggetti incapaci di assicurare una normale restituzione delle somme a causa dell’insufficienza delle loro condizioni patrimoniali – l’azione risarcitoria, che nella sua ontologia costituisce strumento di reintegrazione del patrimonio del singolo creditore non può in alcun modo qualificarsi come azione di massa e, come tale, riferibile e proponibile dall’organo rappresentativo della procedura di amministrazione straordinaria, pertanto, né l’azione risarcitoria ex art. 2043 c.c. né tantomeno l’azione individuale del socio e del terzo ai sensi dell’art. 2395 c.c. possono essere ricondotte nell’ambito delle azioni di massa, per due fondamentali considerazioni: a) il danno derivante dall’attività di sovvenzione abusiva deve essere valutato caso per caso, essendo in concreto ipotizzabile che i creditori aventi diritto di partecipare al riparto non abbiano ricevuto effettivo pregiudizio dalla continuazione dell’impresa; b) la posizione dei singoli creditori può essere diversa, a seconda che siano antecedenti o successivi all’abusivo finanziamento.
Il commissario liquidatore non è legittimato a proporre né l’azione risarcitoria ex art 2043 c.c. e l’art. 2395 c.c. al fine di richiedere i danni arrecati al patrimonio societario, atteso che è stata la stessa società attrice che ha preso parte ai finanziamenti che hanno dato luogo all’abusiva concessione del credito, dando luogo, o comunque contribuendo a dare luogo, all’illecito di cui si discute, con la conseguenza che alcun diritto di credito può sorgere in capo alla società finanziata abusivamente prodotto da un fatto illecito posto in essere dai suoi rappresentanti.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Ascoli Piceno, Dott.ssa Francesca Sirianni con la sentenza n. 926del 03.08.2015.
Nella fattispecie in esame, una società in liquidazione coatta amministrativa conveniva in giudizio una Banca per sentirla condannare al risarcimento del danno da concessione abusiva di credito a seguito del finanziamento illegittimo concessione in un periodo di evidente stato di decozione alla medesima società.
Si costituiva, tempestivamente, in giudizio la Banca convenuta contestando la responsabilità nell’aggravamento del dissesto ed eccependo –in via preliminare – la carenza di legittimazione attiva in capo al Commissario liquidatore della società in liquidazione coatta amministrativa.
Il Giudicante, quanto all’asserita responsabilità dell’istituto creditizio, ha dichiarato fondata l’eccezione sollevata dalla Banca convenuta, specificando che: a) non sussiste alcun accertamento di penale responsabilità della condotta della convenuta in concorso con gli amministratori; b) l’attore ha genericamente parlato di condotte degli amministratori suscettibili di avere un qualche rilievo dal punto di vista penale eventualmente poste in essere con un dirigente della banca convenuta, neppure nominativamente individuato, nonché c) l’attore non ha agito per tutelare un interesse dei singoli creditori, ma piuttosto ha chiesto il risarcimento di un danno autonomo e diretto cagionato al società fallita dalle banche.
Il Giudicante ha, quindi, nel merito ritenuto di doversi conformare all’orientamento già espresso dal Tribunale di Ascoli Piceno in due precedenti analoghi, laddove ha ritenuto che nelle ipotesi di abusivo ricorso al credito – ossia quando una Banca conceda fidi a soggetti incapaci di assicurare una normale restituzione delle somme a causa dell’insufficienza delle loro condizioni patrimoniali – sorge in capo all’azienda di credito una responsabilità extracontrattuale, vale a dire per il danno derivante dall’affidamento ingenerato nei creditori e terzi contraenti nella presunta solvibilità dell’imprenditore.
In particolare, il Tribunale in conformità con le recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione nel ritenere che l’azione risarcitoria, nella sua ontologia, costituisce strumento di reintegrazione del patrimonio del singolo creditore e che, quindi, non può in alcun modo qualificarsi come azione di massa e, come tale, riferibile e proponibile dall’organo rappresentativo della procedura di amministrazione straordinaria, ha chiarito che né l’azione risarcitoria ex art. 2043 c.c. né tantomeno l’azione individuale del socio e del terzo ai sensi dell’art. 2395 c.c. possono essere ricondotte nell’ambito delle azioni di massa, per due fondamentali considerazioni: innanzitutto, il danno derivante dall’attività di sovvenzione abusiva deve essere valutato caso per caso, essendo in concreto ipotizzabile che i creditori aventi diritto di partecipare al riparto non abbiano ricevuto effettivo pregiudizio dalla continuazione dell’impresa; in secondo luogo, la posizione dei singoli creditori può essere diversa, a seconda che siano antecedenti o successivi all’abusivo finanziamento.
Alla luce delle argomentazioni suesposte, il Tribunale rigettava le doglianze attoree, condannando, altresì, la curatela al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
CONCESSIONE ABUSIVA DI CREDITO: L’AZIONE DI DANNO NON PUÒ ESSERE ESPERITA DAL CURATORE
NEL SISTEMA FALLIMENTARE IL CURATORE NON È TITOLARE DI UN POTERE DI RAPPRESENTANZA DI TUTTI I CREDITORI, INDISTINTO E GENERALIZZATO
Sentenza | Corte di Appello di Milano, Pres. Fabrizi – Rel. Nardo | 20.03.2015 | n.1229
CONCESSIONE ABUSIVA CREDITO: IL FALLIMENTO È PRIVO DI LEGITTIMAZIONE ATTIVA CONTRO UNA BANCA
LA DOMANDA RISARCITORIA NON È AZIONE DI MASSA.
Sentenza | Tribunale di Napoli, Sezione Specializzata in Materia d’Impresa, Pres. Buttafoco – Rel Quaranta | 09.02.2016 | n.1662
ABUSIVA CONCESSIONE CREDITO: IL CURATORE FALLIMENTARE NON È LEGITTIMATO AD AGIRE CONTRO LE BANCHE
LA LEGITTIMAZIONE AD AGIRE IN RAPPRESENTANZA DEI CREDITORI È LIMITATA ALLE AZIONI C.D. DI MASSA
Sentenza | Tribunale di Monza, dott. Fulvia De Luca | 08.02.2011 | n.317
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