La contrapposizione fra il primo e secondo comma dell’art. 74 CCI, ferma la preclusione per il consumatore di cui al primo comma, è inerente alla regola generale, che ammette il concordato minore solo nella forma della continuità e la eccezione posta dal secondo comma che ammette il concordato liquidatorio solo se vi sia un significativo apporto di risorse esterne. Questa interpretazione risponde, oltre alla simmetria con lo strumento dell’accordo di ristrutturazione riservato solo al consumatore, anche al necessario parallelismo con il concordato preventivo, nella cui disciplina appare chiaro che la forma principe è quella del concordato in continuità mentre la forma liquidatoria è stretta in confini precisi di soddisfacimento minimo e soprattutto subordinata alla presenza di risorse esterne nella proporzione indicata dalla legge.
Nel concordato minore non vi è cenno alla modalità liquidatoria pura e si prevede più genericamente un aumento del soddisfacimento derivante dall’attivo con finanza esterna in misura apprezzabile. Ciò significa anzitutto che la finanza esterna non deve assicurare, a differenza dell’ipotesi del concordato preventivo, un’aggiunta pari almeno al dieci percento rispetto all’attivo, ma appunto deve trattarsi di un contributo sicuramente consistente, a pena di inammissibilità.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Ferrara, Giudice Anna Ghedini, con decreto del 23 maggio 2023, con il quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso per l’ammissione al concordato minore.
Nel caso specifico a fronte di debiti per 2.497.041,74 (di cui 3.248,24 dovuti a una società finanziaria per il resto trattandosi di debiti verso l’Erario conseguenti il già citato accertamento) il debitore proponeva a mezzo del solo versamento di finanza esterna per 20.000,00 euro.
Per il Tribunale si trattava di una soddisfazione dell’Erario pari a meno dell’1% rispetto al debito: percentuale pressochè irrisoria ed assolutamente inidonea a integrare il presupposto di legge, che non giustificava affatto l’effetto esdebitatorio immediato che sarebbe conseguito al debitore per effetto della eventuale omologa.
Pertanto, in applicazione del principio di diritto già menzionato, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
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