ISSN 2385-1376
Testo massima
Ricorre la figura dell’abuso dello strumento concordatario quando l’imprenditore faccia ripetuto uso dello strumento concordatario non per il suo fine caratteristico (ristrutturazione delle passività d’impresa e soddisfazione dei creditori), ma per altri e diversi scopi, che non possono considerarsi tutelati dall’ordinamento giuridico.
L’art. 173 lf è applicabile anche al concordato con riserva, potendo nel termine “procedura“, di cui al terzo coma della menzionata disposizione, essere evidentemente compresa anche la procedura di concordato preventivo c.d. in bianco e non solo la procedura di concordato preventivo vero e proprio.
Questi i principi enunciati dal Tribunale di Reggio Emilia, Giudice dott. Luciano Varotti, con decreto del 26.02.2013, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo c.d. in bianco, ove la società debitrice, scaduto il termine per presentare la domanda e depositare la documentazione, assumeva che al Tribunale, una volta scaduto il suddetto termine, sarebbe preclusa una pronuncia di inammissibilità del ricorso introduttivo e procedeva al deposito di una nuova domanda.
Il Tribunale, in primis, afferma che l’art. 173 lf è applicabile anche al concordato con riserva, sul presupposto che nel termine “procedura”, di cui al terzo coma della menzionata disposizione, possa essere evidentemente compresa anche la procedura di concordato preventivo c.d. in bianco e non solo la procedura di concordato preventivo vero e proprio.
Si osserva, poi, che nell’ipotesi di ricorso per concordato preventivo con riserva, al Tribunale, nonostante la scadenza del termine assegnato, non è impedito provvedere alla declaratoria di inammissibilità del ricorso ex art. 161 VI co lf, giacché dalla predetta declaratoria possono discendere alcuni effetti giuridici, quali l’inammissibilità di successivi ricorsi con richiesta di termine di cui all’art. 161 IX co lf, l’inammissibilità di ulteriori ricorsi per concordato preventivo, qualora il secondo ricorso possa essere qualificato, avuto riguardo alle ragioni della revoca della precedente domanda di termine, come proposto con abuso del diritto.
Sul punto, il Tribunale illustra la figura dell’abuso dello strumento concordatario affermando che la stessa ricorre quando l’imprenditore faccia ripetuto uso dello strumento concordatario non per il suo fine caratteristico (ristrutturazione delle passività d’impresa e soddisfazione dei creditori), ma per altri e diversi scopi, che non possono considerarsi tutelati dall’ordinamento giuridico.
Viene illustrata una casistica dell’istituto dell’abuso dello strumento concordatario, che, in particolare, può ricorrere nelle seguenti fattispecie: (1) quando l’imprenditore rinuncia alla domanda di concordato preventivo, con o senza termine, unicamente al fine di procrastinare l’improcedibilità delle esecuzioni forzate a suo carico; (2) quando l’imprenditore rinuncia ad un primo ricorso per concordato preventivo che non ha riportato il voto favorevole dei creditori e ripresenta una nuova domanda fondata su una proposta diversa della precedente e che non possa essere ritenuta manifestamente migliorativa; (3) quando l’imprenditore, a seguito della segnalazione dell’ausiliario o del commissario giudiziale di violazioni degli obblighi informativi, di pagamenti di debiti pregressi o del compimento di atti senza autorizzazione o di fatti che integrano il disposto dell’articolo 173 della legge fallimentare, rinuncia al primo ricorso o fa scadere il termine assegnatogli, per poi riproporre una nuova domanda di concordato preventivo (con termine o senza), con lo scopo di privare di rilievo le violazioni pregresse.
Il Tribunale, a questo punto, rileva come quest’ultima ipotesi sembra ricorrere nel caso in esame.
Ed, infatti, sul presupposto che nella fattispecie in esame fossero stati rilevati dei pagamenti di crediti pregressi eseguiti in mancanza dell’autorizzazione prevista dall’art. 182 quinquies, IV co lf, il Tribunale osserva come tale disposizione, per il caso in cui i pagamenti di crediti anteriori vengano eseguiti in virtù di nuove risorse finanziarie, esoneri l’imprenditore dalla presentazione della attestazione del professionista ma non dall’autorizzazione del tribunale.
Sulla base di tali presupposti, il Tribunale, rilevato che la mancata autorizzazione integri il disposto dell’articolo 173 terzo comma lf (sotto il profilo del compimento di atti non autorizzati nel corso della procedura), dichiara inammissibile la richiesta di termine e la nuova proposta di concordato preventivo depositata lo stesso giorno dell’udienza ex articolo 162 per l’abuso dello strumento concordatario.
