ISSN 2385-1376
Testo massima
La presentazione di una domanda di concordato preventivo non può essere utilizzata al solo scopo di procrastinare la dichiarazione di fallimento per poi invocare la scadenza dei termini ex art.10 LF, ove si accerti che i presupposti della seconda siano i medesimi in base ai quali è stato proposta la domanda di concordato.
La procedura fallimentare che venga procrastinata stante il deposito di una domanda di concordato preventivo in bianco conclusosi poi con la revoca ex artt.163 e 173 LF determina l’applicabilità del principio della consecutività delle procedure
Ne deriva che il dies a quo ex art.10 LF decorre a ritroso dalla data di ammissione alla procedura concordataria e non dalla revoca della stessa.
Così si è pronunciato il Tribunale di Rovigo, Giudice dott. Martinelli che con sentenza del 27.03.2014 ha dichiarato, su ricorso presentato da un creditore, il fallimento di una società inattiva da più di un anno.
L’adito Giudicante ha correttamente rilevato che la detta società un anno prima aveva richiesto l’ammissione con riserva al concordato in bianco, successivamente revocato per mancato deposito del fondo spese per cui in applicazione di quanto statuito da ormai consolidata giurisprudenza trova applicazione il principio della consecutività delle due procedure concorsuali, costituendo la sentenza di fallimento l’atto terminale del procedimento.
Nel dettaglio, il Tribunale ha sposato la tesi della consecutività delle due procedure – la domanda di ammissione al concordato preventivo ai sensi dell’art. 160 l.f. e la dichiarazione di fallimento – nei casi in cui sia possibile dimostrare (anche attraverso l’impiego di una serie di indici quali l’inattività della ditta individuale) come l’elemento oggettivo (lo stato di crisi dell’impresa), che fonda la richiesta di concessione dello strumento concordatario, coincida con lo stato di insolvenza dell’imprenditore.
Deriva dalla consecutività delle due procedure il fatto che l’imprenditore possa essere dichiarato fallito anche a ridosso della revoca del concordato, dal momento che deve considerarsi come dies a quo – utile al decorso del termine previsto dall’art. 10 l.f. – il momento in cui era stata presentata la domanda di concordato e non quello, evidentemente successivo, della revoca dello stesso.
Secondo il Giudice veneto, tali considerazioni sono a maggior ragione suscettibili di applicazione alla luce delle novità introdotte nel 2012 con la riforma della legge fallimentare: la possibilità, concessa all’imprenditore in crisi, di presentare domanda di concordato senza aver preventivamente predisposto il piano da presentare all’approvazione dei creditori non deve cioè tramutarsi in un abuso dello strumento concordatario in frode alla legge.
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale di Rovigo ha ritenuto fondato il ricorso ed ha dichiarato, quindi, il fallimento della società debitrice.
Testo del provvedimento
In allegato il testo integrale del provvedimento
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