ISSN 2385-1376
Testo massima
Nella procedura di concordato preventivo non è presente una fase appositamente dedicata alla verifica dei diritti dei creditori e dei terzi per cui non esiste un procedimento teso al riconoscimento dell’esistenza e dell’ammontare del credito.
Ai sensi dell’art. 171 l.f., infatti, il commissario giudiziale, sulla base dell’elenco nominativo dei creditori fornito dallo stesso debitore, individua i creditori aventi diritto al voto in funzione del calcolo delle maggioranze prescritte dalla legge.
Eventuali contrasti circa l’ammissione al voto di alcuni creditori (contestata dal debitore o da altri creditori) o circa la mancata o insufficiente ammissione di altri creditori (richiesta dagli stessi interessati) verranno risolti dal giudice delegato in maniera sommaria – ai soli fini dell’ammissione al voto: cioè ai fini del solo calcolo delle maggioranze (art.176).
Contestazioni sulle decisioni del giudice delegato, e comunque dispute sul calcolo delle maggioranze e sull’ammontare della massa passiva, possono essere mosse in sede di omologazione del concordato, se determinanti per l’approvazione del concordato o per il suo successo.
Ove non sorgano contestazioni, una volta omologato il concordato preventivo tutte le questioni che hanno ad oggetto i diritti pretesi dai singoli creditori che attengono alla esecuzione del concordato sono sottratte al potere decisionale del giudice delegato e del Tribunale in quanto l’impianto normativo che regola la procedura di concordato preventivo non contempla uno strumento per ottenere la declaratoria di nullità, revoca o inefficacia dell’elenco delle passività formato dal creditore, né dei piani di riparto predisposti dal commissario liquidatore sulla base del predetto e prodromico elenco.
Il creditore escluso e/o pretermesso in sede di votazione può agire sempre con separato ordinario procedimento davanti al giudice competente per l’accertamento del credito, non essendo precluso dal passaggio in giudicato della sentenza di omologazione oppure può proseguire i giudizi per l’accertamento e l’esistenza del credito già in corso.
Il Tribunale fallimentare, di fronte ad una contestazione in merito alla omessa inclusione nell’elenco dei creditori di un soggetto per “causa anteriore” al decreto di omologa, non ha il potere di rettificare tale elenco ma ha la facoltà di invitare il commissario liquidatore a tenere in debito conto nell’ambito dei successivi riparti dei crediti.
Questi i principi enunciati dal Tribunale di Napoli, Presidente Di Nosse, Giudice relatore dott.ssa Notaro, nell’ambito di una opposizione proposta da un asserito creditore avverso l’elenco delle passività ed il piano di riparto parziale predisposti nell’ambito di una procedura di concordato preventivo.
Nel caso di specie è accaduto quanto segue:
– il concordato preventivo era stato omologato dal Tribunale di Napoli con decreto del 01.2.2011 e nessuna contestazione era sorta in merito al voto;
– il credito vantato dalla ricorrente traeva origine da attività lavorative prestate in un periodo antecedente l’omologa del concordato preventivo e riconosciuto da una sentenza successiva alla data di omologa;
– il liquidatore aveva comunicato il deposito del piano di riparto parziale relativo alla procedura di concordato;
– la ricorrente creditrice lamentava di aver ricevuto, in sede di riparto parziale, la somma di euro 4.548,60 a titolo di TFR, invece che il maggior importo di euro 14.825,15, come documentato dalla sentenza conseguita successiva all’omologa e che il suddetto credito erroneamente non risultava essere stato inserito nell’elenco delle passività del 2011 né nel predetto piano di riparto predisposto dal liquidatore.
Sulla base di tali presupposti in fatto, il ricorrente ha chiesto dichiararsi “la nullità/revoca o inefficacia dell’elenco delle passività e del piano di riparto 2011 e 2012; dichiarare la validità ed efficacia dei titoli indicati e la loro opponibilità alla DEBITRICE SPA e alla procedura di concordato; ammettersi al passivo, l’elenco delle passività e piano di riparto il credito in via privilegiata per l’importo di euro 14.825,15”.
