ISSN 2385-1376
Testo massima
La rinuncia alla domanda di concordato con riserva è ammissibile e determina l’improcedibilità della domanda, non costituendo abuso del diritto quando, da un lato sia mantenuta la successiva udienza fissata per garantire il pieno contraddittorio tra le parti e la eventuale domanda di fallimento da parte del P.M. e, dall’altro, si tenga conto che l’inammissibilità della riproposizione della domanda di concordato nei due anni successivi (ex art. 161, comma 9 L.Fall.) è applicabile anche all’ipotesi di domanda di concordato in bianco rinunciata, poiché la disposizione fa riferimento sic et simpliciter all’oggettiva mancanza di ammissione al concordato, senza indicarne la causa.
Tanto ha affermato il Tribunale di Rovigo, Pres. D’Amico – Est. Martinelli, con provvedimento del 21 ottobre 2014, con il quale ha dichiarato l’improcedibilità di una domanda di concordato con riserva, per effetto della rinunzia presentata dal debitore a seguito della mancata presentazione del piano e della proposta concordataria entro il termine di cui all’art. 161, 6 comma, L.F.
In particolare, la ricorrente, società in accomandita semplice che aveva presentato domanda di concordato c.d. in bianco, senza poi depositare la proposta concordataria, il piano e la relativa documentazione, rilevato che il Tribunale aveva fissato udienza per la declaratoria di improcedibilità alla luce delle mancanze appena citate, depositava atto di rinunzia alla procedura concordataria il giorno precedente la detta udienza.
Il Tribunale di Rovigo, nel ritenere valida la rinuncia, seppur presentata allo spirare del termine fissato per il deposito della documentazione richiesta, ha dichiarato l’improcedibilità della domanda e l’estinzione della procedura.
Ai fini di una corretta analisi delle argomentazione poste alla base dei suddetti principi, sanciti dall’organo giudicante, è opportuno una breve disamina delle disposizioni legislative rilevanti.
In primis, fondamentale è il richiamo all’ art. 161,6 co., L.F., nella parte in cui sancisce che ” L’imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice, compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all’omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell’articolo 182-bis, primo comma. In mancanza, si applica l’articolo 162, commi secondo e terzo”.
Ebbene, tale disposto legislativo, nel disciplinare il cd. concordato in bianco, prevede che il debitore deve provvedere al deposito della proposta concordataria, del piano e della documentazione, di cui ai commi secondo e terzo dell’ art. 161 L.F., entro un termine fissato dal giudice.
Tale deposito, nel termine fissato dal giudice, è da considerarsi a pena di inammissibilità della domanda concordataria (e quindi, sul piano processuale, di improcedibilità della fase pre-concordataria).
È quanto si deduce, ex art. 161, 6 co., L.F., dato l’ esplicito richiamo in esso contenuto all’ art. 162, 2 e 3co., L.F.
L’ art. 162, 2 co., L.F., rubricato “Inammissibilità della domanda”, infatti, include tra le cause di inammissibilità della domanda di concordato anche la violazione dell’ art. 161, e quindi, in vista del sesto comma dello stesso, anche l’ ipotesi di mancanza della proposizione della proposta concordataria nel termine di cui all’ art. 161, 6 co., L.F.
Detto della inammissibilità della domanda di concordato, si coglie a pieno la rilevanza del tema sulla validità della rinuncia, seppur presentata allo spirare del termine del deposito, laddove si prosegue nella lettura dell’ art. 161,9 co., L.F., per il quale , “La domanda di cui al sesto comma è inammissibile quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l’ammissione alla procedura di concordato preventivo o l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti”.
Quindi, ai sensi dell’ art. 161, 9 co., L.F., è inammissibile la domanda concordataria presentata nei due anni successivi ad altra domanda dichiarata inammissibile.
È noto che la ratio legislativa di cui all’ art. 161, 9 co., L F., è quella di evitare che il debitore ricorra all’ istituto giuridico del concordato in bianco, al solo fine di usufruire dei vantaggi previsti dal legislatore ed evitare la dichiarazione di fallimento (pur non esclusa in assoluto, secondo cospicua giurisprudenza), senza alcuna reale intenzione di trovare una soluzione “concordata” alla propria difficoltà di far fronte alle obbligazioni assunte nei confronti dei creditori.
Alla luce di quanto detto, si percepisce la rilevanza del tema sulla validità della rinuncia alla domanda concordataria presentata allo spirare del termine fissato per il deposito.
