ISSN 2385-1376
Testo massima
Non è ammessa alla procedura di concordato preventivo la società che abbia effettuato dei pagamenti di crediti anteriori alla presentazione della domanda ma privi dell’autorizzazione del Tribunale o del giudice delegato.
Così si è pronunciato il Tribunale di Pesaro, con decreto del 26/07/2013, sul ricorso con il quale una società chiedeva di essere ammessa alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, dalla cui relazione, depositata dai Commissari Giudiziali, veniva rilevato che la stessa società aveva effettuato pagamenti privi di qualsivoglia autorizzazione.
Invero spiega il Tribunale come il divieto di pagamenti dei crediti anteriori alla presentazione della domanda si desume sia dal combinato disposto degli artt.161 comma 7 e 167 Legge fallimentare i quali subordinano il compimento di atti di straordinaria amministrazione all’autorizzazione del Tribunale e del Giudice Delegato, sia dall’art.168 che pone il divieto della azioni esecutive da parte dei creditori dal momento della pubblicazione del ricorso nel Registro delle Imprese.
Un tal tipo di violazione, rientra tra le previsioni di cui all’art.173 rubricato “revoca dell’ammissione al concordato e dichiarazione del fallimento nel corso della procedura” il quale sanziona una serie di condotte che sono accomunate da un dato comune quale, appunto, l’abuso del diritto da parte dell’imprenditore atteso che, il pagamento di crediti anteriori alla presentazione della domanda, ma privi di autorizzazione, costituisce un atto idoneo a frodare le ragioni della massa soddisfacendo alcuni creditori a discapito di altri.
Il Tribunale precisa altresì che risulta del tutto irrilevante la circostanza che si trattasse di crediti di natura privilegiata i quali, sulla base del piano, sarebbero stati comunque soddisfatti integralmente atteso che, al momento della presentazione della domanda non vi è alcun elemento che possa garantire che il piano una volta omologato venga successivamente integralmente adempiuto.
Precisando inoltre come detta violazione risulta ancor più grave in quanto l’eventuale omologa comporterebbe la legittimazione dei pagamenti eseguiti dalla debitrice conseguendone, in caso di inadempimento del concordato, l’impossibilità di revocare gli stessi ex art.67 comma 3 lett. E L. F.
Testo del provvedimento
TRIBUNALE DI PESARO
Il Tribunale, riunito ìn camera di consiglio composto daí magistrati:
dott. Francesco Nitri Presidente
dott.ssa Cada Fazzini Giudice
dott. Davide Storti Giudice relatore
ha pronunciato il seguente
DECRETO
nel procedimento di ammissione alla procedura di concordato preventivo, promosso
DA
tizia
debitrice ricorrente
CONTRO
caio
convenuto
PUBBLICO MINISTERO, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro,
intervenuto
e
Alfa srl e beta srl
ereditari dissenzienti non opponenti
visto il ricorso con cui la società ricorrente chiede di essere ammessa alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori ex ari 161 I…F.;
ritenuto che la proposta prevede attraverso la liquidazione di tutti i beni costituenti il patrimonio sociale, il pagamento integrale delle spese di procedura e dei creditori privilegiati ed il pagamento in percentuale dei creditori chirografari;
rilevata che la domanda è accompagnata dalla relazione di fallibilità redatta da un professionista abilitato ex art 161 L.F.;
visto il decreto del Tribunale del 5.3.2013, con cui è stata aperta la procedura di concordato e con cui sono stati nominati Commissari Giudiziali;
vista la relazione depositata dai Commissari Giudiziali ex ad 172 L.F;
rilevato che è stata raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto ex art 177 L.F.;
ritenuto che – come si evince dalle relazioni depositate dai Commissari Giudiziali –
sono stati effettuati dalla debitrice pagamenti per crediti sorti in data anteriore alla presentazione della domanda ex art 161, comma 6, L.F.;
rilevato che tali pagamenti, per un ammontare complessivo di oltre 152.000,00, non sono stati autorizzati dal Tribunale ex art 167
ritenuto che i pagamenti di debiti anteriori alla presentazione della domanda ed alla pubblicazione del ricorso nel Registro delle Imprese, in quanto lesivi della par condicio creditoris, determinano inammissibilità del ricorso (vedere in questo senso anche Tribunale Milano, sezione seconda, decreto del 28.2.2013 e Tribunale Udine, decreto del 5.4.2013);