Il Tribunale ha rigettato il ricorso, rilevando come l’impianto normativo che regola la procedura di concordato non contempli alcuno strumento per poter rettificare l’elenco dei creditori, in quanto non esiste concretamente la possibilità di ottenere la declaratoria di nullità, revoca o inefficacia dell’elenco delle passività formato dal creditore, né dei piani di riparto predisposti dal commissario sulla base del detto elenco.
In tale contesto il Tribunale ha rilevato l’esistenza del diritto del creditore ad essere beneficiario dei riparti, ove il credito sia relativo ad una ragione di credito anteriore al concordato, benché accertato successivamente, per cui ha invitato il liquidatore giudiziale, nell’ambito dei prossimi riparti a considerare il credito escluso.
Ha osservato, inoltre, come la sentenza prodotta, sebbene depositata dopo l’omologa del concordato, si riferisca ad un credito retributivo maturato in data antecedente l’omologa, che, in quanto tale, doveva essere fatto valere nell’ambito della procedura concordataria.
Sulla base di tali presupposti, il Giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso, ma le doglianze del ricorrente hanno sostanzialmente trovato accoglimento, in quanto è stato disposto, al contempo, che il liquidatore dovrà tenere in debito conto, nell’ambito dei successivi riparti, dei crediti dedotti nell’opposizione, trattandosi, per quanto rilevato dalla documentazione prodotta in atti, di crediti per “causa anteriore” al decreto di omologa.
Il giudice partenopeo ha analizzato un aspetto troppo spesso trascurato da molti ma di notevole importanza pratica nelle procedure di concordato relativo appunto alla sorte dei creditori non inclusi nell’elenco del concordato ed al potere officioso di contestazione dei crediti non inclusi.
In conclusione il Tribunale fallimentare, di fronte ad una contestazione in merito alla omessa inclusione nell’elenco dei creditori di un soggetto per “causa anteriore” al decreto di omologa, non ha il potere di rettificare formalmente tale elenco ma – nel vuoto legislativo che non prevede una verifica di crediti, né uno strumento di impugnazione per i crediti esclusi – ha la facoltà di invitare il commissario liquidatore a tenerne in debito conto nell’ambito dei successivi riparti dei crediti esclusi e quindi ha di fatto il potere sostanziale di rettificare tale elenco.
La decisione è da apprezzare per la chiarezza dei principi giuridici espressi e per aver finalmente chiarito le regole di funzionamento della procedura di concordato in relazione alla sorte dei creditori non inclusi, sia nella fase della omologazione, sia in riferimento alla fase dei successivi riparti.
Testo del provvedimento
TRIBUNALE DI NAPOLI
SETTIMA SEZIONE CIVILE
UFFICIO FALLIMENTI
CONCORDATO PREVENTIVO SOCIETÀ
GD. NICOLA GRAZIANO
OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO
(Decreto decisorio definitivo ai sensi dell’art. 99, comma 10, L.F.)
Proc. n. 2274/2013
Il Tribunale di Napoli, settima sezione civile, nelle persone dei seguenti magistrati:
LUCIO DI NOSSE Presidente
STANISLAO DE MATTEIS Giudice
ALESSIA NOTARO Giudice relatore
Letto il ricorso in opposizione
TRA
L. L.;
OPPONENTE
E
SOCIETÀ SPA, in concordato preventivo, in persona del liquidatore
OPPOSTO
FATTO
L. L., con ricorso depositato in data 25.3.2013, ha dedotto di essere creditrice della SOCIETÀ SPA in liquidazione della somma di 14.825,15 oltre interessi e rivalutazione monetaria in virtù della sentenza n. 888/2011 emessa dal Tribunale di Milano- sez. lavoro- in data 16.2.2011, nonché del decreto ingiuntivo n. 402/2010 emesso dal Tribunale di Milano in data 13.3.2010 e relativo atto di precetto; che la SOCIETÀ IN LIQUIDAZIONE SPA aveva presentato in data 28.1.2010 proposta di concordato preventivo, omologato dal Tribunale di Napoli con decreto n. 8423 rep. 103/11 in data 1.2.2011;
che il credito vantato dalla ricorrente è maturato in riferimento ad attività lavorative prestate in un periodo antecedente l’omologa del concordato preventivo, sebbene la sentenza n. 888/2011 risulti essere stata depositata in data 16.2.2011.
