ISSN 2385-1376
Testo massima
Il creditore privilegiato ha diritto all’integrale soddisfazione nel concordato preventivo, anche qualora il bene gravato dal privilegio non sia presente nel patrimonio del debitore.
Questo è il principio di diritto sotteso alla sentenza n. 12064 della Corte di Cassazione, Sezione I Civile, pronunciata il 15 gennaio e pubblicata il 17 maggio 2013.
Nel caso di specie, una società deduceva che, avendo effettuato alcune forniture di beni (carburanti) in favore della società convenuta sino alla data di deposito dell’istanza di ammissione della stessa alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, era titolare di rilevanti crediti (per prezzo e per rivalsa I.V.A. e imposta di fabbricazione) riscontrati ed inseriti nella proposta di concordato.
La Corte d’Appello, chiamata a pronunciarsi in merito alla questione relativa alla qualità – privilegiata o meno – del credito per rivalsa dell’I.V.A. e dell’imposta di fabbricazione, rilevava che l’esistenza del credito in privilegio speciale, già riconosciuta nel primo piano di riparto concordato, omologato dal tribunale, non era stata contestata dalla Liquidazione, per cui il consumo dei beni forniti non poteva essere invocato né per affermare l’inesistenza del bene su cui grava il privilegio speciale, né per degradare il credito privilegiato in chirografario, al fine di chiedere la restituzione di quanto versato in eccedenza rispetto alla percentuale concordataria prevista per i creditori chirografari.
L’odierna ricorrente, in persona del Liquidatore, proponeva ricorso avverso tale pronuncia lamentando, in particolare, la violazione e falsa applicazione degli articoli 2745, 2746, 2752, 2758 e 2777 del Codice Civile, ed adducendo che l’esistenza del bene stesso costituiva condizione essenziale per la conservazione della qualità privilegiata del credito, anche nell’ipotesi concordato preventivo.
I Giudici di legittimità, rifacendosi a quanto già formulato dalla giurisprudenza (Cass. S.U. n. 16060/2001, Cass. n. 6849/2011, Cass. n. 10387/2012) e ben consci delle modifiche normative apportate sull’argomento, affermano che l’integrale soddisfacimento dei crediti privilegiati costituisce requisito necessario ed indefettibile per la regolare esecuzione del concordato preventivo con cessione. Nel contesto di specie, il privilegio assume rilevanza esclusivamente come qualità del credito, che sorge e resta privilegiato. Pertanto, la Corte rigetta il ricorso.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 30920-2006 proposto da:
LIQUIDAZIONE DELLA X S.C.R.L. IN CONCORDATO PREVENTIVO (C.F. (OMISSIS)), in persona del Liquidatore giudiziale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
E. S.P.A., in persona del Direttore Generale della Divisione Refining & Marketing pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
X S.C.R.L. IN CONCORDATO PREVENTIVO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2367/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/01/2013 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Nel marzo 1999 la A. s.p.a., anche nella qualità di incorporante della I. P. s.p.a. e della P. A. e R. s.r.l., convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma il Liquidatore ed il Commissario giudiziale della X s.c.r.l.
-La X s.c.r.l. in concordato preventivo con cessione dei beni , deducendo: che, avendo effettuato – al pari delle società da essa incorporate – alcune forniture di beni (carburanti) in favore della società convenuta sino alla data di deposito dell’istanza di ammissione della stessa alla procedura di concordato preventivo, era titolare, anche nella qualità di incorporante, di rilevanti crediti (per prezzo e per rivalsa I.V.A. e imposta di fabbricazione) riscontrati ed inseriti nella proposta di concordato, omologata dal tribunale con sentenza del 23 luglio 1992, passata in giudicato; che, in forza del piano di riparto dei crediti privilegiati depositato dal Commissario giudiziale il 29 aprile 1994 (reso esecutivo il 21 giugno 1994), erano state versate in favore suo e delle società incorporate le somme corrispondenti ai crediti, muniti del privilegio previsto dall’art. 2758 cod. civ., per rivalsa dell’I.V.A. e dell’imposta di fabbricazione versate all’Erario in relazione alle suddette forniture; che quindi in data 12 aprile 1995 il Commissario Giudiziale aveva depositato il primo piano di riparto parziale (20% del totale) dei crediti chirografari, che liquidava in suo favore un acconto sul maggior credito vantato in via chirografaria; che tuttavia il 4 febbraio 1999 il Liquidatore giudiziale aveva definito un nuovo elenco dei creditori (qualificato “stato passivo”) nel quale, sulla base di indicazioni fornite dal Giudice delegato, escludeva il privilegio speciale già riconosciuto in suo favore, riconsiderando i relativi crediti come chirografari. Deducendo la illegittimità di tale variazione, chiedeva quindi (per quanto qui ancora rileva) accertarsi i propri crediti con i rispettivi titoli e gradi come indicati in sede di omologazione del concordato preventivo, con la condanna della società convenuta in concordato preventivo all’approntamento degli atti conseguenti.