Testo del provvedimento
Il tribunale di Reggio Emilia
(decreto di inammissibilità della proposta concordataria articolo 162 del regio decreto 16 marzo 1942 n° 267)
riunito in camera di consiglio e così composto:
dottoressa Rosaria Savastano presidente
dottor Luciano Varotti giudice rel.
dottoressa Luisa Poppi giudice
sul ricorso iscritto al n° 37 del ruolo generale dell’anno 2012 e sul ricorso iscritto al n° 9 del ruolo generale dell’anno 2013, ha emesso il seguente
d e c r e t o
premesso che questo tribunale con decreto del 28 novembre 2012 ha concesso alla alfa Srl il termine di giorni 60 per la presentazione della proposta di concordato, del piano e della documentazione di cui all’articolo 161, secondo e terzo comma, legge fallimentare;
che con ricorso del 24 gennaio 2013 la ricorrente ha esposto che «difficilmente … potrà disporre delle somme necessarie per il deposito delle spese di giustizia … prima del 15 marzo 2013, per sopravvenute difficoltà nell’incasso (acconto) di un importante credito»;
che con decreto 25 gennaio / 2 febbraio 2013 questa sezione fallimentare sul presupposto che la alfa srl aveva (a) violato gli obblighi informativi posti a suo carico col decreto del tribunale sopra indicato e (b) eseguito pagamenti non autorizzati relativi a debiti pregressi ha fissato l’udienza camerale prevista dagli articoli 162 e 173 della legge fallimentare;
che all’udienza fissata del 18 febbraio 2013 la società si è costituita con memoria e documenti, facendo presente, tra le varie difese, che lo stesso giorno era stata presentata nuova domanda di concordato preventivo;
che nel corso dell’udienza il giudice relatore ha rappresentato d’ufficio alle parti comparse, ai sensi dell’articolo 101, secondo comma, che la seconda domanda di concordato preventivo avrebbe potuto essere considerata inammissibile, sotto il profilo dell’abuso del diritto;
tutto ciò premesso, osserva quanto segue:
1.Sulle eccezioni processuali sollevate dalla alfa Srl.
Il richiamo contenuto nell’articolo 161, comma otto, all’articolo 162, comma due, non può essere interpretato nel senso letterale voluto dalla debitrice: è infatti evidente che, nonostante l’articolo 161, secondo comma, faccia riferimento alla dichiarazione di inammissibilità «della proposta» concordataria, nell’ipotesi di concordato preventivo c.d. in bianco (nel quale non c’è proposta sino a quando il debitore non la deposita tempestivamente), è giocoforza interpretare il richiamo, se gli si vuol dare un significato coerente, nel senso che il tribunale può procedere alla dichiarazione di inammissibilità della domanda di termine.
2.Contrariamente a quanto asserito dalla alfa srl, l’articolo 173 regio decreto 16 marzo 1942 n° 267 è applicabile anche al concordato preventivo con riserva.
Il terzo comma della menzionata disposizione prevede infatti che il procedimento di revoca (disciplinato dal secondo comma) è iniziato anche se «durante la procedura» il debitore compie atti non autorizzati o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori. Nel termine «procedura» può essere evidentemente compresa anche la procedura di concordato preventivo c.d. in bianco e non solo la procedura di concordato preventivo vero e proprio (che si apre invece a seguito del decreto del tribunale ex articolo 163).
3.Nel merito.
La ricorrente assume che: (a) l’8 gennaio 2013 sarebbe scaduto il termine per il deposito del piano e della proposta: ne deriverebbe che avendo perso efficacia il decreto 28 novembre 2012 (di assegnazione del termine di sessanta giorni) sarebbe preclusa una pronuncia di inammissibilità del ricorso introduttivo da parte del tribunale; (b) in ogni modo, i pagamenti di crediti pregressi per circa 60 mila euro, segnalati dall’ausiliario, sarebbero stati eseguiti in virtù della messa a disposizione di una maggior somma da parte di un terzo (beta Srl) che avrebbe rinunciato alla compensazione del proprio credito derivante da tale intervento con il suo maggior debito verso la alfa srl e avrebbe postergato il credito (di 80 mila euro) per la restituzione della predetta provvista alla soddisfazione degli altri creditori.
Contrariamente a quanto asserito, non è impedito al tribunale, nonostante la scadenza del termine assegnato, provvedere alla declaratoria di inammissibilità del ricorso (ex articolo 161 sesto comma), giacché dalla predetta declaratoria possono discendere alcuni effetti giuridici.