Con raccomandata del 26.7.2012 il liquidatore aveva comunicato il deposito del piano di riparto parziale relativo alla procedura di concordato ma, erroneamente, il credito della ricorrente non risultava inserito nell’elenco delle passività del 2011 né nel predetto piano di riparto predisposto dal liquidatore.
Tanto premesso la ricorrente ha impugnato l’elenco delle passività e i piani di riparto 2011 e 2012 redatti dal liquidatore per i seguenti motivi:
1) Mancata comunicazione alla ricorrente dello stato passivo ed erroneità del calcolo del TFR
Erroneamente la lavoratrice, L. L., avrebbe ricevuto in sede di riparto parziale il minor credito di 4.548,60 a titolo di TFR, invece che il maggior importo di 14.825,15, come documentato dalla sentenza n. 888/2011 ( 12.225,51) e dal decreto ingiuntivo n. 402/2010 ( 6.932,33).
2) Anteriorità dei titoli all’omologa del concordato.
I titoli esecutivi sui quali si fonda il credito della ricorrente sono antecedenti al deposito della proposta di concordato.
In particolare il decreto ingiuntivo risalente al 2.2.2010 e risulta notificato alla S. in data 13.3.2010, ancor prima del deposito della ricorso di concordato preventivo del 18.6.2010; mentre la sentenza, seppure depositata in data 16.2.2011, si riferisce a spettanze lavorative maturate in epoca anteriore al luglio 2009 ed il relativo ricorso risulta depositato presso la cancelleria del Tribunale di Milano in data 9.7.2010 e notificato il 30.7.2010 alla società.
3) Incompletezza dell’elenco delle passività.
Il credito della ricorrente non sarebbe stato inserito né nell’elenco delle passività 2011 e 2012 né nel piano di riparto 2012.
La opponente ha chiesto, quindi, al Tribunale di “dichiarare la nullità/revoca o ineffi-cacia dell’elenco delle passività e del piano di riparto 2011 e 2012; dichiarare la vali-dità ed efficacia dei titoli indicati e la loro opponibilità alla SOCIETÀ SPA e alla procedura di concordato; ammettersi al passivo, l’elenco delle passività e piano di ri-parto il credito in via privilegiata per l’importo di 14.825,15; condannare la SOCIETÀ in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in favore di L. L. della somma di 14.825,15”.
Con memoria del 16.4.2013 si è costituita la SOCIETÀ SPA in concordato preventivo, in persona del liquidatore giudiziale p.t., la quale ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso in quanto nell’ambito del concordato preventivo non esiste un procedimento a carattere giurisdizionale teso al riconoscimento dell’esistenza e dell’ammontare del credito. Ai sensi dell’art. 171 l.f., infatti, il commissario giudiziale, sulla base dell’elenco nominativo dei creditori fornito dallo stesso debitore, individua i creditori aventi diritto al voto in funzione del calcolo delle maggioranze prescritte dalla legge. Nell’ambito della predetta procedura il Tribunale non è investito di alcun potere di controllo o direzione ad eccezione delle specifiche competenze attribuitegli dagli art. 160 e 184 l.f..
In definitiva una volta omologato il concordato preventivo tutte le questioni che hanno ad oggetto i diritti pretesi dai singoli creditori che attengono alla esecuzione del concordato sono sottratte al potere decisionale del giudice delegato e del Tribunale e vanno risolte nell’ambito di un ordinario giudizio di cognizione.
Sempre in via preliminare la opposta ha eccepito la inammissibilità della richiesta volta ad ottenere la declaratoria di nullità e/o inefficacia dell’elenco passività e del piano di riparto 2011 e 2012 in quanto la legge non riconosce né al Tribunale né al giudice delegato un tale potere.
