Nella disciplina della legge fallimentare risultante dalle modifiche apportate dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169D.Lgs. 12/09/2007, n. 169, il debitore ammesso al concordato preventivo omologato che si dimostri insolvente nel pagamento dei debiti concordatari può essere dichiarato fallito, su istanza dei creditori, del PM o sua propria, anche prima ed indipendentemente dalla risoluzione del concordato ex art. 186 Legge fallimentare.
Questo è il principio stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite Pres. Manna– Rel. Stalla, nella sentenza n. 4696 del 14.02.2022.
La questione attenzionata dalla Corte di Cassazione riguardava la necessità, in caso di inadempimento di concordato preventivo, di ottenere la risoluzione dello stesso entro i limiti temporali previsti dall’art. 186 l.f.
In particolare, la giurisprudenza di legittimità già in passato aveva affrontato tale problematica affermando che, con la riforma operata da parte del D.Lgs. 169/2007 , non esiste più un rapporto di stretta correlazione tra risoluzione del concordato e dichiarazione di fallimento: pertanto, nell’ipotesi in cui il creditore faccia valere il credito nella misura risultante dalla proposta concordataria omologata inadempiuta, la dichiarazione può intervenire anche se non è ancora intervenuta la dichiarazione di risoluzione del concordato.
Ciò in quanto il debitore è obbligato all’adempimento del concordato anche dopo la scadenza del termine per la sua risoluzione.
Orbene, le Sezioni Unite confermano tale iter argomentativo statuendo che, in seguito alla manipolazione dell’art. 186 della l.f. ad opera del D.Lgs. 169/2007, la risoluzione del concordato e la dichiarazione di fallimento rappresentano due istituti completamente indipendenti tra loro, con la conseguenza che il debitore ammesso al concordato preventivo omologato, può essere dichiarato fallito su istanza dei creditori, ove sia insolvente con riferimento all’adempimento dei debiti concordatari.
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