Si costituiva in giudizio il Liquidatore della X s.c.r.l., chiedendo (per quanto qui ancora rileva) il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la condanna della società attrice, anche quale incorporante della I.P. e della P.A., alla restituzione delle somme ricevute in eccedenza rispetto alla percentuale concordataria. Il Tribunale, con sentenza n. 41369 del 4 novembre 2002, rigettava la domanda attrice di accertamento dell’esistenza del privilegio per rivalsa IVA ed imposta di fabbricazione, ed accoglieva la domanda riconvenzionale proposta dalla X, condannando l’A. spa alla restituzione della somma di Euro 1.026.068,11 oltre interessi. 2. Proponeva appello E. s.p.a.(succeduta ad A. P. a seguito di fusione per incorporazione), chiedendo l’integrale riforma della sentenza impugnata; il Liquidatore della X in concordato preventivo resisteva al gravame. La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 22 maggio 2006 e notificata il 5 settembre successivo, ha, in riforma della sentenza impugnata, accertato, a modifica dello “stato passivo” del 4 febbraio 1999, il credito della appellante nella misura e con i gradi indicati in tutti gli atti della procedura antecedenti al suddetto provvedimento, rigettando la domanda riconvenzionale della appellata.
La Corte territoriale, premessa l’entità incontroversa del credito complessivo dell’A. spa (ora E.spa), in merito alla questione centrale relativa alla qualità – privilegiata o non – del credito per rivalsa dell’I.V.A. e dell’imposta di fabbricazione ha rilevato che l’esistenza del credito in privilegio speciale, già riconosciuta nel primo piano di riparto concordato, omologato dal tribunale, non era stata contestata dalla Liquidazione, sicchè il consumo dei beni forniti, e quindi utilizzati dalla X, non può essere invocato, come argomento di inesistenza del bene su cui grava il privilegio speciale stesso, per degradare il credito in chirografo e chiedere la restituzione di quanto versato in eccedenza rispetto alla percentuale concordataria prevista per i crediti chirografari.
Ha aggiunto: a) che le lungaggini della procedura non possono penalizzare il creditore con la pretesa, all’atto del secondo piano di riparto, della prova della persistente esistenza di beni – le merci cedute dall’A. spa e dalle sue incorporate – pacificamente entrati nella disponibilità della X e poi consumati; b) che nel concordato preventivo con cessione dei beni, procedura concorsuale minore con tratti funzionali autonomi rispetto a quella del fallimento, l’inventariazione dei beni non fa venir meno la rilevanza, ai fini del privilegio, della causa del credito (nella specie pacifica) perchè è in considerazione di tale causa – non già della esistenza del bene – che la legge accorda il privilegio.
Avverso tale sentenza la Liquidazione della X S.C.R.L.in concordato preventivo ha proposto ricorso a questa Corte, affidato a tre motivi, cui resiste E. s.p.a. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
1. Con il PRIMO MOTIVO viene denunciata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 2745, 2746 e 2752 c.c., art. 2758 c.c., comma 2 e art. 2777 cod. civ. in relazione all’art. 2741 cod. civ.), sulla base dei seguenti argomenti. Posto che il privilegio speciale, accordato in considerazione della causa del credito, può però fungere in concreto da causa legittima di prelazione solo se insiste su un bene esistente, il mantenimento della natura privilegiata del credito in caso di inesistenza del bene violerebbe i principi basilari del sistema dei privilegi, attribuendo surrettiziamente al privilegio speciale – che, a norma dell’art. 2746 cod. civ., si esercita solo su determinati beni mobili o immobili vincolati alla soddisfazione del credito munito del privilegio stesso – una posizione sostanzialmente identica a quella spettante al privilegio generale. L’esistenza del bene stesso non può dunque non costituire, secondo parte ricorrente, la condizione della conservazione della qualità privilegiata del credito, anche nella procedura di concordato preventivo.