Nel merito il ricorso sarebbe infondato in quanto con raccomandata in data 26.7.2012 la ricorrente avrebbe ricevuto comunicazione del deposito in cancelleria del primo piano di riparto parziale. In virtù di tale piano la creditrice ha incassato l’importo di 4.548,60; la creditrice risulta inserita nell’elenco passività per l’importo sopraindicato sulla base dell’elenco fornito dal debitore SOCIETÀ SPA; il maggior credito asseritamente vantato dalla ricorrente risulterebbe da titoli esecutivi inopponibili alla procedura di concordato in quanto formatisi in epoca successiva alla apertura della procedura avvenuta in data 29.1.2010 (data di presentazione del ricorso); quanto, infine, alla sentenza questa risulta pronunciata dopo l’omologa del concordato in un giudizio in cui il liquidatore giudiziale non avrebbe partecipato e quindi risulterebbe inutiliter data.
DIRITTO
Tanto premesso osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile.
Giova premettere, prima di affrontare, nel merito, la questione controversa, che nella procedura di concordato preventivo non è presente una fase appositamente dedicata alla verifica dei diritti dei creditori e dei terzi.
E’ il debitore stesso che elenca i propri creditori (art.161 comma 2 lett. b) ed elenca altresì se vi siano terzi che vantano diritti reali o personali su beni di cui egli sia proprietario o abbia il possesso (art. 161 comma 2 lett. c).
Il commissario giudiziale verifica le indicazioni fornite dal debitore, operando le rettifiche necessarie, e spedisce ai creditori un avviso convocandoli per l’adunanza in cui potranno discutere la proposta di concordato ed esprimere il loro voto.
Eventuali contrasti circa l’ammissione al voto di alcuni creditori (contestata dal debitore o da altri creditori) o circa la mancata o insufficiente ammissione di altri creditori (richiesta dagli stessi interessati) verranno risolti dal giudice delegato ai soli fini dell’ammissione al voto: cioè ai fini del calcolo delle maggioranze (art.176).
Il potere del giudice delegato, pertanto, è strutturalmente diverso rispetto a quello esercitato in sede di redazione dello stato passivo. La dottrina qualifica infatti come meramente amministrativa la fase di accertamento del passivo effettuata dal commissario, verificata dal giudice al mero scopo di ammissione del creditore al voto. In realtà tale fase non è di poco momento, in quanto il riconoscimento o meno dell’esistenza del credito influisce non solo sull’esercizio del diritto di voto, e dunque sul calcolo delle maggioranze, ma ha una sua valenza anche in relazione alla sussistenza o meno degli estremi per pervenire all’omologa del concordato, in relazione al rapporto tra attivo e passivo. Se un credito consistente non viene ammesso, l’esclusione può essere del tutto ininfluente al fine del raggiungimento della maggioranza, ma può incidere nel calcolo del fabbisogno concordatario.
In tale fase si pone un problema, in ogni caso, circa la sussistenza o meno di un potere officioso di contestazione dei crediti, ovvero se il giudice possa o meno escludere un credito senza che sul punto vi sia stata contestazione o da parte del debitore ovvero da parte degli altri creditori. Di fatto non può escludersi che il giudice in concreto, sulla base delle osservazioni del commissario e del debitore, induca una discussione sulla sussistenza dei crediti, in ossequio al suo potere di controllo sulla procedura stessa. E d’altra parte risulta quasi necessitato che sussista tale controllo, se si considera che la formazione delle maggioranze può essere del tutto casuale in relazione alla presenza dei creditori all’adunanza, può dipendere dalla contestazione su crediti non rappresentati, e dunque diventa importante che sussista un controllo.
Contestazioni sulle decisioni del giudice delegato, e comunque dispute sul calcolo delle maggioranze e sull’ammontare della massa passiva, possono essere mosse in sede di omologazione del concordato, se determinanti per l’approvazione del concordato o per il suo successo.
Nel caso di specie alcuna contestazione è sorta in sede di votazione sul credito della ricorrente sicchè alcun controllo ha potuto esercitare il GD o il commissario in tale sede.
Né in questa sede il Tribunale può essere investito direttamente della questione in quanto l’impianto normativo che regola la procedura di concordato preventivo non contempla uno strumento per ottenere la declaratoria di nullità, revoca o inefficacia dell’elenco delle passività formato dal creditore né dei piani di riparto predisposti dal commissario liquidatore sulla base del predetto e prodromico elenco.
