ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di consorzio volontario costituito per la gestione di parti comuni, l’adesione ad esso da parte dell’acquirente di un immobile compreso nel consorzio deve risultare da una valida manifestazione di volontà. L’adesione tacita ad un consorzio di urbanizzazione è possibile purchè espressamente prevista dalla legge, dallo statuto del consorzio e supportata da fatti concludenti; al di fuori di questi casi l’adesione al consorzio deve essere subordinata ad una specifica e formale manifestazione di volontà.
Questo il principio di diritto statuito con sentenza n. 22641 pronunziata dalla Corte di legittimità in data 03/10/2013 con la quale è stato ribadito un orientamento ormai da tempo consolidato, secondo cui la partecipazione o l’adesione a consorzi volontari, costituiti per la gestione delle parti e servizi degli immobili facenti parte del comprensorio, deve risultare da una valida manifestazione di volontà, giacché in caso contrario saremmo dinnanzi ad una violazione del diritto di non associazione garantito dall’art. 18 Cost.
Per questo motivo, secondo la Suprema Corte è da escludere ogni obbligatorietà del consorzio, anche se quest’ultimo è costituito per la mera gestione di parti e servizi comuni.
I giudici di Piazza Cavour precisano, infatti, che ai consorzi di questo tipo non può applicarsi neanche la disciplina del condominio, dato che in detta disciplina non è prevista per i condomini la possibilità di scegliere se aderire o meno alla gestione delle parti comuni.
Nel condominio, invero, tutti sono tenuti a partecipare pro quota alla gestione comune dello stesso, sin dal momento dell’acquisto dell’immobile compreso in quest’ultimo; in caso di consorzi volontari “costituiti fra proprietari d’immobili per la gestione di parti e servizi comuni, la partecipazione o l’adesione ad esso, da parte dell’acquirente di un immobile compreso nel consorzio, deve risultare da una valida manifestazione di volontà” (Cass. n. 6666 del 30/03/2005), potendo dunque l’acquirente scegliere liberamente anche di non partecipare.
Gli ermellini sono addivenuti a tale decisione in seguito al ricorso avanzato da un consorzio di urbanizzazione che sostenendo la propria natura obbligatoria, aveva ingiunto alla propria controparte il pagamento di una somma a titolo di mancato pagamento di oneri consortili. Deducendo, in particolare, che l’obbligo di versare le quote consortili derivasse da una tacita adesione dell’ingiunta, risultante dall’utilizzo di quest’ultima di parti comuni gestite dal consorzio.
La Corte di Cassazione, investita della decisione, ha rigettato l’eccezione del ricorrente, ritenendo legittimo il provvedimento dei giudici di merito che avevano escluso la partecipazione dell’ingiunta al consorzio ricorrente.
Alla luce delle considerazioni di cui sopra i Giudici di Piazza Cavour hanno pertanto rigettato il ricorso del consorzio ricorrente, condannandolo al pagamento delle spese processuali.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14830/2007 proposto da:
Consorzio alfa PERSONA DEL PRESIDENTE, P.I. (OMISSIS),
– ricorrente –
contro
G.A.;
– intimata –
sul ricorso 19209/2007 proposto da:
G.A. C.F. (OMISSIS),
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
Consorzio alfa;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1728/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/04/2006;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso, previa riunione, per il rigetto del ricorso principale e l’assorbimento di quello incidentale.
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 20.10.95 G.A. proponeva opposizione avverso il decreto ing. n. 8616/95 con il quale il Consorzio le aveva ingiunto il pagamento della somma di L. 1.600.041 a titolo di mancato pagamento di oneri consortili. A motivazione dell’opposizione la G. assumeva di non far parte del Consorzio, del quale contestava la natura obbligatoria, deducendo inoltre l’improponibilità della procedura monitoria ai fini della riscossione dei contributi consortili. Si costituiva il Consorzio contestando la proposta opposizione, in quanto l’attrice doveva ritenersi consorziata, trattandosi di consorzio di urbanizzazione, con riferimento alla convenzione di lottizzazione stipulata suo tempo con il comune di Pomezia.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 1947/2002 rigettava l’opposizione avverso il provvedimento monitorio condannando l’opponente al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni ex 96 c.p.c..
