In materia di procedura civile, la confessione giudiziale produce effetti nei confronti della parte che la fa e della parte che la provoca, ma non può acquisire il valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente, in quanto costui non ha alcun potere di disposizione relativamente a situazioni giuridiche facenti capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale e, se anche il giudice ha il potere di apprezzare liberamente la dichiarazione e trarne elementi indiziari di giudizio nei confronti delle altre parti, tali elementi non possono prevalere rispetto alle risultanze di prove dirette.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Di Virgilio – Rel. Besso Marcheis, con la ordinanza n. 28225 del 9 ottobre 2023.
Accadeva che la creditrice conveniva in giudizio i debitori, nel caso di specie i figli di un fratello defunto e l’altro fratello, per ottenere la condanna al pagamento della somma di cinquanta milioni di Lire da lei concessa in prestito illo tempore ai fratelli.
Il giudice, a seguito di interrogatorio formale prestato da uno dei debitori, con sentenza riteneva non prescritto il diritto fatto valere in giudizio e provata la pretesa creditoria; condannando così i debitori al pagamento di Euro 25.822,84.
Gli eredi del fratello defunto proponevano appello avverso la sentenza di prime cure. La corte di appello in parziale riforma della decisione di primo grado rigettava l’appello, ritenendo anch’essa che la parte attrice avesse adempiuto all’onere di provare l’esistenza del credito e che il diritto di credito non si fosse prescritto; accoglieva invece la censura che lamentava la condanna in solido dei debitori e la mancanza di motivazione sul punto, in quanto, essendo eredi, dovevano essere condannati pro-quota e non in solido.
Gli eredi ricorrevano in Cassazione contro la sentenza emessa in grado Appello, negando nei primi tre motivi la opponibilità della confessione resa dal fratello della creditrice.
La Suprema Corte riteneva tali motivi fondati, affermando che la confessione giudiziale produce effetti solo nei confronti di chi la rende e a favore di chi la provoca, non potendo acquisire il valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente.
Per questo accoglieva i primi tre motivi, riteneva assorbito il quarto e cassava la sentenza resa in appello con rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
AMMISSIBILITA’ PROVA TESTIMONIALE – QUIETANZA – DICHIARAZIONE CONFESSORIA
LA PROVA TESTIMONIALE PUÒ ESSERE AMMESSA SOLO SE LA QUIETANZA È FRUTTO DI ERRORE O VIOLENZA
Sentenza | Cassazione civile, Sezioni Unite | 22.09.2014 | n.19888
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno