ISSN 2385-1376
Testo massima
Ove il rapporto bancario prosegua nel corso della procedura concordataria, gli importi pervenuti alla Banca successivamente alla data di deposito della domanda di concordato preventivo con riserva sono legittimamente incamerati dall’Istituto, ove trattenuti per effetto di validi ed opponibili patti di compensazione tra crediti e debiti, fino al provvedimento di sospensione dei rapporti bancari.
È legittima la condotta della Banca che operi la compensazione debiti/crediti con riferimento alle operazioni di “anticipazione bancaria regolate in conto corrente”, effettuate dalla Banca prima dell’ammissione della Società correntista alla procedura di concordato preventivo, in presenza di un contratto di conto corrente che è proseguito dopo l’apertura della procedura di pre-concordato fino al momento della sospensione del rapporto.
Quando il rapporto bancario prosegue nel corso della procedura concordataria, con piena efficacia di tutte le clausole pattizie ad esso riconducibili, anche il patto di compensazione, inscindibilmente interdipendente all’operazione creditizia è destinato ad operare in corso di procedura, finchè non intervenga una causa di scioglimento del rapporto, e ciò in deroga al principio di parità di trattamento dei creditori che impedisce il pagamento.
E’ quanto disposto dal Tribunale di Monza, giudice dott. Mirko Buratti, nell’ambito di un procedimento ex art. 700 cpc, con cui una società ammessa alla procedura di concordato preventivo ha chiesto ordinarsi ad un Istituto di credito di mettere a disposizione le somme incamerate dall’Istituto a titolo di compensazione, a partire dalla data di ammissione della società alla procedura di concordato.
In particolare, la banca aveva operato la compensazione di debiti/crediti relativi alle operazioni di “anticipazione bancaria regolate in conto corrente”, trattenendo le somme derivanti da crediti ceduti in favore dell’Istituto a fronte di anticipazioni erogate alla società.
Al contempo, la società in concordato aveva ottenuto dal Tribunale la sospensione del rapporto bancario ai sensi dell’art. 169 bis lf.
Il Tribunale di Monza affronta, pertanto, la questione attinente alla legittimità della condotta assunta dall’Istituto di credito, nell’operare la compensazione debiti/crediti con riferimento alle operazioni di “anticipazione bancaria regolate in conto corrente”, effettuate dalla Banca prima dell’ammissione della Società correntista alla procedura di concordato preventivo (nella specie, ancora nella fase con riserva) in presenza di un contratto di conto corrente che è proseguito dopo l’apertura della procedura di pre-concordato fino al momento della sospensione del rapporto.
Il Tribunale, correttamente, mette a fuoco la problematica, evidenziando come si tratti di stabilire se la Banca abbia diritto di trattenere le somme versate da terzi a seguito della presentazione delle ricevute e di “compensarle” attraverso il mezzo tecnico delle annotazioni sul conto ad attivo della Società correntista, ma ad elisione delle partite di segno opposto, ovvero, se deve considerarsi obbligata a consegnare dette somme all’imprenditore in concordato preventivo.
Sul punto, si riporta, in primis, il consolidato orientamento della Suprema Corte secondo cui – ferma la proseguibilità e la concreta prosecuzione del rapporto bancario durante la procedura concorsuale minore – occorre distinguere a seconda che “la convenzione relativa alla operazione di anticipazione di ricevute bancarie regolata in conto preveda, o no, una clausola che attribuisca alla banca il diritto di “incamerare” le somme riscosse, ossia il c.d. patto di compensazione o, secondo altra definizione, il patto di annotazione e di elisione nel conto delle partite di segno opposto”; e secondo cui, nell’ipotesi affermativa, “la banca ha diritto di “compensare” il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse, con il proprio credito verso lo stesso cliente conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che il suo credito sia anteriore alla ammissione alla procedura” ed il suo debito posteriore (cfr. Cass. 1° settembre 2011 n.17999, Cass. 5 agosto 1997 n.7194, 23 luglio 1994 n. 6870).
Viene, pertanto, correttamente evidenziato come dal principio che l’ammissione alla procedura di concordato preventivo non determina lo scioglimento del rapporto di conto corrente bancario e di quelli di volta in volta in esso confluenti discenda necessariamente che la prosecuzione attiene al rapporto nella sua interezza e si estende a tutte le clausole pattizie che lo regolano, ivi compresa quella con la quale le parti hanno attribuito alla banca il diritto di “incamerare” le somme riscosse per conto del correntista.