Avverso la sentenza proponeva appello G.A. richiamandosi in sostanza alle proprie precedenti eccezioni e domande; resisteva il Consorzio e l’adita Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 1728/06 depositata in data 6.4.2006,accoglieva l’appello e, in riforma della precedente decisione, revocava il decreto ingiuntivo opposto. Riteneva la Corte Capitolina che doveva escludersi l’obbligatorietà del Consorzio in questione, nel senso che ogni singolo proprietario fosse obbligato a parteciparvi a prescindere dalla sua volontà, non sussistendovi al riguardo alcuna atto autoritativo che ne prevedesse la costituzione e la partecipazione al consorzio stesso, nè era possibile ipotizzare una manifestazione tacita di volontà di partecipazione da parte dell’appellante, visto che l’atto costitutivo e lo statuto dell’ente prevedevano per l’iscrizione al consorzio, la forma scritta. Era comunque onere del Consorzio stesso dimostrare l’adesione della G., in quanto solo la sua partecipazione al Consorzio poteva determinare l’obbligazione della medesima di versare la quota stabilita per l’uso dei servizi consortili. Infine la domande subordinata d’ indebito arricchimento, non era stata formulata in primo grado, mentre non erano utilmente invocabili nella fattispecie neppure le norme sulla comunione.
Avverso la pronuncia propone il Consorzio Marina di Tor San Lorenzo propone ricorso per cassazione, sulla base di 4 mezzi. L’intimata resiste con controricorso, formulando ricorso incidentale condizionato. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
Preliminarmente occorre procedere alla riunione del ricorso principale con quello incidentale ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
1 – Passando all’esame del ricorso principale,con il 1 motivo il Consorzio denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 920, 1110, 1102, 1104 e 1121 c.c.. Deduce che la corte territoriale ha erroneamente escluso il carattere obbligatorio della partecipazione al Consorzio della G., accogliendo l’appello da essa proposto. A tal fine ha omesso di considerare la natura atipica del consorzio ricorrente in quanto, trattandosi di un consorzio di urbanizzazione, reca in sè i connotati di natura associativa e quelli di natura comunista, che si rivelano con la costruzione e con la successiva gestione di vari manufatti d’interesse comune (come:
impianti di depurazione, fognature, strade, servizio guardiania, illuminazione ecc.). Inoltre non ha valutato che l’art. 21 dello Statuto consortile, rinvia alle norme del c.c. per la disciplina delle parti comuni; ha omesso di considerare del tutto la ratio da cui è scaturito il Consorzio e che la partecipazione allo stesso può avvenire anche tacitamente; ha trascurato inoltre che anche dall’atto di acquisto dell’unità immobiliari della G., si evince chiaramente la natura obbligatoria del consorzio stesso e che l’appartenenza ad esso può ben essere dedotta per facta concludentia.
Il motivo non è fondato.
Ciò posto, occorre premettere che questa S.C. si è già pronunciata circa la natura non obbligatoria del Consorzio di Marina di Tor San Lorenzo in altra controversia proposta dallo stesso Consorzio contro altri proprietari di immobili (Cass. n. 5889/2010 del 19.11.2009) e le ragioni poste a base della decisione non possono che essere totalmente condivise.
Tanto rilevato, giova ancora sottolineare che, la giurisprudenza di legittimità, ha sottolineato altresì, che, “le disposizioni in materia di condominio possono legittimamente ritenersi applicabili al consorzio costituito tra proprietari di immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, pur appartenendo indiscutibilmente il consorzio alla categoria delle associazioni, non esistendo schemi obbligati per la costituzione di tali enti, ed assumendo, per l’effetto, rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie. Salvo che la legge o lo statuto richiedano la forma espressa o addirittura quella scritta, la volontà di partecipare alla costituzione del consorzio o di aderire al consorzio già costituito può essere manifestata anche tacitamente e desumersi da presunzioni o fatti concludenti, quali la consapevolezza di acquistare un immobile compreso in un consorzio oppure l’utilizzazione in concreto dei servizi posti a disposizione dei consorziati. Solo la partecipazione al consorzio può determinare l’obbligazione di versare la quota stabilita dagli organi statutariamente competenti, legittimando la pretesa di pagamento (Cass. n. 13537 del 15/09/2003).
Ciò posto, nella fattispecie intanto va esclusa l’ipotesi di adesione tacita al consorzio, in quanto – come ha osservato la Corte capitolina – l’art. 4 dello Statuto che prevede espressamente la domanda scritta per l’ingresso del consorzio in qualità di soci per tutti coloro che non hanno partecipato all’atto costitutivo del consorzio, ciò che fa ritenere che la partecipazione al consorzio non possa essere automatica, per facta concludentia, essendo invece subordinata ad una specifica e formale manifestazione di volontà.
Va pure ricordata con l’occasione, una pronuncia di questa S.C.,secondo la quale inoltre, “In tema di consorzi volontari costituiti fra proprietari d’immobili per la gestione di parti e servizi comuni, la partecipazione o l’adesione ad esso da parte dell’acquirente di un immobile compreso nel consorzio deve risultare da una valida manifestazione di volontà, giacchè altrimenti sarebbe violato il diritto di non associazione garantito dall’ari 18 Cost.” (Cass. n. 6666 del 30/03/2005).