Invero, la rinuncia al concordato è un atto a carattere processuale. Ciò significa che qualora la stessa venga presentata anche il giorno prima a quello fissato per il deposito della proposta concordataria, comporta l’improcedibilità della domanda, con la conseguenza che il debitore potrebbe presentare anche immediatamente nuova domanda di concordato “eludendo” il disposto normativo di cui all’ art. 161, 9 co. L.F.
Individuato il problema si procede all’ analisi dell’iter logico argomentativo del Tribunale di Rovigo, mediante un raffronto con la pronuncia del Tribunale di Asti del 10 agosto 2014, richiamata nel testo della pronuncia in esame.
Il Tribunale di Asti, conscio del fenomeno del cd. abuso del concordato in bianco, ha ritenuto che la rinuncia alla domanda di concordato, presentata allo spirare del termine per il deposito della proposta concordataria, è inefficace, in quanto strumentale ad evitare una dichiarazione di inammissibilità per mancato deposito della proposta nel termine, ex art.161,6 co., e 162 L.F., e finalizzata a riservarsi la facoltà di riproporre nuova domanda di concordato senza alcun limite temporale.
Per tali ragioni, ha concluso per l’inefficacia della rinuncia e l’ inammissibilità della domanda per mancato rispetto del termine ai fini del deposito, ex art. 161, 6 co., L.F.
Il Tribunale di Rovigo perviene ad una diversa conclusione, in quanto considera efficace la rinuncia, e conclude con una dichiarazione di improcedibilità della domanda ed estinzione del procedimento.
Infatti, per tale organo giudicante, la rinuncia presentata prima del termine ultimo per il deposito della proposta concordataria, è valida, e dunque, efficace, quando sia stata fissata udienza per la dichiarazione di improcedibilità in contraddittorio tra le parti e per la formulazione della eventuale domanda di fallimento da parte del P.M (tale da garantire, dunque, sia il contraddittorio, sia il controllo della parte pubblica sul contegno tenuto dal debitore).
Ma soprattutto, l’abuso del diritto non può configurarsi perché secondo il Collegio “l’ art. 161, 9 co. L.F., è applicabile anche all’ ipotesi di domanda in concordato in bianco rinunciata, poiché la disposizione fa riferimento sic et simpliciter all’ oggettiva mancanza di ammissione al concordato, senza indicarne la causa”.
In altri termini, la generica formulazione di cui all’art.161, 9 co. L.Fall. va intesa nel senso che non conta la causa di mancata ammissione al concordato, ma il fatto in sé che il debitore non sia stato ammesso alla speciale procedura, al fine di escludere il ricorso ad un nuovo concordato con riserva nei due anni successivi, eliminando così alla radice ogni rischio di abuso.
In conclusione, pur se con percorsi argomentativi differenti, sostanzialmente sia il Tribunale di Asti che quello di Rovigo, con la pronuncia in commento, pervengono ad un’adeguata tutela dei creditori contro i possibili abusi dello strumento del concordato “in bianco”.
Si riportano, per approfondimenti, gli estremi di alcune pronunce che configurano, invece, la rinuncia strumento di abuso di diritto:
– “quando, contestualmente ad essa, viene presentata nuova domanda di pre- concordato, essendo in tal caso del tutto evidente che le finalità perseguite dall’ istante sono meramente dilatori rispetto alla pronuncia di fallimento” (Trib. Milano, 4 ottobre 2012);
– “quando ci ritroviamo di fronte ad una ipotesi di implicita
rinuncia alla domanda preventiva di concordato con formulazione di una nuova domanda al solo fine di evitare l’ ineluttabile conseguenza del mancato raggiungimento della maggioranza nella procedura concordataria e, comunque, l’ emissione della sentenza dichiarativa di fallimento con conseguente ingiustificato pregiudizio del diritto del creditore istante, titolare a sua volta di un interesse giuridicamente tutelato alla declaratoria di fallimento in assenza delle condizioni di ammissibilità del concordato originariamente proposto“. (Trib. Di Messina 30 gennaio 2013);
– “quando essa non venga accettata dalle parti che potrebbero avere interesse alla prosecuzione , trovando applicazione al procedimento del concordato preventivo l’ art. 306 c.p.c , il quale subordina l’ estinzione del giudizio all’ accettazione delle parti. La mancata dichiarazione di estinzione del procedimento di concordato pendente comporta che la domanda di concordato presentata dopo la rinuncia si configura o come modifica della proposta iniziale o come nuova domanda la quale, andando a sovrapporsi ad un diverso procedimento concordatario ancora pendente, dovrà essere dichiarata inammissibile” (Tribunale Parma 02 ottobre 2012).
Testo del provvedimento
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