Secondo il ragionamento della Suprema Corte, “risulta inammissibile, qualsiasi costruzione giuridica incentrata sulla prosecuzione – nel corso di una procedura concorsuale minore – del complesso unitario rapporto di conto corrente bancario, ma con esclusione del patto, (inscindibile rispetto a quel rapporto) della “compensazione”.
Orbene, il Tribunale osserva come nella fattispecie in esame vi fosse un patto di compensazione, opponibile alla procedura concordataria, dal momento che quando il rapporto bancario nel suo complesso prosegue in corso di procedura, come nella fattispecie accaduto, con piena efficacia di tutte le clausole pattizie ad esso riconducibili, è necessariamente antecedente all’apertura della procedura, con la conseguenza che anche il patto di compensazione, inscindibilmente interdipendente all’operazione creditizia è destinato ad operare in corso di procedura, finchè non intervenga una causa di scioglimento del rapporto, e ciò in deroga al principio di parità di trattamento dei creditori che impedisce il pagamento.
A questo punto, si precisa, come solo attraverso il ricorso allo strumento autorizzativo dello scioglimento o della sospensione del rapporto contrattuale, di cui all’art. 169 bis lf, sia possibile neutralizzare gli effetti dei contratti in essere ritenuti pregiudizievoli, con conseguente effetto caducatorio dei patti (principali ed accessori) assunti antecedentemente, a condizione che ciò avvenga in regime di reciprocità, cioè che vi sia il contestuale venir meno anche dei vantaggi che sarebbero derivati dalla loro sopravvivenza.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva autorizzato la sospensione del rapporto bancario, per cui, correttamente, si rileva come i rapporti bancari siano regolarmente proseguiti dopo la presentazione della domanda di concordato con riserva finché non è intervenuta la sospensione dei relativi contratti pendenti tra le parti per effetto del provvedimento adottato dal Tribunale.
Sulla base dei principi in precedenza esposti, il Tribunale giunge a ritenere legittimamente incamerati e trattenuti, per effetto dei validi patti di compensazione tra crediti e debiti, gli importi pervenuti alla Banca successivamente alla data di deposito della domanda di concordato preventivo con riserva e tanto fino alla data del deposito dell’istanza di scioglimento o sospensione dei rapporti bancari, data alla quale devono ricondursi gli effetti sostanziali del provvedimento di sospensione successivamente intervenuto.
In conclusione, il Tribunale ha accolto la domanda cautelare relativamente ai soli incassi intervenuti, in favore della Banca, successivamente alla data del deposito dell’istanza di scioglimento o sospensione dei rapporti bancari.
Testo del provvedimento
Tribunale di Monza n. 12609/13 R.G.
? terza sezione civile?
Il Giudice, sciogliendo la riserva, osserva:
alfa s.r.l. ha proposto domanda di tutela cautelare urgente, ai sensi dell’articolo 700 cod. proc. civ., nei confronti di beta Soc. Coop., chiedendo che sia ordinato alla Banca di mettere a disposizione del concordato la somma complessiva di 500.882,32 che sarebbe stata trattenuta indebitamente in compensazione a partire dalla data del 3 giugno 2013, data in cui la società ha presentato domanda di ammissione al concordato preventivo con riserva di depositare proposta, piano e documenti, a norma dell’articolo 161, sesto comma, L.F..
beta Soc. Coop. si è costituita affermando che, a fronte di tutte le anticipazioni ottenute, alfa s.r.l. aveva ceduto alla banca i crediti oggetto di anticipazione, in base alle norme contrattuali, con conseguente legittimità delle compensazioni operate.
Va osservato che alfa s.r.l., in data 28 luglio 2013, aveva formulato istanza per essere autorizzata allo scioglimento od alla sospensione dei contratti bancari in essere, tra cui quello con beta. Soc. Coop., e che il Tribunale di Monza, con provvedimento in data 8 agosto 2013, aveva autorizzato la sospensione del rapporto bancario per la durata di 60 giorni.
La questione attiene alla legittimità della condotta assunta dall’Istituto di credito nell’operare la compensazione debiti/crediti con riferimento alle operazioni di “anticipazione bancaria regolate in conto corrente” effettuate dalla Banca prima dell’ammissione della Società correntista alla procedura di concordato preventivo (nella specie, ancora nella fase con riserva) in presenza di un contratto di conto corrente che è proseguito dopo l’apertura della procedura di pre-concordato fino al momento della sospensione del rapporto.