In definitiva, in questa sede, è preclusa al Tribunale qualsiasi pronuncia in merito.
Sotto diverso profilo occorre tuttavia osservare che, a prescindere dall’incidenza sulle maggioranze, un creditore che nella proposta non è stato preso in considerazione, oppure è stato considerato per un importo inferiore a quello vantato (come nel caso che ci occupa) o con un rango chirografario anziché prelatizio, può sempre agire per vedere riconosciuto, e soddisfatto nei termini previsti dal concordato, il suo credito dopo l’omologazione, in un separato ordinario procedimento davanti al giudice competente (Cass. 12/11/1993 n. 11192). Ai sensi dell’art. 168 l.f., infatti, dalla pubblicazione del ricorso (per concordato) nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Durante il concordato preventivo non è precluso, però, ai creditori l’esercizio delle azioni di accertamento e di condanna perché, non esistendo un procedimento di verifica dei crediti e in considerazione della obbligatorietà del concordato per tutti i creditori, le questioni relative all’esistenza e all’ammontare del credito devono essere accertate giudizialmente. Concludendo sulla natura dell’accertamento della qualità di creditore, deve notarsi che la giurisprudenza anche recentemente ha ribadito che “l’ammissione o meno di un creditore al voto, e l’omologa sulla base dell’elenco dei creditori presentato all’adunanza, non preclude alcun giudicato sulla esistenza entità o rango dei crediti. Con l’omologa sulla base di un determinato elenco si crea un vincolo in ordine alla riduzione dei crediti in corrispondenza della percentuale offerta, ma non si forma alcun giudicato sull’esistenza, entità o rango di tali crediti, che devono pertanto essere fatti valere non in sede di opposizione all’omologa, cioè nei termini dell’art.183 L.F., bensì con giudizio ordinario” (Cass.12545/2000).
Tanto premesso osserva il Tribunale che nel caso di specie la ricorrente, L.L., deducendo di essere stata licenziata dalla SOCIETÀ in bonis in data 31.07.2009, correttamente ha adito il giudice del lavoro competente per territorio, per ottenere l’accertamento del proprio credito di lavoro (per le causali ivi indicate).
Con sentenza n. 888/2011 in data 16.2.2011 il Tribunale di Milano ha condannato la SEAP a pagare alla ricorrente l’importo di 12.225,51, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al soddisfo, oltre alle spese legali.
Ora tale titolo, sebbene depositato dopo l’omologa del concordato preventivo, si riferisce ad un credito retributivo maturato in data senz’altro antecedente l’omologa del concordato.
In quanto credito “antecedente”, nel senso sopra indicato, esso può e deve senz’altro essere fatto valere nell’ambito della procedura concordataria.
Analoghe considerazioni valgono per il credito documentato dal decreto ingiuntivo n. 5328/2010 che, sebbene risalente al 2.2.2010, si riferisce al TFR maturato dalla istante al 31.12.2008.
Ritiene il Tribunale che le pretese creditorie fondate sui richiamati titoli giudiziali, dovranno trovare necessaria soddisfazione nell’ambito della procedura concordataria e che, dunque, non potrà negarsi alla istante, L.L., di partecipare al concorso nella liquidazione dell’attivo.
In conclusione il liquidatore giudiziale dovrà tenere in debito conto nell’ambito dei prossimi riparti, dei crediti sopra indicati trattandosi, per quanto rilevato dalla documentazione prodotta in atti, di crediti per “causa anteriore” al decreto di omologa.
Sussistono giusti motivi, stante le ragioni del rigetto, per compensare le spese di lite.
PQM
Il Tribunale sulla domanda proposta da L. L., ogni altra istanza disattesa, così provvede:
– dichiara inammissibile il ricorso;
– invita il liquidatore giudiziale, nell’ambito dei prossimi riparti, ad attenersi ai criteri indicati in parte motiva;
– compensa le spese di lite.
Così deciso in Napoli il 21.11.2013
Il Giudice relatore
Dott. A. Notaro
Il Presidente
Dott. L. Di Nosse
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 687/2013