L’annullamento del concordato preventivo omologato, ex art. 186 L.F., nel testo novellato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, è un rimedio concesso ai creditori nei casi in cui la rappresentazione dell’effettiva situazione patrimoniale della società proponente, in base alla quale il concordato è stato approvato dai creditori ed omologato dal tribunale, sia risultata falsata per effetto della dolosa esagerazione del passivo, dell’omessa denuncia di uno o più crediti, ovvero della sottrazione o della dissimulazione di tale orientamento, o di altri atti di frode, idonei ad indurre in errore i creditori sulla fattibilità e sulla convenienza del concordato proposto.
L’azione di annullamento del concordato si pone come una proiezione post omologazione della revoca dell’ammissione ex art. 173 L.F., da cui la possibilità di fare ricorso all’annullamento ogni qual volta il consenso dei creditori sia stato carpito con dolo, e non solo nelle due ipotesi restrittivamente previste dall’art. 138 L.F..
Non ha natura tassativa l’indicazione delle fattispecie ex art. 138 L.F. (esattamente tipizzata dal legislatore “dolosa esagerazione del passivo” o “dolosa sottrazione o dissimulazione rilevante dell’attivo”) la cui ricorrenza può sussistere in altri atti di frode, idonei ad indurre in errore i creditori sulla fattibilità e sulla convenienza del concordato proposto, che rende ammissibile l’annullamento del concordato preventivo.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, sez. prima, Pres. Nappi – Rel. Di Virgilio, con la sentenza n. 18090 del 14.09.2016.
IL CONTESTO NORMATIVO
ART. 138 LEGGE FALLIMENTARE – ANNULLAMENTO DEL CONCORDATO
- Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio con il debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo. Non è ammessa alcuna altra azione di nullità. Si procede a norma dell’articolo 137.
ART. 186 LEGGE FALLIMENTARE RISOLUZIONE E ANNULLAMENTO DEL CONCORDATO
- Ciascuno dei creditori può richiedere la risoluzione del concordato per inadempimento.
- Il concordato non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa importanza.
III. Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato.
- Le disposizioni che precedono non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore.
- Si applicano le disposizioni degli articoli 137 e 138, in quanto compatibili, intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale.
IL CASO
Il Fallimento di una società in liquidazione proponeva il ricorso per Cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Napoli, in accoglimento del reclamo proposto, aveva revocato il decreto di annullamento del concordato preventivo depositato dal Tribunale di Napoli e la sentenza di fallimento, compensando le spese tra le parti.
La Corte di merito aveva rilevato la mancanza dei presupposti per la pronuncia di annullamento del concordato, possibile, ex artt. 138 e 186 L.F., solo nell’ipotesi di dolosa esagerazione del passivo, ovvero di sottrazione o dissimulazione dell’attivo, ma non nel caso della dolosa sottoesposizione del passivo o di esposizione di attivo inesistente.
Secondo la Corte d’Appello, mancava, nel caso in questione, la prova del requisito soggettivo del dolo, nè era riscontrabile la dolosa sottrazione di parte rilevante dell’attivo, costituita dal credito risarcitorio della società nei confronti dei propri amministratori per i danni derivati dagli illeciti oggetto di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, trattandosi di credito subordinato all’esito delle vicende giudiziarie in corso, instaurate dopo l’omologazione del concordato, e comunque di una posta neutra, essendo il credito risarcitorio verso gli amministratori pari all’ammontare delle ulteriori passività.
In sede di legittimità, il Fallimento della società in liquidazione, ricorreva sulla base di un unico motivo di ricorso.
Si difendeva con controricorso la società.
Con l’unico motivo di ricorso, il Fallimento lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 186 e 138 L.F., censurando l’affermazione della Corte partenopea secondo cui il provvedimento di sequestro, nell’ambito del procedimento per l’uso di fatture per operazioni inesistenti e conseguente evasione di imposte, non poteva integrare la fattispecie di dolosa sottrazione o dissimulazione dell’attivo, rilevando che si sarebbe registrato occultamento dell’attivo in relazione al credito risarcitorio nei confronti dei propri amministratori e che, infine, il dolo era da considerarsi in re ipsa, avuto riguardo all’entità delle risorse sottratte.
In linea generale, il ricorrente osservava che l’azione di annullamento del concordato si pone come una proiezione post omologazione della revoca dell’ammissione ex art. 173 L.F., da cui la discendente possibilità di esperire ricorso all’annullamento ogni qual volta il consenso dei creditori sia stato carpito con dolo, e non solo nelle due ipotesi restrittivamente previste dall’art. 138 L.F..
Il Giudice di legittimità osservato che la Corte del merito, nella sentenza impugnata, aveva ritenuto di revocare il decreto di annullamento del concordato preventivo, in quanto non precipuamente rientrante l’attività fraudolenta posta in essere dagli amministratori della società, che aveva determinato un incremento del passivo, nella tipologia tipizzata dal legislatore come “dolosa esagerazione del passivo” o “dolosa sottrazione o dissimulazione rilevante dell’attivo”, rigettava l’impostazione seguita dal Giudice di seconde cure fondata sul riconoscimento di natura tassativa alla indicazione delle fattispecie giustificative dell’annullamento del concordato preventivo.
Il Giudice adito specificava che l’art. 173 L.F., nel prevedere le fattispecie la cui ricorrenza comporta la revoca dell’ammissione al concordato, fa riferimento all’occultamento o dissimulazione di parte dell’attivo, alla dolosa omissione di denuncia di uno o più crediti, all’esposizione di passività insussistenti o “altri atti di frode” e che gli atti di frode in questione, vanno intesi, sul piano oggettivo, come le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l’idoneità a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza, a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata, purchè caratterizzati, sul piano soggettivo, dalla consapevole volontarietà della condotta, di cui, invece, non è necessaria la dolosa preordinazione.
Tanto premesso, gli ermellini sottolineavano che l’annullamento del concordato preventivo omologato, ex art. 186 L.F., nel testo novellato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, costituisce un rimedio concesso ai creditori nei casi in cui la rappresentazione dell’effettiva situazione patrimoniale della società proponente, in base alla quale il concordato è stato approvato dai creditori ed omologato dal tribunale, sia risultata falsata per effetto della dolosa esagerazione del passivo, dell’omessa denuncia di uno o più crediti, ovvero della sottrazione o della dissimulazione di tale orientamento, o di altri atti di frode, idonei ad indurre in errore i creditori sulla fattibilità e sulla convenienza del concordato proposto.
Sulla base di quanto suesposto, la Corte accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata, rinviando la causa innanzi alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.
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