Si tratta, cioè, di stabilire se la Banca ha diritto di trattenere le somme versate da terzi a seguito della presentazione delle ricevute e di “compensarle” attraverso il mezzo tecnico delle annotazioni sul conto ad attivo della Società correntista, ma ad elisione delle partite di segno opposto, ovvero, se deve considerarsi obbligata a consegnare dette somme all’imprenditore in concordato preventivo.
La soluzione della questione presuppone che sia configurabile una regolamentazione che, in deroga al principio della cristallizzazione della massa debitoria e della conseguente inesigibilità dei crediti vantati da terzi nei confronti della società in forza del principio della par condicio creditorum, attribuisca alla banca il diritto di soddisfare, dopo l’apertura della procedura concordataria, il proprio credito per l’anticipazione sorto anteriormente alla procedura, attraverso l’incameramento delle somme riscosse durante la stessa procedura.
In proposito, va osservato che la Corte Suprema ha consolidato l’orientamento secondo cui – ferma restando la proseguibilità e la concreta prosecuzione del rapporto bancario durante la procedura concorsuale minore – occorre distinguere a seconda che “la convenzione relativa alla operazione di anticipazione di ricevute bancarie regolata in conto preveda, o no, una clausola che attribuisca alla banca il diritto di “incamerare” le somme riscosse, ossia il c.d. patto di compensazione o, secondo altra definizione, il patto di annotazione e di elisione nel conto delle partite di segno opposto”; e secondo cui, nell’ipotesi affermativa, “la banca ha diritto di “compensare” il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse, con il proprio credito verso lo stesso cliente conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che il suo credito sia anteriore alla ammissione alla procedura” ed il suo debito posteriore (cfr. Cass. 1° settembre 2011 n.17999, Cass. 5 agosto 1997 n.7194, 23 luglio 1994 n. 6870).
Infatti, dal principio che l’ammissione alla procedura di concordato preventivo non determina lo scioglimento del rapporto di conto corrente bancario e di quelli di volta in volta in esso confluenti discende necessariamente che la prosecuzione attiene al rapporto nella sua interezza e si estende a tutte le clausole pattizie che lo regolano, ivi compresa quella con la quale le parti hanno attribuito alla banca il diritto di “incamerare” le somme riscosse per conto del correntista.
Il patto di compensazione si connette in modo essenziale al negozio di credito bancario ed è strutturalmente collegato al potere attribuito alla banca (in forza di un mandato o per effetto di una cessione di credito) di riscuotere il credito del correntista.
Tale correlazione, che impone una speciale regolamentazione delle modalità di soddisfazione del credito della banca, determina un vincolo inscindibile, nel senso che, in assenza del patto di compensazione, l’operazione non sarebbe stata posta in essere.
Negozio e patto, in tale ottica, non possono che essere interdipendenti.
Secondo il ragionamento della Suprema Corte, “risulta inammissibile, prima ancora sul piano logico che su quello giuridico, qualsiasi costruzione giuridica incentrata sulla prosecuzione – nel corso di una procedura concorsuale minore – del complesso unitario rapporto di conto corrente bancario, compresa l’obbligazione di dar esecuzione all’incarico di incassare le ricevute, ma con esclusione del patto (va ribadito, inscindibile rispetto a quel rapporto) della “compensazione” attraverso il mezzo tecnico della annotazione in conto delle somme riscosse ad elisione delle partite di debito verso la banca”.
Ne consegue che la collocazione extra concorsuale delle operazioni di anticipazione bancaria comunque correlate al patto di compensazione presuppone che il rapporto sia pendente e che prosegua nella sua interezza dopo l’apertura della procedura concordataria: nel caso in cui il rapporto di credito bancario si sciolga, invece, anche il patto di compensazione, al pari di tutti gli altri patti accessori, verrà meno, con conseguente impossibilità per la banca di operare la compensazione tra debiti e crediti ed obbligo per la stessa di riversare alla procedura le somme incassate dopo lo scioglimento del contratto.