1.1. Con il SECONDO MOTIVO viene inoltre censurata, sotto il profilo della violazione delle stesse norme sopra richiamate, la affermazione secondo la quale la circostanza pacifica dell’intervenuto consumo dei beni (carburanti) oggetto della cessione, sui quali grava il privilegio speciale per rivalsa previsto dall’art. 2758 cod. civ., non potrebbe configurare la inesistenza del bene, ai fini del declassamento del credito stesso da privilegiato a chirografario. Si sostiene, invece, che è destino inevitabile del privilegio speciale quello di subire le vicende del bene; e che d’altra parte la questione di costituzionalità della suddetta norma attributiva al credito per rivalsa di tale privilegio, in luogo di quello generale previsto dalla precedente normativa, è stata ritenuta priva di fondamento dalla Corte Costituzionale.
1.2. Con il TERZO MOTIVO, infine, parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 2746 c.c. e art. 2758 c.c., comma 2 in relazione alle norme ed ai principi in materia di parità di trattamento dei creditori e di riparti nella procedura di concordato preventivo, di cui all’art. 161, comma 3, art. 167, comma 2, artt. 168 e 169 e art. 177, comma 2, L. Fall.), rilevando come la Corte di merito non abbia rettamente considerato che nel concordato preventivo, non esistendo alcuna attività o fase di accertamento giudiziale del passivo che produca effetti preclusivi, nessun elenco dei creditori e/o piano di riparto redatto dagli organi della procedura può acquisire efficacia di giudicato interno ed impedire un diverso e successivo accertamento ad opera degli organi stessi; sì che, fino alla definizione della procedura, ed a prescindere dai piani parziali già erroneamente disposti (comunque sempre suscettibili di revisione) e dalle eventuali lungaggini della procedura, è onere del creditore provare l’esistenza in concreto della prelazione, ove pretenda di far valere un proprio titolo contestato.
2. Ritiene il Collegio che la decisione della Corte territoriale merita conferma, anche se con diversa motivazione in diritto. Occorre cioè porre maggiore attenzione al tema – che nella sentenza impugnata risulta solo accennato – delle peculiarità, sotto il profilo funzionale e strutturale, della disciplina del concordato preventivo vigente prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 169 del 2007 (inapplicabili nella specie ratione temporis) rispetto a quella del fallimento. Seguendo tale percorso, si perviene alla conclusione che i primi due motivi, la cui stretta connessione ne giustifica l’esame congiunto, sono privi di fondamento, nella misura in cui, omettendo di esaminare le conseguenze di quelle peculiarità sulla disciplina del credito privilegiato, affermano che anche nel concordato preventivo con cessione dei beni regolato dalla previgente disciplina, come in ogni procedura esecutiva individuale o concorsuale, l’inesistenza del bene nel compendio patrimoniale del debitore precluda l’esercizio del privilegio nella procedura ed imponga quindi di considerare il credito come chirografario, agli effetti del concorso sul ricavato.
2.1. Questo è quanto si desume chiaramente, nell’ambito della disciplina del fallimento, dal disposto dell’art. 54, comma 1, L. Fall., secondo cui il diritto di prelazione dei creditori privilegiati (al pari di quelli muniti di garanzia pignoratizia o ipotecaria) può essere fatto valere solo sul prezzo ricavato dalla vendita dei beni vincolati alla garanzia – che dunque debbono a tal fine essere compresi tra i beni acquisiti alla massa con la sentenza di fallimento -, e per il residuo non soddisfatto per tali creditori non vi è che il concorso con i chirografari nelle ripartizioni del resto dell’attivo, realizzato con la liquidazione degli altri beni presenti nella massa. Ma l’art. 54 non figura tra le disposizioni che, secondo il disposto dell’art. 169, si applicano nella procedura di concordato preventivo, sia esso remissorio solutorio o con cessione dei beni. L’omesso richiamo non costituirebbe di per sè argomento decisivo, se non trovasse logica corrispondenza – in un contesto di marcate differenze tra le discipline delle due procedure che già questa Corte ha avuto modo di evidenziare (cfr. ex multis Sez. 1 n. 5306/1999; Sez. 3 n. 17162/2002) – con un dato normativo centrale, rimasto fermo sino alle modifiche all’art. 160 L. Fall. introdotte dal già citato Decreto correttivo del 2007. Quello secondo cui la finalità esdebitatoria cui l’imprenditore mira con la proposta di concordato preventivo, e che caratterizza la procedura stessa in entrambe le forme che essa può assumere a norma dell’arti60, non può, secondo la disciplina previgente, che realizzarsi con l’integrale pagamento dei crediti privilegiati, come si desume inequivocamente da quanto disponeva l’art. 160, comma 2 – che prevedeva un soddisfacimento parziale per i soli crediti chirografari – e l’art. 177, comma 2, che escludeva i creditori muniti di diritto di prelazione dalla partecipazione al voto in sede di approvazione del concordato, in difetto di rinuncia alla prelazione stessa (cfr. ex multis Sez. 1 n. 12632/92, n. 6901/10).