Tra questi vanno rammentati: (i) l’inammissibilità di successivi ricorsi con richiesta di termine (articolo 161, nono comma); (ii) l’inammissibilità di ulteriori ricorsi per concordato preventivo qualora il secondo ricorso possa essere qualificato, avuto riguardo alle ragioni della revoca della precedente domanda di termine, come proposto con abuso del diritto.
Al riguardo conviene rammentare che la predetta figura, di elaborazione prettamente giurisprudenziale, può ricorrere quando l’imprenditore fa ripetuto uso dello strumento concordatario non per il suo fine caratteristico (ristrutturazione delle passività d’impresa e soddisfazione dei creditori), ma per altri e diversi scopi, che non possono considerarsi tutelati dall’ordinamento giuridico.
Nonostante sull’istituto dell’abuso dello strumento concordatario non vi sia attualmente una giurisprudenza consolidata, pare tuttavia al Collegio che esso ricorra nelle seguenti fattispecie (l’elenco non è ovviamente esaustivo): (1) quando l’imprenditore rinuncia alla domanda di concordato preventivo, con o senza termine, unicamente al fine di procrastinare l’improcedibilità delle esecuzioni forzate a suo carico; (2) quando l’imprenditore rinuncia ad un primo ricorso per concordato preventivo che non ha riportato il voto favorevole dei creditori e ripresenta una nuova domanda fondata su una proposta diversa della precedente e che non possa essere ritenuta manifestamente migliorativa; (3) quando l’imprenditore, a seguito della segnalazione dell’ausiliario o del commissario giudiziale di violazioni degli obblighi informativi, di pagamenti di debiti pregressi o del compimento di atti senza autorizzazione o di fatti che integrano il disposto dell’articolo 173 della legge fallimentare, rinuncia al primo ricorso o fa scadere il termine assegnatogli, per poi riproporre una nuova domanda di concordato preventivo (con termine o senza), con lo scopo di privare di rilievo le violazioni pregresse.
4.Quest’ultima ipotesi sembra ricorrere nella fattispecie.
Infatti, anche a prescindere dalla constatazione che la somma di euro 80 mila trasferita da beta srl non costituisce affatto “finanza esterna” in quanto il trasferimento di danaro è avvenuto, come si desume dalla causale espressa nel conto corrente della alfa srl («acconto su fatture») e dalla stessa lettera di beta Srl del 28 novembre 2012 (documento n° 2 allegato alla memoria depositata all’udienza 18 febbraio 2013), a titolo di parziale pagamento del maggior credito vantato della alfa srl verso beta srl (pari ad euro 8,5 milioni), rimane il fatto che il tribunale avrebbe dovuto comunque emettere un’autorizzazione al pagamento dei creditori pregressi, come espressamente previsto dall’articolo 182 quinquies, quarto comma.
Tale disposizione infatti, per il caso in cui i pagamenti di crediti anteriori vengano eseguiti in virtù di nuove risorse finanziarie, esonera l’imprenditore dalla presentazione della attestazione del professionista indipendente, ma non dall’autorizzazione del tribunale: provvedimento che qui pacificamente manca, perché mai chiesto.
Pare al tribunale che la mancata autorizzazione integri il disposto dell’articolo 173 terzo comma della legge fallimentare (sotto il profilo del compimento di atti non autorizzati nel corso della procedura), con la conseguenza che la richiesta di termine deve essere dichiarata inammissibile e che la nuova proposta di concordato preventivo depositata lo stesso giorno dell’udienza ex articolo 162 (18 febbraio 2013) debba essere anch’essa dichiarata inammissibile per l’abuso dello strumento concordatario.
È infatti evidente che, ove si ritenesse diversamente, la violazione delle disposizioni di legge nelle quali è incorsa la alfa srl nella pendenza della prima procedura (quella con termine) non potrebbero essere considerate sussistenti nella seconda: si consentirebbe così all’imprenditore, con la mera presentazione di una seconda domanda concordataria, di eludere le conseguenze alle quali sarebbe andato incontro (revoca o declaratoria di inammissibilità) nella pendenza della prima procedura.
Il risultato consisterebbe, in tutta evidenza, nell’elusione di norme imperative di legge.
PQM
I. dichiara l’inammissibilità della domanda n° 37/2012 di concordato preventivo con termine presentata il 9 novembre 2012;
II. dichiara l’inammissibilità della domanda di concordato preventivo n° 9/2013 presentata il 18 febbraio 2013;
III. ordina al conservatore del registro delle imprese di iscrivere
questo decreto nel registro predetto.
Reggio Emilia, 26 febbraio 2013.
il presidente
Rosaria Savastano
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