La consulenza tecnica d’ufficio ha riscontrato che, nella fattispecie, tra alfa s.r.l. e la Banca sono intercorsi due tipi rapporto: a) un conto corrente ordinario denominato “cedenti s.b.f.” (n.2100/157769) sul quale sono state convogliate operazioni di varia natura tra le quali l’accredito del portafoglio ceduto a “maturazione valuta”; b) un conto denominato “c/finanziamenti euro export eff.” (n.800000753/CF) dedicato esclusivamente all’accredito dei finanziamenti export ed alla loro successiva estinzione. Quest’ultimo costituiva un conto vassallo del conto corrente ordinario.
Le clausole generali di regolazione del conto corrente di corrispondenza prevedono, all’art. 11, che quando vi sono tra banca e cliente “più rapporti o più conti di qualsiasi genere o natura
, ha luogo in ogni caso la compensazione di legge ad ogni suo effetto”.
I moduli di richiesta degli anticipi su esportazioni risultano muniti di timbro e sottoscrizione da parte di alfa s.r.l. e la clausola in esse riportata recita: “a garanzia della suddetta anticipazione, vi cediamo, pro solvendo, il complessivo credito verso l’impresa sopra specificata
”; tali moduli, inoltre, richiamano le norme e condizioni generali vigenti tra le parti per la disciplina del rapporto di anticipazione.
Le clausole contrattuali che regolano lo smobilizzo dei crediti, nel ribadire che la cessione pro solvendo è effettuata a scopo di garanzia, precisa che “le somme incassate dalla Banca in relazione alla cessione di credito sono portate ad estinzione o decurtazione
di ogni suo credito
dipendente dalle anticipazioni concesse ovvero saranno accreditate in uno speciale conto vincolato a garanzia per essere in qualunque momento utilizzate per l’estinzione o decurtazione di ogni suo credito” (art. 3, 4).
Per quanto riguarda le operazioni di accredito di portafoglio in conto corrente, denominata in contratto “smobilizzo crediti” e indicata come “servizio di incasso”, nei documenti di sintesi del 31 dicembre 2007 e del 31 dicembre 2008, risulta specificamente pattuito che “i crediti del cliente verso terzi sono da intendersi contestualmente ceduti pro solvendo alla banca all’atto delle operazioni
”, mentre vengono richiamate le condizioni generali e le norme vigenti tra le parti che regolano il conto corrente, gli affidamenti ed il servizio incassi di portafoglio. L’art. 2 specifica che gli effetti, documenti od altri appunti sono “trasmessi dal correntista alla Banca con contestuale cessione pro solvendo dei relativi crediti a garanzia di quanto ad essa dovuto
”.
Si tratta di rapporti relativi ad operazioni di anticipazione di crediti verso terzi di natura autoliquidante, regolate in conto corrente, caratterizzate, pur nella differente modalità attuativa di ciascun rapporto, dalla caratteristica comune di perseguire il rimborso del finanziamento attraverso l’incasso dei crediti smobilizzati da parte dei terzi debitori e dalla correlata possibilità attribuita alla banca dal patto di compensazione di incamerare i pagamenti provenienti dai terzi. In tale contesto, il patto di cessione assolve ad una funzione di garanzia, come specificamente pattuito, e costituisce uno strumento di rafforzamento del meccanismo compensativo della annotazione in conto delle somme riscosse ed elisione dei crediti della banca, attraverso il quale si realizza l’estinzione tra le partite in dare e quelle in avere contabilizzate in conto, a fronte del diritto riconosciuto al correntista di modificare continuamente la sua disponibilità, indipendentemente dagli effetti traslativi ed abdicativi in favore della banca dei crediti smobilizzati e riscossi.
Si deve ritenere che il menzionato patto specificamente correlato all’anticipazione non ponga problemi di opponibilità alla procedura concorsuale dal momento che quando il rapporto bancario nel suo complesso prosegue in corso di procedura, come nella fattispecie accaduto, con piena efficacia di tutte le clausole pattizie ad esso riconducibili, è necessariamente antecedente all’apertura della procedura, con la conseguenza che il patto di compensazione inscindibilmente interdipendente all’operazione creditizia è destinato ad operare in corso di procedura, finchè non intervenga una causa di scioglimento del rapporto, e ciò in deroga al principio di parità di trattamento dei creditori che impedisce il pagamento (e, tantomeno, “l’autopagamento”) dei crediti anteriori.