D’altra parte anche il riferimento alle norme sul condominio appare inconferente, atteso che l’obbligatorietà del consorzio non potrebbe desumersi per l’avvenuta costituzione di una communio incidens, in quanto tale circostanza non terrebbe conto del fatto che i proprietari che si trovino in un medesimo comprensorio possono – ma non debbono – unirsi per gestire in comune alcuni servizi, con facoltà di scegliere liberamente lo strumento contrattuale (associazione di fatto, cooperativa, consorzio) ritenuto più idoneo allo scopo (v. Cass. n. 5889/2010 del 19.11.2009 cit.).
Si rileva infine che il quesito di diritto riguardante tale motivo è del tutto generico.
2 – Con il 2^ motivo l’esponente denuncia la violazione dell’art. 1372 c.c., con riferimento alla vantazione ed interpretazione dei documenti prodotti, quali in specie, la clausola di partecipazione obbligatoria al consorzio prevista in tutti gli originari contratti, da cui scaturirebbe un’obbligazione propter rem, atteso che il relativo vincolo (dare vita ad un consorzio di urbanizzazione) dipende dall’essere o meno proprietario di uno o più lotti del comprensorio e tale obbligazione si ricollegherebbe alla disciplina giuridica dettata per la comunione e la servitù.
3 – Con il 4^ motivo l’esponente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., e artt. 1110, 1102 e 1104 c.c., nonchè il vizio di motivazione. Ribadisce che l’affermazione della corte capitolina che esclude l’obbligatorietà della partecipazione della G. al Consorzio, deve ritenersi in contrasto con le richiamate norme sulla comunione, mentre non sarebbe convenientemente motivata. Non è stato considerata nel giusto modo l’originaria convenzione di lottizzazione con il Comune di Pomezia e la società lottizzante, come “atto autoritativo da cui scaturiva il Consorzio obbligatorio”. De resto, le opere di viabilità, idriche, fognarie ecc. erano state realizzate da tutti condomini e quindi anche dai danti causa della G., che nel trasferire la società avevano ad essa trasferito anche la compartecipazione a dette strutture, necessarie per consentire l’uso e l’utilizzo dell’immobile.
Le due doglianze che precedono possono essere esaminate congiuntamente, e sono entrambe infondate.
Invero non è possibile ritenere che dalla semplice qualificazione come propter rem della obbligazione assunta con la sottoscrizione dell’atto di acquisto del lotto conseguirebbe la natura obbligatoria del Consorzio in esame al quale l’acquirente si sarebbe impegnato ad aderire (v. Cass. 5889/2010). La giurisprudenza di questa Corte, infatti, ha statuito che “in tema di consorzi volontari costituiti fra proprietari d’immobili per la gestione di parti e servizi comuni, la partecipazione o l’adesione ad esso da parte dell’acquirente di un immobile compreso nel consorzio deve risultare da una valida manifestazione di volontà” (Cass., n. 6666 del 2005). “L’obbligo di chi subentra nella proprietà di un immobile facente parte di un consorzio, dunque, non può essere affermato ritenendo l’obbligazione di pagamento delle spese consortili una obbligazione propter rem, giacchè tali obbligazioni sono caratterizzate dal requisito della tipicità, con la conseguenza che possono sorgere per contratto solo nei casi e col contenuto espressamente previsti dalla legge” (Cass., n. 25289 del 2007, 5889/2010). Parimenti insussistente si appalesa il vizio di motivazione e la relativa censura si risolve in una richiesta di un diverso apprezzamento di merito, come tale inammissibile in questa sede di legittimità stante la corretta e congrua motivazione della sentenza (Cass. n. 15849/2007).
4 – Ritornando al 3^ motivo con esso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2041 c.c. nonchè l’omessa pronuncia sulla domanda subordinata ex art. 2041 c.c.; sostiene che non si tratta di domanda nuova in quanto era stata formulata e reiterata per tutto il corso del giudizio di 1^ grado.
La doglianza non ha pregio. Tale domanda invero originariamente proposta dal Consorzio, non era stata più coltivata in appello a fronte dell’impugnazione della G..
Conclusivamente il ricorso principale va rigettato, ciò che comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato (eccezione d’incompetenza del tribunale per la presenza di un clausola arbitrale (compromissoria) nell’atto costitutivo del consorzio sollevata dalla G., ma non esaminata in precedenza perchè assorbita).
Per il principio della soccombenza le spese processuali sono poste a carico del ricorrente.
PQM
Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente Consorzio al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2013.
Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2013
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 591/2013