In tema di risarcimento danni condominiali, ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini (vedi Cass.Civ. n.17400/2017, n.3265/2005 e n.4314/2002).
Questo è il principio espresso dalla Corte di Appello di Campobasso, Pres. Ferrucci – Rel. Spinelli, con la sentenza n. 316 del 27 ottobre 2023.
Con atto di citazione ritualmente notificato, il Condominio conveniva in giudizio avanti al Tribunale una società e una banca, richiedendo il risarcimento dei danni causati nell’esecuzione dei lavori commissionati da quest’ultima nei locali di proprietà della prima.
A dire del condominio, a causa dell’incauto utilizzo da parte dell’impresa incaricata dall’istituto bancario (conduttore) di un potente martello pneumatico per la demolizione di un muro di cemento armato nel quale era inglobata una vecchia cassaforte, si sarebbero verificate notevoli lesioni -sia alle parti comuni che a quelle private di alcuni condomini- che arrecavano danni strutturali all’intero fabbricato.
Aggiungeva che la conduttrice, oltre ad avere dato corso ai lavori senza la preventiva autorizzazione e/o comunicazione, aveva installato: nel cortile condominiale retrostante il fabbricato, un condizionatore termico di grandi dimensioni appoggiato al suolo, sulla superficie muraria, delle grandi vetrine ed un’insegna estesa per l’intera facciata, difformi dal precedente contesto architettonico dell’edificio, un’apparecchiatura bancomat in adiacenza al portone condominiale, e una videocamera di sorveglianza sulla parte sovrastante l’insegna diretta verso il bancomat e quindi verso il portone d’ingresso del condominio, per i quali chiedeva il ripristino dei luoghi.
La Corte di Appello ha confermato la sentenza di primo grado, rammentando il principio per il quale “Ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini (vedi Cass.Civ. n.17400/2017, n.3265/2005 e n.4314/2002).
Il Collegio ha poi precisato che l’istallazione del condizionatore, la collocazione di vetrine esterne e l’apposizione dell’insegna sul muro perimetrale comune dell’edificio costituivano legittima esplicazione delle facoltà di cui all’art.1102 c.c., e certamente non arrecavano alcun danno alla cosa comune né tantomeno pregiudicavano la stabilità, la sicurezza ed il decoro architettonico dell’edificio condominiale, costituendo legittimo utilizzo più intenso del bene comune, che non escludeva il diritto degli altri di farne parimenti uso e non alterava la destinazione del bene stesso.
Inoltre, i giudici di seconde cure hanno evidenziato che, per installare le telecamere poste a vigilanza dei negozi, non occorreva l’autorizzazione del condominio: in tale ipotesi, infatti, non si poteva applicare l’art 1122 ter c.c. in quanto non trattavasi di un impianto di videosorveglianza condominiale posto a salvaguardia delle parti comuni, ma di proprietà esclusiva posto a tutela di beni del singolo condominio (e nella fattispecie alle primarie esigenze di sicurezza connesse e collegate allo svolgimento delle attività bancarie), non configurandosi violazione della privacy la ripresa dell’area condominiale destinata alle scale condominiali, al parcheggio o all’ingresso, trattandosi di luoghi destinati all’uso di un numero indeterminato di persone e pertanto esclusi dalla tutela di cui all’art. 615 bis c.p. (sentenza 15 febbraio 2022 n. 317 e Cass.Pen.n.44156/2008).
Pertanto, l’appello è stato rigettato con condanna alle spese di lite.
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