D’altra parte, oltre alla contestualità delle pattuizioni ed alla loro persistente operatività nel corso della procedura, il fatto che l’erogazione, l’incasso e l’estinzione dei finanziamenti risulti dalle scritture contabili di entrambe le parti fa ritenere ulteriormente certa la preesistenza dei contrapposti crediti e, di conseguenza, l’anteriorità al deposito della domanda di concordato del fatto genetico idoneo a determinare la fattispecie estintiva delle reciproche obbligazioni.
La circostanza che non risulti provata la notificazione delle cessioni ai debitori ceduti non incide sulla validità tra le parti del patto di compensazione, dal momento che la sua operatività non è condizionata dal fatto che la cessione del credito, in funzione di garanzia, si sia realizzata.
Infatti, va considerato che il contratto di conto corrente bancario si caratterizza per la complessità delle prestazioni che lo contraddistinguono e che hanno il contenuto tipico di altre fattispecie contrattuali accomunate attorno ad una prestazione principale di mandato, tra le quali si colloca la regolamentazione in conto corrente delle operazioni di pagamento e di incasso delle singole presentazioni di ricevute od altri titoli correlate alle erogazioni creditizie.
Situazione quest’ultima certamente realizzatasi nella fattispecie dove le forme di concessione di credito a fronte di ricevute “salvo buon fine” presuppongono il deposito dei titoli il cui pagamento è convogliato in conto e l’attribuzione alla banca del correlato mandato irrevocabile all’incasso.
L’opponibilità del patto di compensazione o di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto, d’altra parte, è perfettamente compatibile con l’articolo 56 L.F., applicabile al concordato preventivo per effetto del richiamo operato dall’articolo 169 L.F.. Infatti, la possibilità di operare la compensazione anche dopo l’apertura della procedura di concordato preventivo quando l’origine causale della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni reciproche è antecedente ad essa risponde alla medesima esigenza di equità sostanziale vigente nell’ambito del fallimento, in forza della quale il terzo creditore che sia titolare anche di un debito verso la procedura non deve essere costretto a sopportare un pagamento in moneta concorsuale dopo aver adempiuto integralmente alla propria obbligazione, come è accaduto per la banca che ha erogato l’anticipazione.
Analoghe considerazioni valgono per le operazioni di accredito di portafoglio in conto corrente.
Anche tali rapporti risultano debitamente formalizzati, il patto di compensazione in funzione solutoria risulta contestuale ed accessorio al rapporto di anticipazione, vi è stata pratica attuazione del rapporto attraverso l’utilizzo degli affidamenti e la trasmissione dei flussi di crediti da incassare, con la conseguenza che, sin da tale momento, i crediti sono entrati a far parte del patrimonio della banca e la compensazione è opponibile alla procedura.
Il consulente tecnico d’ufficio ha riscontrato che alla data di deposito della domanda di concordato, cioè il 3 giugno 2013, il saldo dell’esposizione per anticipi export ammontava ad 154.345,32.
L’ammontare dei crediti esteri ceduti, regolarmente pagati dai debitori e compensati dalla Banca, ammontano a 82.444,89, mentre quelli per incassi di portafoglio ceduto ammontano ad 121.660,92, al netto degli insoluti.
Tali importi devono, tuttavia, essere ricalcolati in quanto il riferimento alla data di presentazione della domanda di concordato con riserva non è corretto.
Si osservi che il nuovo articolo 169 bis L.F., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d) del DL 83/2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134/2012, ha apportato al sistema del concordato preventivo una disciplina dei contratti in corso di esecuzione prima mancante, prevedendo la possibilità per il debitore di chiedere al Tribunale o, dopo il decreto di ammissione ex art. 163 L.F., al Giudice Delegato, di essere autorizzato a sciogliersi dai contratti pendenti alla data di presentazione del ricorso.
Nel contesto concordatario, dunque, ferma la tendenziale regola di ordinaria prosecuzione dei rapporti in corso di esecuzione, il legislatore ha rimesso al debitore la scelta di convenienza se mantenere in essere l’operatività dei rapporti negoziali vigenti ovvero di interromperla, nel caso in cui siano ritenuti pregiudizievoli o comunque non funzionali agli obiettivi del piano concordatario.
Particolare rilievo assume la regola della prosecuzione dei rapporti pendenti nel regime adottato dal legislatore per favorire la prosecuzione dell’attività d’impresa nell’ambito del concordato in continuità aziendale laddove la finalità di preservare il valore “impresa” nella sua oggettività si attua proprio mediante la possibilità di modulazione degli effetti della procedura sui rapporti pendenti a seconda della loro utilità per la continuità economica dell’attività.