ritenuto in particolare che il divieto di pagamento dei crediti anteriori si desume sia dal combinato disposto di cui agli artt. 161, comma 7, e 167 L.F., che subordina il compimento di atti di straordinaria amministrazione all’autorizzazione del Tribunale e del Giudice Delegato, sia dall’ari 168 L.F., che pone il divieto di azione esecutive da parte dei creditori dal momento della pubblicazione del ricorso nel Registro delle Imprese, “apparendo incongruo – come sottolineato dal Tribunale di Milano nel decreto sopra citato – che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata possa conseguire in virtù di spontaneo adempimento” ( vedere in questo senso anche Cass.civ.n. 578/2007);
ritenuto che tale interpretazione è confermata anche dal disposto dell’ari 182 quinques L.F., che nell’ipotesi di concordato con continuità aziendale – che non è peraltro l’ipotesi di specie – consente il pagamento di crediti anteriori alla presentazione del ricorso solo dietro autorizzazione del Tribunale ed in presenza del!’ attestazione di un professionista, in possesso dei requisiti di cui all’art.67 ,comma 3, L.F.,che dichiari che il pagamento dei crediti anteriori alla domanda sia essenziale perla prosecuzione dell’attività di impresa e funzionale ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori;
ritenuto che la violazione in discussione è sostanzialmente paragonabile a quella disciplinata dall’ari 173 L.F., che sanziona una serie di condotte tutte accomunate dall’essere espressione di abuso del diritto da parte dell’imprenditore, tenuto conto che il pagamento di crediti anteriori alla presentazione della domanda costituisce un atto idoneo a frodare le ragioni della massa soddisfacendo alcuni creditori a discapito di altri, con conseguente “uso abusivo e distorto degli effetti protettivi del deposito della domanda ex art 161,comina 6, L.F., in quanto in sostanza il divieto di azioni esecutive e cautelari,che serve ad assicurare all’imprenditore il tempo necessario per allestire un piano ragionevole e fattibile di gestione della crisi dell’impresa, viene in questo modo essere asservito ad un scopo diverso, quello di consentire all’imprenditore di scegliere a suo piacimento di soddisfare solo alcuni creditori” (Tribunale Milano, citato decreto del 28.2.2013);
ritenuto che tale interpretazione è avallata dall’ari 161,comma 6, L.F. come modificato dall’art. 82 del D.L. n.144/2013, che ha appunto previsto la specifica sanzione della revoca dell’ammissione in caso di compimento da parte del debitore di atti in Frode ai creditori;
ritenuto che appare irrilevante che trattasi di pagamenti di crediti privilegiati che sulla base del piano sarebbero stati integralmente soddisfatti;
ritenuto infatti che allo stato non vi sono elementi per poter ritenere che il piano ,una volta omologato, venga integralmente adempiuto, con la conseguenza che è impossibile allo stato stabilire se saranno soddisfatti tutti i creditori privilegiati ovvero quali saranno soddisfatti e in che misura;
ritenuto che appare pertanto evidente la violazione della par candido creditorum;
ritenuto che tale violazione appare ancor più evidente solo se si pensa che l’eventuale omologa comporterebbe la legittimazione dei pagamenti eseguiti dalla debitrice, con la conseguenza che, in caso di inadempimento del concordato, di sua risoluzione e di fallimento della debitrice, tali pagamenti non potrebbero nemmeno essere revocati,stante il disposto di cui all’ari 67, comma 3 lett. e), L.F.;
ritenuto che risulta privo di rilevanza l’impegno dei soci di riversare le somme corrispondenti all’importo dei pagamenti illegittimi, stante “la funzione sanzionatoria della norma, che presuppone la meta violazione delle regole di condotta cui l’imprenditore è tenuto in conseguenza della presentazione della domanda, a prescindere che detta violazione abbia eventualmente arrecato un pregiudizio economicamente apprezzabile” ( Tribunale Milano, citato decreto del 28.2.2013);
ritenuto che d’altra parte non vi sono nemmeno garanzie che tale impegno possa essere regolarmente adempiuto, con le conseguenze già dette per i ereditari in ordine ai pagamenti illegittimi;
ritenuto che di conseguenza risulta evidente che il comportamento delle debitrice integra un atto di in frode ai creditori;
ritenuto che – come insegna la Suprema Corte (Cass.civ.sez.un.n. 1521/2013) – spetta al Tribunale, anche in sede di omologazione, verificare la rispondenza del piano alla regole di legge, come anche d’altra parte si evince dal tenore del art 173 LF. che ha come ultimo momento preclusivo l’avvenuta omologazione ,a partire dalla quale gli atti in frode eventualmente determinano l’annullamento del concordato ex art 186 per questi motivi
rigetta la proposta di omologa del concordato preventivo presentato dalla società.
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