In tema di concordato preventivo con cessione totale dei beni, la fattibilità giuridica del piano costituisce presupposto di ammissibilità della proposta; ne consegue che quando, a carico della società proponente, sia stato disposto un sequestro preventivo di beni destinato, secondo il regime di cui al d.lgs. n. 231 del 2001, alla confisca, è sempre necessario ottenere dal giudice penale la cessazione del vincolo cautelare e, in mancanza, restando sottratto al giudice della procedura concorsuale ogni potere di sindacare la legittimità del provvedimento, la proposta va dichiarata senz’altro inammissibile.
E’ questo il principio sancito dalla Cassazione Civile, sez. prima, Pres. Nappi – Rel. Terrusi nella sentenza n. 26329 del 20 dicembre 2016 in tema di concordato preventivo.
La questione ha visto il Tribunale di Firenze negare l’omologazione di un concordato preventivo con liquidazione del patrimonio immobiliare, stante la non fattibilità giuridica del piano, giacché i beni offerti ai creditori erano oggetto di sequestro preventivo ordinato in sede penale.
La Corte di Appello di Firenze rigettava il reclamo proposto dalla società, nel frattempo dichiarata fallita, in quanto il giudice osservava che il sequestro preventivo disposto peraltro a tutela della confisca per equivalente ex art. 19, comma 2, del D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, aveva colpito una parte rilevante dei beni che non potevano quindi essere liquidati entro i tempi previsti nella proposta concordataria.
La società dichiarata fallita proponeva ricorso per cassazione, cui ha fatto seguito il ricorso incidentale formulato da uno dei creditori, contestando in particolare la violazione e falsa applicazione dell’art. 321 c.p.p. in relazione all’art. 51 L.F., art. 168 L.F., art. 169 L.F. ed art. 180 L.F..
Secondo quanto disposto dall’art. 321 c.p.p., il giudice penale può, come noto, disporre il sequestro preventivo di una cosa pertinente al reato quando la libera disponibilità della stessa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato medesimo ovvero agevolare la commissione di altri reati.
L’art. 321 c.p.p. va letto in combinato disposto con l’art. 19, comma 2, del D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, in forza del quale è possibile disporre la confisca di somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato, fatti salvi i diritti dei terzi in buona fede.
L’applicazione dell’art. 321 c.p.p. e dell’art. 19 del D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 si scontra, nel caso di specie, con l’art. 51 L.F. ed in particolare con l’art. 168 L.F., laddove viene previsto che dalla data della pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.
Alla luce del combinato disposto ex art. 19 del D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, ex art. 51 L.F. ed ex art. 168 L.F., i ricorrenti sostenevano quindi che il bilanciamento tra la pretesa ablatoria dello Stato e le ragioni dei creditori non poteva non tenere conto sia del giudizio di fattibilità giuridica riservato al giudice fallimentare, sia della necessità di salvaguardare i diritti dei terzi in buona fede cui era preordinata la garanzia patrimoniale dei creditori nel momento in cui era stata aperta la procedura concorsuale di concordato preventivo.
La Cassazione rigettava però la testi sostenuta dai ricorrenti ed all’uopo evidenziava che la confisca disciplinata dal D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 era obbligatoria e che la questione in oggetto non poteva essere disgiunta dalla questione della competenza funzionale.
La Suprema Corte di legittimità osservava infatti che a norma del D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, la verifica delle ragioni dei terzi, al fine di accertarne la buona fede, era riservata alla competenza del giudice penale e non al giudice fallimentare.
La Cassazione evidenziava poi che laddove il piano concordatario avesse implicato, come nel caso in esame, la cessione dei beni ai creditori, era possibile procedere alla liquidazione ed il piano poteva ritenersi giuridicamente fattibile, soltanto quando fosse stata preventivamente ottenuta la cessazione della misura cautelare del sequestro preventivo su decisione del giudice penale cui era pertanto riservata la competenza funzionale.
La Suprema Corte di legittimità sottolineava inoltre che la sentenza impugnata, a differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti, aveva correttamente affrontato e risolto, in senso negativo, la questione della fattibilità giuridica del concordato, vale a dire il nodo della compatibilità sostanziale del piano con norme inderogabili.
I giudici di legittimità facevano infatti notare che il sequestro preventivo, avendo colpito beni oggetto del piano, doveva ritenersi giuridicamente impeditivo della liquidazione dei beni nei tempi previsti dalla proposta concordataria.
Il sequestro preventivo era inoltre finalizzato alla confisca obbligatoria ex art. 19, comma 2, del D.lgs. n. 231/2001, donde si poneva, anche in questo caso, una questione di competenza, in quanto il giudice fallimentare non poteva essere competente a stabilire la prevalenza o meno della misura cautelare rispetto ai diritti della massa dei creditori, ancorché si fosse trattato di confisca di cose non intrinsecamente ed oggettivamente pericolose.
La Cassazione sottolineava infine che anche la questione della sproporzione tra il valore dei beni sequestrati ed il credito vantato dallo Stato, così come opposta dalla ricorrente, non poteva essere risolta dal giudice fallimentare bensì soltanto dal giudice penale.
Alla luce di principi sopra richiamati, la Suprema Corte di legittimità ha integralmente rigettato il ricorso principale, dichiarato inammissibile l’incidentale e condannato le ricorrenti, in solido, alle spese processuali.
Per altri precedenti si veda:
IL CREDITORE PUÒ AGIRE OGNI QUALVOLTA IL CONSENSO SIA STATO CARPITO CON DOLO
Sentenza | Cassazione civile, sez. prima, Pres. Nappi – Rel. Di Virgilio | 14.09.2016 | n.18090
NON COSTITUISCE IPSO FACTO UN ATTO DI FRODE, SEBBENE EFFETTUATO IN DIFETTO DI AUTORIZZAZIONE PREVENTIVA
Sentenza | Corte d’Appello di Napoli, Pres. P. Celentano – Rel. M. Petruzziello | 08.07.2016 | n.112
CONCORDATO IN BIANCO: È NECESSARIA L’AUDIZIONE DEL DEBITORE PRIMA DELLA PRONUNCIA DI INAMMISSIBILITÀ
LA CONVOCAZIONE DEL PROPONENTE È ESCLUSA SOLO SE IN SEDE PREFALLIMENTARE SIA STATO GIÀ ASCOLTATO CON POSSIBILITÀ DI ARTICOLARE LE DIFESE
Sentenza | Cassazione civile, sez. prima, Pres. Ragonesi – Rel. Di Virgilio | 22.06.2016 | n.12957
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