ISSN 2385-1376
Testo massima
Non può essere invocata, a sostegno della prededucibilità di un credito sorto nel corso di un concordato preventivo, poi revocato, una qualsivoglia continuità o consecutio fra la prima e la seconda procedura o con successive ulteriori procedure.
Ogni argomentazione fondata sulla consecutio delle procedure concorsuali, quale ragione fondante il carattere prededuttivo dei crediti sorti nel corso delle procedure “minori”, non è più coerente con il sistema sorto post riforma del 2006.
Sono questi i principi sanciti dalla Corte di Appello di Genova, chiamata a pronunciarsi sul reclamo proposto contro il decreto di omologazione del concordato preventivo, concesso dal Tribunale della Spezia su richiesta di un gruppo societario operante nel settore dei servizi pubblici essenziali.
La proposta di concordato – oggetto del decreto di omologa – prevedeva infatti l’integrale pagamento dei crediti prededuttivi, tra i quali erano stati fatti rientrare anche quelli sorti nel corso di due precedenti procedure concorsuali – sempre di concordato preventivo poi successivamente revocate per iniziativa delle medesime società proponenti.
Sennonché il Tribunale aveva riconosciuto come crediti prededuttivi sia le spese di giustizia, sia le spese legali per prestazioni professionali, sia i debiti verso lavoratori dipendenti originati durante le precedenti procedure concordatarie, in ragione di una loro unitarietà. La natura prededuttiva appariva giustificata dal fatto che i crediti erano sorti, non solo in funzione della prosecuzione dell’attività di impresa (regime di c.d.prorogatio), ma anche perché era necessario soddisfare prestazioni pubbliche essenziali autorizzate dagli stessi organi della procedura.
Nell’esaminare la questione, la Corte di Appello ha osservato che – secondo quanto previsto dalla tradizionale interpretazione affermatasi nella vigenza del precedente sistema concorsuale il trattamento prededuttivo di questa tipologia di crediti poteva indubbiamente essere ammesso in prededuzione, a condizione che fosse emersa una consecutio tra le procedure, cioè un nesso di reciproca unitarietà e strumentalità. Lo scopo della prededuzione, è da ricercare, infatti, nella necessità di assicurare a coloro che contrattano con gli organi della procedura fallimentare di poter riporre affidamento nel pieno soddisfacimento dei propri crediti. I terzi, dovevano cioè poter confidare nel fatto che i propri crediti potessero essere soddisfatti sia nel caso in cui l’imprenditore fosse ritornato in bonis (prospettiva che può essere accostata al concordato con continuità), sia nel caso in cui si fosse aperto il fallimento con conseguente liquidazione del patrimonio dell’impresa (prospettiva che può essere accostata al concordato liquidatorio). Il riconoscimento della prededuzione postulava nella visione interpretativa tradizionale la consecutio delle procedure fallimentari, in quanto era indispensabile che il passaggio dall’una all’altra fosse avvenuto senza soluzione di continuità (passaggio ad esempio da concordato con continuità a ritorno in bonisdell’imprenditore).
La Corte di Appello ha tuttavia evidenziato che questa concezione della prededuzione e della consecutio non poteva trovare applicazione al concordato preventivo, così come riformato dal D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 2005 e dal correttivo dettato dal D.lgs. 12 settembre 2007 n. 169. La consecutio, così concepita, era stata infatti introdotta per regolare il passaggio da una procedura concorsuale ad un’altra per effetto del venir meno dei presupposti della procedura originaria (ciò era particolarmente significativo per il passaggio da una procedura concorsuale minore – quale è il concordato preventivo alla dichiarazione di fallimento). Tale prospettiva era indubbiamente coerente con il sistema normativo previgente, poiché il riconoscimento della prededuzione costituiva una vera e propria garanzia per il creditore prededuttivo a prescindere dal fatto che l’imprenditore fosse fallito o ritornato in bonis. La prededuzione poneva, infatti, il creditore al riparo dal rischio dell’incapienza nel caso di fallimento dell’imprenditore, mentre il ritorno in bonis era un fatto positivo per il debitore, il quale si vedeva rassicurato dal soddisfacimento dei propri crediti.
Per la Corte, tuttavia, la prospettiva è ora mutata, poiché la revoca dell’originaria proposta concordataria e la proposizione di una nuova istanza sempre concordataria, non determina una modificazione della procedura, tracciando, invero, un semplice passaggio da un tipo di procedura concorsuale ad un altro. Ciò trova conferma non solo in quanto sancito dall’art. 175, comma 2, L.F., ma anche nel carattere spiccatamente contrattualistico del concordato preventivo.
La Corte di Appello di Genova ha quindi riconosciuto la possibilità sia della modifica (anche in senso peggiorativo) – sia della revoca della proposta concordataria. Ne discende che in queste condizioni – le prospettive creditorie di coloro che hanno contrattato con l’imprenditore ammesso alla procedura concordataria possono non essere soddisfatte, a differenza di quanto avveniva precedentemente. Il creditore che ha contrattato con l’imprenditore proponente il concordato preventivo non può – in altri termini fare ora ragionevole affidamento sulla capienza necessaria per il soddisfacimento del proprio credito.
I Giudici di secondo grado hanno infatti evidenziato che – nel sistema vigente – il creditore potenzialmente prededuttivo potrebbe essere lasciato senza concrete garanzie di soddisfacimento del credito nel caso di revoca della proposta di concordato da parte dell’imprenditore. Il concordato preventivo – infatti – potrebbe essere revocato su istanza del richiedente, senza che segua automaticamente il fallimento dell’imprenditore. Nessun creditore potrebbe avere difatti interesse a chiedere il fallimento, e non si può escludere, che una richiesta di concordato preventivo si accompagni sempre ad uno stato di insolvenza, in quanto il presupposto per l’ammissione alla procedura è rappresentato dal semplice stato di crisi, così come previsto dall’art. 160, comma 1, L.F.
La ratio della consecutio delle procedure concorsuali, non può essere più usato, quindi, al fine del riconoscimento della prededucibilità dei crediti. Il carattere prededuttivo dei crediti sorti in pendenza di una procedura di concordato preventivo deve, infatti, essere ricavato da specifiche previsioni di legge ed in particolare dall’art. 182 quater L.F. che riconosce la prededucibilità soltanto ai crediti da finanziamento.
I Giudici d’Appello hanno affermato, dunque, di non poter riconoscere carattere prededuttivo ai crediti per i quali era stato richiesto il decreto di omologa del concordato preventivo, trattandosi di crediti per compensi professionali e prestazioni svolte ed autorizzate nelle precedenti procedure di concordato preventivo, poi revocate.
La Corte di Appello di Genova ha in definitiva escluso che i crediti sorti nel corso dei precedenti concordati potessero essere fatti rientrare nell’ambito dei crediti originati in funzione di una successiva procedura concordataria poiché non ancorate ad alcuna previsione di legge.
È stata pertanto rigettata la richiesta di omologazione del concordato preventivo.
Testo del provvedimento
In allegato il testo integrale del provvedimento
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