L’integrale soddisfacimento dei crediti privilegiati costituiva del resto condizione essenziale ed indefettibile anche della regolare esecuzione del concordato preventivo con cessione, sì che, ove in qualsiasi momento della liquidazione dei beni emergesse che le somme ricavabili non sarebbero state sufficienti a garantire tale pagamento integrale, il concordato doveva essere risolto a norma dell’art. 186 L. Fall., a prescindere da ogni valutazione sulla gravità o non dell’inadempimento, da compiersi esclusivamente con riguardo alla sorte dei crediti chirografari (cfr. ex multis Sez. 1 n. 709/93; n. 13446/11).
2.2. Se dunque non vi era spazio, in tale coerente disciplina, per un pagamento parziale dei crediti privilegiati alla stregua di quanto previsto nell’ambito del fallimento dall’art. 54, ne deriva di necessità non solo l’inapplicabilità in sede di concordato preventivo di tale norma ma più in generale la mancanza, in tale procedimento, di quella attività di verifica in ordine alla sussistenza o non dei beni sui quali grava il privilegio speciale dalla quale far dipendere l’effettiva realizzazione del privilegio stesso. Tale verifica, cui nella procedura fallimentare il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr.
S.U. n. 16060/01; sez. 1 n. 7074/04; n. 6849/11; n. 10387/12) subordina non già l’ammissione del credito al passivo in via privilegiata – in ragione della sua esistenza e della sua causa – bensì il concreto riconoscimento della prelazione in sede di riparto dell’attivo, non ha ragion d’essere – al pari della stessa distinzione tra condizioni per l’ammissione e per la collocazione in sede di riparto – in una procedura di concordato preventivo, quale quella regolata dalla disciplina previgente, che ha piuttosto quale condizione indefettibile l’integrale pagamento dei crediti privilegiati. In un contesto siffatto, il privilegio assume rilevanza esclusivamente come qualità del credito, che a norma dell’art. 2745 cod. civ. sorge privilegiato in ragione della sua causa secondo le disposizioni di legge e tale qualità conserva in tutta la procedura di concordato preventivo.
2.3. Giova infine osservare come una conferma della qui esposta interpretazione della disciplina previgente possa trarsi anche dalla nuova disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 1169 del 2007. Nella quale la modifica del dato normativo di cui si è detto – con l’inserimento, nel vigente art. 160 L. Fall., comma 2, della possibilità di previsione, in sede di proposta di concordato, della non integrale soddisfazione dei creditori privilegiati (al pari di quelli muniti di pegno o ipoteca)- trova corrispondenza coerente, oltre che con la modifica delle disposizioni regolanti la partecipazione al voto dei creditori privilegiati (art. 177 L. Fall.), con la introduzione (sempre nell’art. 160, comma 2) della regola secondo la quale tali crediti debbono essere in tal caso soddisfatti in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione dei beni. Regola che, per l’appunto, non si giustificava senza la modifica del principio della necessità di integrale pagamento dei crediti privilegiati.
3. In base alle considerazioni sin qui esposte, che rendono superfluo l’esame del terzo motivo, il rigetto del ricorso si impone.
La novità delle questioni trattate, sostanzialmente non esaminate nella sentenza impugnata, giustifica la compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 15 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2013
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Numero Protocolo Interno : 141/2013