Il credito del professionista incaricato dal debitore di ausilio tecnico per l’accesso al concordato preventivo o il perfezionamento dei relativi atti è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all’art. 161 L.Fall., sia stata funzionale, ai sensi dell’art. 111 comma 2 L.Fall., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio ex ante rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all’incremento dei valori aziendali dell’impresa, sempre che il debitore venga ammesso alla procedura ai sensi dell’art. 163 L.Fall., ciò permettendo istituzionalmente ai creditori, cui la proposta è rivolta, di potersi esprimere sulla stessa.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Ferro – Rel. Fidanzia, con l’ordinanza n. 34535 dell’11 dicembre 2023.
Il Tribunale di Salerno con decreto accoglieva l’opposizione proposta, ex art. 98 L. Fall., dai resistenti, dottori commercialisti, avverso il decreto con cui il G.D. del fallimento in liquidazione aveva rigettato la loro domanda di insinuazione al passivo del credito di Euro 205.000,00, oltre accessori di legge, vantato a titolo di saldo per l’attività svolta in funzione della procedura di concordato preventivo quando la società era ancora in bonis (per la stessa attività i due professionisti avevano ricevuto, in acconto, prima della presentazione della domanda di concordato preventivo, la somma di Euro 250.00,00).
Il Tribunale campano, invece, confermava la statuizione del G.D. di rigetto dell’insinuazione della somma di Euro 100.000, vantata quale compenso per l’attività svolta dai due professionisti a vantaggio della società poi fallita.
Il Tribunale di Salerno evidenziava che, alla luce delle prove testimoniali, i due commercialisti avevano dimostrato di aver effettivamente compiuto tutte le attività funzionali alla presentazione delle domande di ammissione alla procedura di concordato preventivo, oltre ad essere stato provato il quantum pattuito a titolo di compenso con la società poi fallita. In particolare, osservava il giudice di merito essere ormai principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza, consulenza ed eventualmente redazione della proposta di concordato preventivo rientra “de plano” tra i crediti sorti “in funzione della procedura concorsuale” e, come tale, va soddisfatto in prededuzione.
Avverso il predetto decreto proponeva ricorso per cassazione la curatela del fallimento in liquidazione, affidandolo a tre motivi.
I due professionisti resistevano in giudizio con controricorso, depositando altresì ricorso incidentale.
La curatela si lamentava che il Tribunale di Salerno si era limitato ad accertare l’effettivo svolgimento dell’attività dei due commercialisti, prescindendo dalla sua concreta attitudine a favorire la soluzione concordataria della crisi della società poi dichiarata fallita. In realtà, le attività dei due professionisti avevano concorso, non già a favorire il successo dell’esperimento concordatario, bensì a determinare l’esistenza dei presupposti per la revoca del concordato ai sensi della L. Fall., art. 173, atteso che, come affermato dalla Corte d’Appello di Salerno, i due odierni ricorrenti incidentali avevano ricevuto dalla società poi fallita (“in acconto”) rilevanti pagamenti nell’imminenza della presentazione del concordato, e quindi non autorizzati L. Fall., ex art. 167, pagamenti non riportati nel piano concordatario, alla cui predisposizione avevano contribuito in maniera determinante.
La Suprema Corte ha ritenuto il motivo fondato.
Gli Ermellini hanno riportato l’orientamento delle Sezioni Unite che, al fine di valutare la “funzionalità” della prestazione del professionista alla realizzazione della finalità della procedura concordataria, avevano affermato non essere affatto sufficiente che l’apporto del terzo si inserisse fenomenicamente nell’iter che conduceva a tale procedura, occorrendo, quale elemento integrativo, l’adeguatezza della prestazione del professionista alla realizzazione delle finalità tipiche della procedura, tra cui rientrava, in primo luogo, la necessità di consentire ai creditori, cui la proposta era diretta, di potersi esprimere su un piano che, oltre a determinare una ristrutturazione del passivo e individuare un progetto di soddisfazione dei medesimi, fosse, innanzitutto, realizzabile.
L’idoneità causale alla realizzazione degli obiettivi della procedura doveva ritenersi insussistente non solo in caso di mancata ammissione alla procedura, ma anche quando, pur con l’apertura del concordato, si fosse verificata successivamente l’interruzione repentina della procedura, prima del coinvolgimento dei creditori, per causa riconducibile alla condotta dei professionisti.
Tale circostanza è proprio quella accaduta nel caso di specie, in cui vi era stata la revoca dell’ammissione della domanda di concordato L. Fall., ex art. 173, per avere i due ricorrenti incidentali ricevuto dalla società poi fallita (“in acconto”) rilevanti pagamenti nell’imminenza della presentazione del concordato, e quindi non autorizzati L. Fall., ex art. 167, che non erano stati neppure riportati nel piano concordatario, alla cui predisposizione avevano contribuito in maniera determinante.
Tale evento, su cui il G.D. aveva fondato il rigetto della domanda per il riconoscimento della prededuzione, è stata ignorata dal Tribunale, che aveva accolto l’opposizione sull’erronea considerazione, in diritto, che il credito del professionista che avesse svolto attività di assistenza, consulenza ed eventualmente redazione della proposta di concordato preventivo sarebbe dovuto rientrare “de plano” tra i crediti sorti “in funzione della procedura concorsuale”.
In realtà, secondo la Suprema Corte, il Tribunale di Salerno non aveva tenuto conto della interruzione della procedura di concordato L. Fall., ex art. 173, e delle cause che l’avevano determinata, avendo erroneamente condiviso il riconoscimento “de plano” del credito dei ricorrenti incidentali per il solo fatto che gli stessi avevano svolto attività in preparazione di una procedura di concordato preventivo, a prescindere dal fatto che la stessa fosse stata idonea a realizzare le finalità tipiche della stessa procedura.
Pertanto, è stato accolto il primo motivo del ricorso principale, dichiarati inammissibili il secondo ed il terzo, nonché il ricorso incidentale e rinviato al Tribunale di Salerno, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
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