ISSN 2385-1376
Testo massima
Inammissibile il deposito di una domanda di concordato c.d. pieno nonostante l’intervenuta rinuncia e lo spirare del termine concesso ex art. 161 sesto comma l.f.
Evidenzia profili di abuso dello strumento concordatario la condotta della parte che, pur avendo rinunciato a valersi del termine per il deposito del piano e della relativa documentazione, a distanza di soli pochi giorni, vedendosi evocata in giudizio ex art. 162 1.f. con il fine ulteriore di accertare lo stato di insolvenza, utilizza lo strumento concordatario per paralizzare tali accertamenti.
È quanto si evince dal decreto emesso dal Tribunale di Roma, Sez. Fallimentare, Pres. Giovanna Russo, Est. Luisa De Renzis il 17 luglio 2014 in materia di concordato preventivo.
Il caso in esame si presenta a tratti macchinoso, tuttavia può essere riepilogato nel modo in cui segue.
Una Società proponeva domanda di concordato, ed a seguito della richiesta, veniva ammessa al c.d. pre- concordato con assegnazione del termine di novanta giorni per il deposito della proposta concordataria, del piano e della documentazione prevista per l’ammissione della procedura.
Tuttavia, la Società, pochi giorni prima della scadenza di detto termine dichiarava di voler rinunciare al ricorso/domanda di concordato preventivo.
A seguito di tale rinuncia, veniva fissata udienza per la comparizione delle parti, nella quale la Società ribadiva la propria volontà di rinunciare al ricorso e congiuntamente il P.M. chiedeva l’inammissibilità della domanda della procedura ed esercitava l’azione per la dichiarazione di fallimento.
La peculiarità del caso si evidenzia nelle more del termine a difesa, (concesso in esito alla richiesta di fallimento formulata dal P.M.) atteso che la Società depositava una autonoma ed ulteriore domanda di concordato preventivo c.d. pieno.
Ne consegue che il Tribunale aveva tre procedure pendenti da disciplinare:
– Procedura di inammissibilità della proposta (apertasi a seguito della rinuncia della Società)
– Procedura di dichiarazione di fallimento (apertasi a seguito della richiesta esercita dal P.M.)
– Procedura di concordato pieno (depositata dalla Società in pendenza del termine a difesa pre-fallimentare)
Orbene, la procedura di concordato con riserva permette all’imprenditore di beneficiare immediatamente degli effetti che derivano dall’apertura della procedura concordataria , atteso che in presenza di una domanda incompleta del piano, della proposta e di parte della documentazione, si ha l’interruzione o la sospensione delle azioni esecutive intraprese da parte dei singoli creditori nei confronti dell’imprenditore. Tale paralisi si estende, per effetto della novella legislativa anche alle azioni cautelari promosse eventualmente dai creditori.
Invero, è evidente che, la rinuncia dell’ultima ora, in prossimità dello spirare del termine corrisponda ad avvalersi degli effetti protettivi previsti dall’art. 168 legge fallimentare.
Difatti, la rinuncia ha avuto come conseguenza l’inammissibilità della domanda della proposta e la richiesta del P.M della domanda di fallimento della Società srl, con conseguente fissazione dell’udienza, un ulteriore termine concesso alla alla stessa per l’esercizio del diritto di difesa ex art. 161 sesto comma e 162 secondo comm a l.f..
Alla luce di ciò, nelle more del giudizio la Società depositava un ulteriore domanda di concordato c.d. pieno, nonostante l’intervenuta rinuncia e lo spirare del termine concesso ex art. 161 sesto comma l.f.
Tali evidenze dimostravano che lo scopo perseguito dal debitore non consisteva nel cercare di perseguire una rapida composizione della crisi (che costituisce la finalità propria della procedura di concordato), ma solo nel cercare di paralizzare le istanze di fallimento proposte dai creditori cercando di procrastinare sine die la propria dichiarazione di fallimento e di beneficiare in modo ultroneo della protezione di cui all’art. 168 l.fall. dall’avvio o prosecuzione di iniziative esecutive o cautelari nei propri confronti.
Orbene, il rischio di un uso distorsivo del concordato, vista la particolarità dell’istituto e la delicatezza delle esigenze che ne sono a fondamento, oltre alla rilevanza assunta a causa del suo cospicuo utilizzo nella prassi, ha portato i Tribunali, ad assumere un atteggiamento attento e intransigente nei confronti degli utilizzi indebiti di tale strumento, che nel caso in esame è molto evidente.
L’abuso del diritto, concetto giuridico di portata generale, trova quindi applicazione nei confronti di tutte le tipologie di concordato, compreso quello con riserva ove si rilevi che gli strumenti predisposti dal legislatore siano utilizzati in maniera distorsiva, in danno ai creditori e con l’intento di prolungare indebitamente la durata del procedimento e gli effetti protettivi connessi.
Nel caso di specie, il Tribunale ha constatato la presenza di un abuso del diritto, atteso che, dopo che fosse stata già presentata una domanda di concordato preventivo dichiarata inammissibile, il debitore, anziché modificare tale domanda, vi aveva del tutto rinunciato, presentando invece una nuova domanda di concordato con riserva (calcolando attentamente ii tempi necessari per la continuazione senza soluzione di continuità degli effetti protettivi).
Tramite la proposizione della nuova domanda il debitore, evitando le integrazioni richieste dal dal Tribunale in merito ai motivi che avevano portato all’inammissibilità della prima domanda conseguenziale della rinuncia, si sarebbe indebitamente garantito la protezione offerta dalla seconda, conconseguente pregiudizio dei creditori sociali e con un evidente utilizzo abusivo delle procedure.
procedure.
In conclusione, il tribunale adito della controversia ha dichiarato inammissibile la proposta concordataria e ha disposto che si procedesse con separato provvedimento all’istanza dichiarativa di fallimento.
Testo del provvedimento
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