La possibilità di beneficiare, in deroga alla regola della prosecuzione dei rapporti in essere, del peculiare vantaggio di liberarsi dai contratti reputati economicamente pregiudizievoli si riconnette, tuttavia, all’onere posto a carico dell’imprenditore di attivarsi al fine di provocarne lo svincolo attraverso il meccanismo dell’autorizzazione da parte del tribunale allo scioglimento od alla sospensione dello specifico rapporto pendente.
Pertanto, solo attraverso il ricorso allo strumento autorizzativo allo scioglimento od alla sospensione del rapporto contrattuale è possibile neutralizzare gli effetti dei contratti in essere ritenuti pregiudizievoli, con conseguente effetto caducatorio dei patti (principali ed accessori) assunti antecedentemente, a condizione che ciò avvenga in regime di reciprocità, cioè che vi sia il contestuale venir meno anche dei vantaggi che sarebbero derivati dalla loro sopravvivenza.
Fermo tale principio, dunque, la possibilità di evitare la prosecuzione a vantaggio della banca dell’operatività del patto di compensazione collegato ad un’operazione creditizia e di ripristinare il criterio della par condicio creditorum a tutela della consistenza della massa patrimoniale destinata dipende esclusivamente dalla scelta del debitore di porre termine al rapporto negoziale pendente, opzione che sarà frutto di ponderata comparazione tra vantaggi e svantaggi che ne conseguono.
Nella fattispecie, i rapporti bancari sono regolarmente proseguiti dopo la presentazione della domanda di concordato con riserva finché non è intervenuta la sospensione dei relativi contratti pendenti tra le parti per effetto del provvedimento adottato dal Tribunale in data 8 agosto 2013.
Si deve ritenere, pertanto, che gli importi pervenuti alla Banca successivamente alla data di deposito della domanda di concordato preventivo con riserva siano stati legittimamente incamerati e trattenuti, per effetto dei validi patti di compensazione tra crediti e debiti, fino al deposito dell’istanza di scioglimento o sospensione dei rapporti bancari, avvenuta in data 27 luglio 2013, data alla quale devono ricondursi gli effetti sostanziali del provvedimento di sospensione dell’ 8 agosto 2013.
Ne consegue che le somme indebitamente trattenute dalla Banca e da riversare alla Procedura concorsuale ammontano alla somma complessiva di 76.721,93.
Infatti, dall’esame della tabella a pagina 8 della consulenza tecnica d’ufficio, si ricava che gli incassi pervenuti successivamente alla data del 28 luglio 2013 ammontano ad 122.085,24. Tuttavia, da tale somma va detratto l’importo di 64.000 relativo ad un’operazione di giroconto a favore di Ca. (in data 29 agosto 2013), mentre va aggiunta la somma di 18.636,69 incassata dalla Banca in data 8 agosto 2013 sul conto “fin export”.
Ricorrono i presupposti per la concessione della misura cautelare urgente, sia sotto il profilo del fumus boni iuris, per le ragioni sopra svolte, sia nella prospettiva del periculum in mora, posto che si deve ritenere sussistente il rischio per alfa s.r.l., durante il tempo occorrente per ottenere l’accertamento delle proprie ragioni creditorie nell’ambito di un giudizio ordinario, di perdere definitivamente l’opportunità consentita dalla legge, nel rispetto delle ristrette tempistiche prefissate, di perseguire la soluzione concordataria per il salvataggio della propria impresa evitando gli effetti irreversibili del fallimento;
PTM
il Tribunale, applicato l’art. 669 octies cod. proc. civ.:
1.accoglie la domanda cautelare urgente ed ordina a beta soc. coop. di mettere immediatamente a disposizione di alfa s.r.l. in concordato la somma di 76.721,93, relativa agli importi versati in pagamento sui propri conti a far tempo dal 28 luglio 2013 e fino alla chiusura dei rapporti;
2.condanna la Banca a rimborsare a alfa s.r.l. in concordato le spese di lite che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese ed Euro 3.000,00 per competenze, oltre rimborso I.V.A. e contributo c.p.a.;
3.pone le spese della consulenza tecnica d’ufficio definitivamente a carico della Banca.
Si comunichi.
Monza, 27 novembre 2013.
IL GIUDICE
dott. Mirko Buratti
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