Sia nell’ipotesi di concordato preventivo che in quella di concordato fallimentare, il Tribunale non è chiamato a svolgere un sindacato nel merito della proposta e quindi della fattibilità del piano – tanto in sede di giudizio di ammissione alla procedura quanto nella successiva fase del giudizio di omologazione, salvo che, in quest’ultimo caso, un creditore a ciò legittimato, abbia proposto opposizione al fine di sollecitare un siffatto giudizio di merito.
Il momento decisivo in cui si possa e debba giudicare del merito della proposta, anche sotto il profilo della fattibilità del piano deve essere individuato nell’adesione espressa dell’adunanza dei creditori.
Il compito del Tribunale è, pertanto, limitato alla verifica della regolarità della procedura, al fatto che i creditori chiamati ad esprimere il loro consenso nell’adunanza siano stati compiutamente e correttamente informati, all’assenza di eventuali ragioni d’illiceità o comunque di nullità della proposta, come tali non sanabili neppure mediante la prestazione del consenso dei creditori.
IL CASO
Dichiarata aperta la procedura di concordato della società ROSSO ed approvata a maggioranza la relativa proposta, si è dato corso al procedimento di omologazione.
In tale fase, nell’ambito della quale nessun creditore ha proposto opposizione, il commissario giudiziale ha espresso un parere negativo quanto alla fattibilità del piano, ritenendo che la società proponente avesse sottostimato il proprio passivo e sovrastimato l’attivo patrimoniale, onde i creditori chirografari non avrebbero potuto trovare soddisfazione nella misura prevista dalla proposta di concordato.
Il Tribunale ha rigettato la domanda di omologazione del detto concordato preventivo e la Corte d’Appello respinto il reclamo proposto dalla società debitrice avverso la decisione del Tribunale, condividendo la valutazione del commissario giudiziale.
In particolare, la Corte, muovendo dal presupposto che la fattibilità del piano di sistemazione del passivo contenuto nella proposta concordataria costituisce una delle condizioni di ammissibilità di tale proposta, pur in assenza di opposizione dei creditori, ha considerato fondati i rilievi del commissario giudiziale: donde la conclusione che i termini della proposta concordataria, cui i creditori hanno prestato adesione, non sarebbero risultati attuabili.
La società ROSSO ha proposto ricorso per Cassazione, contestando la valutazione negativa operata dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello in ordine alla fattibilità del piano ed evidenziando in particolare che:
il requisito della fattibilità del piano non si identifica con la possibilità di prevedere l’effettivo soddisfacimento della percentuale dei crediti indicati nella proposta concordataria, non essendo in nessun caso tale indicazione né vincolante né decisiva;
la fattibilità attestata dal professionista non può essere messa in discussione nel giudizio di omologazione se non si dimostri la falsità dei dati sui quali l’attestazione è basata.
La Prima Sezione della Corte di Cassazione, ritenuto di aderire all’orientamento prevalente della medesima Corte, che è contrario alla sindacabilità nel merito della proposta e quindi della fattibilità del piano – tanto in sede di giudizio di ammissione alla procedura quanto nella successiva fase del giudizio di omologazione, salvo che, in quest’ultimo caso, un creditore a ciò legittimato, abbia proposto opposizione al fine di sollecitare un siffatto giudizio di merito;
ritenuto di rinvenire nell’adesione espressa dell’adunanza dei creditori il momento decisivo in cui si possa e debba giudicare del merito della proposta, anche sotto il profilo della fattibilità, essendo il compito del Tribunale limitato alla verifica della regolarità della procedura, al fatto che
i creditori chiamati ad esprimere il loro consenso nell’adunanza siano stati compiutamente e correttamente informati;
rilevata l’esistenza di altra pronuncia – Cass. N. 18864/11- che ha seguito una linea motivazionale non del tutto coincidente con il suddetto orientamento, giacchè per un verso ha espressamente inteso ridimensionale la valenza contrattuale dell’adesione dei creditori alla proposta concordataria, per altro verso ha sottolineato il ruolo di controllo anche sostanziale che sin dalla fase dell’ammissione residuerebbe in capo al Tribunale, quanto ai requisiti di fattibilità del piano, confermato dalla possibilità di concedere un termine per apportarvi integrazioni;
rilevato, pertanto, che tale sentenza fosse da considerare come dissonante rispetto alla linea giurisprudenziale maggioritaria che si era andata prima definendo; vista l’importanza dei temi accennati, in ordine ai quali si è rilevato non solo un ampio dibattito in dottrina ma anche un non sopito contrasto nella giurisprudenza di merito, ha rimesso gli atti al Primo presidente al fine di valutare l’opportunità che il ricorso sia sottoposto all’esame delle sezioni unite.
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