ISSN 2385-1376
Testo massima
E’ inammissibile la rinunzia alla domanda di concordato con richiesta di nuovo termine per la presentazione di nuova domanda di concordato, concretandosi tale condotta in una mera ripresentazione della domanda di concordato “in bianco” con l’effetto di aggirare il meccanismo preclusivo dell’art. 161 co 9 lf.
Anche nell’ambito degli strumenti di composizione della crisi aziendale, può ravvisarsi abuso del diritto ogni qualvolta gli istituti creati dal legislatore per far fronte alla crisi d’impresa vengano sviati dalla loro funzione tipica e cioè vengano utilizzati con modalità tali da determinare un sacrificio sproporzionato ed ingiustificato delle ragioni dei creditori.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Napoli Nord, Pres. Caria, Rel. Di Giorgio, con decreto del 25.02.2015 nell’ambito di una procedura di concordato preventivo.
In particolare, è accaduto che, in pendenza di ricorso di fallimento, una società presentava domanda per l’ammissione della procedura di concordato” in bianco”.
Depositata da parte della ricorrente una proposta di tipo liquidatorio, con previsione di integrale pagamento dei creditori privilegiati e pagamento dei creditori chirografari nella misura del 3,73%, il Tribunale rilevava numerose criticità con riguardo all’attestazione del professionista, per cui concedeva un termine per integrare l’attestazione.
Trascorsi soli sei giorni dall’emissione del detto decreto, la società depositava atto di rinunzia alla domanda di concordato e contestualmente richiedeva la fissazione di un nuovo termine per la presentazione ex novo di proposta e piano.
Nel procedere all’esame della vicenda, il Tribunale correttamente rileva, preliminarmente, come ben possa ritenersi sussistente per il ricorrente la facoltà di rinunciare alla domanda di concordato, quale che sia la natura giuridica che si voglia attribuire all’istituto concordatario.
Il Tribunale precisa come, tuttavia, l’esercizio di tale facoltà, così come per qualsiasi diritto soggettivo, debba necessariamente trovare un limite nell’istituto generale dell’abuso del diritto, evidenziandosi come tale figura ricorra in tutti quei casi in cui “il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà furono attribuiti” (Cass. 20106/2009).
Viene, pertanto, affermato come anche nell’area degli strumenti di composizione della crisi aziendale, possa ravvisarsi abuso del diritto ogni qualvolta gli istituti creati dal legislatore per far fronte alla crisi d’impresa vengano deviati dalla loro funzione tipica; nel richiamare altra pronuncia, si precisa che ciò ben può verificarsi “quando le facoltà riconosciute dal legislatore siano svolte con modalità tali da determinare un sacrificio sproporzionato ed ingiustificato delle ragioni dei creditori, dilatando in modo abnorme la durata del procedimento e gli effetti dell’automatic stay” (Trib. Milano 4.10.2012).
Il Tribunale, a questo punto, rileva nel caso di specie una pluralità di indici sintomatici di una condotta abusiva, giungendo alla conclusione che la condotta avuta dalla società ricorrente, lungi dal poter essere considerata funzionale al fisiologico compimento della procedura attraverso una modifica in melius dell’originaria domanda, ma estrinsecandosi in una mera ripresentazione della domanda di concordato “in bianco”, potesse comportare un vero e proprio sviamento abusivo dell’iter processuale.
Ed infatti, viene correttamente sottolineato come tale condotta avrebbe l’effetto, da un lato, di prolungare sine die, e senza soluzione di continuità, l’effetto protettivo previsto dall’art. 168 lf; dall’altro, di paralizzare ad libitum l’istanza di fallimento del creditore, titolare in ogni caso di un interesse giuridicamente tutelato alla declaratoria di fallimento in assenza delle condizioni di ammissibilità del concordato originariamente proposto; infine, di aggirare il meccanismo preclusivo dell’art. 161 co.9 lf derivante da un’eventuale pronuncia sfavorevole.
Il Tribunale conclude affermando il principio secondo cui criterio decisivo per valutare la sussistenza dell’abuso del diritto è verificare se esso in concreto comprima illegittimamente gli interessi dei creditori, e in particolar modo del creditore procedente per il fallimento, portatore di un interesse giuridicamente rilevante in tal senso.
Sulla base di tale articolato e approfondito iter argomentativo, il Tribunale di Napoli Nord ha dichiarato inammissibile la domanda per l’ammissione alla procedura di concordato presentata dalla società, previa inammissibilità della rinunzia presentata dalla stessa, provvedendo con separato provvedimento sul ricorso di fallimento.
Testo del provvedimento
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 130/2015