In presenza della facoltà dei correntisti di operare separatamente, l’operazione posta in atto da uno solo dei cointestatari vincola anche gli altri.
Al contempo, proprio perché in caso di cointestazione disgiunta l’atto di disposizione del singolo correntista vincola gli altri, dovendosi ritenere attuato col consenso di questi, è stabilito che ogni contitolare del rapporto sia solidalmente responsabile nei confronti della Banca per il saldo passivo del conto corrente. Non rileva, in proposito, che l’esposizione verso l’Istituto di credito discenda dal finanziamento accordato dalla Banca stessa in favore di uno o di alcuni soltanto dei correntisti.
Questi i principi espressi dalla Cassazione civile, sez. prima, Pres. Ambrosio – Rel. Falabella, con la sentenza n. 9063 del 07.04.2017.
Nel caso in esame, la Banca conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Modena, alcuni clienti, titolari di un rapporto di apertura di credito per un certo importo, accordata cumulativamente e disgiuntivamente ai convenuti ed a soggetto cointestatario, oltre che di un rapporto di deposito titoli in custodia, mentre altro rapporto di deposito di titoli, era intestato unicamente al soggetto cointestatario.
Nell’atto introduttivo del giudizio, l’Istituto di credito deduceva che i clienti avevano disconosciuto le sottoscrizioni da loro apposte in calce alle richieste di aumento dell’apertura di credito successive a quella iniziale e che avevano richiesto la liquidazione del deposito titoli loro intestato, dedotta una certa somma.
La Banca assumeva di essere legittimata, in base alla convenzione di conto corrente, a compensare le ragioni creditorie del conto con quelle debitorie dipendenti da altri rapporti e domandava che, previo accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni apposte sulle richieste di aumento dell’apertura di credito, il Tribunale dichiarasse che i convenuti erano suoi debitori, jure proprio ovvero jure successionis, per l’esposizione del conto corrente.
I convenuti si costituivano in giudizio operando il disconoscimento delle firme apposte sui moduli per la richiesta di ampliamento dell’apertura di credito e chiedendo il rigetto delle domande di controparte o, in subordine, l’accoglimento delle stesse nei limiti del saldo attivo dell’eredità beneficiata: in proposito, eccepivano di aver accettato l’eredità con il beneficio di inventario e rilevavano che l’accettazione, determinando la separazione del patrimonio del de cuius da quello degli eredi e la limitazione di responsabilità di questi ultimi, comportava che la compensazione potesse attuarsi solo entro il valore accertato dei beni residui dopo il pagamento dei crediti dell’eredità beneficiata.
A seguito dell’esperimento di consulenza tecnica d’ufficio diretta all’accertamento dell’autenticità delle firme contestate, il Tribunale di Modena accertava che alla data della proposizione della domanda, i convenuti erano debitori, in solido, del saldo passivo del conto corrente e dichiarava la legittimità della compensazione operata dalla Banca tra tale saldo passivo e le poste attive del conto di deposito titoli.
Avverso la sentenza del Giudice di prime cure, proponevano appello i convenuti, chiedendone l’integrale riforma.
La Corte di Appello di Bologna rigettava il gravame, osservando che con l’apertura del conto corrente “a delega disgiunta” ciascun intestatario aveva assunto il rischio per l’altrui operato, sicchè in relazione ad ogni operazione intrapresa doveva applicarsi il principio di solidarietà di cui agli artt. 1854 e 1292 c.c.; in altri termini, la solidarietà passiva, che dunque connotava il conto corrente bancario, consentiva alla Banca di richiedere il pagamento del saldo ad uno qualsiasi dei cointestatari.
La Corte emiliana richiamava, in proposito, l’affermazione del Giudice di primo grado secondo cui l’apertura di credito in conto corrente aveva comportato l’effetto di far confluire una disponibilità di denaro nella sfera dell’intestatario del conto determinando, nel caso di conto cointestato, l’ulteriore conseguenza per cui tutti i contitolari dovevano risultare solidalmente responsabili nei confronti della Banca del saldo passivo derivante dall’utilizzo dell’apertura di credito, a prescindere dalla riferibilità del rapporto a questo o a quello dei correntisti.
Del resto, aggiungeva la Corte, ciascuno dei cointestatari di un conto si giova dell’apertura di credito concessa a richiesta di uno solo di essi, alimentando il conto corrente bancario di una provvista che entra nella libera disponibilità di tutti i correntisti.
Avverso la decisione del Giudice del gravame, proponevano ricorso per Cassazione i clienti, a cui resisteva la Banca con controricorso.
I ricorrenti lamentavano, in particolare, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., commi 1 e 2, artt. 1321, 1854, 1842 e 1852 c.c., nonchè delle norme che disciplinano il contratto di conto corrente bancario e quello di apertura di credito, eccependo l’illogicità e la “intrinseca ingiustizia” della pronuncia impugnata, atteso che la Corte di Bologna aveva, asseritamente, confuso due titoli giuridici autonomi e distinti tra loro: il contratto di conto corrente cointestato e il contratto di apertura di credito regolato sul medesimo conto, disciplinanti rapporti autonomi e distinti.
Ad avviso dei ricorrenti, dunque, l’art. 1854 c.c., non poteva trovare applicazione, dovendo per contro prevalere la norma generale dell’art. 1372 c.c., comma 2, secondo cui il contratto produce effetto solo tra le parti che lo hanno concluso; pertanto, le estensioni dell’apertura di credito, una volta acclarata la falsità delle firme riconducibili ai ricorrenti, avrebbero potuto dunque interessare il defunto cointestatario, non anche essi ricorrenti.
La Suprema Corte richiamava, preliminarmente, la disposizione contenuta nell’art. 1854 c.c., secondo cui nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori e debitori dei saldi del conto.
Dalla mera cointestazione del conto non discende la riferibilità ad uno dei correntisti delle operazioni poste in essere dall’altro. E’ necessario, a tal fine, che il contratto preveda la facoltà dei correntisti di operare separatamente, in quanto, in assenza di apposita disposizione negoziale, non è dato di affermare la presunzione del consenso dei contitolari all’operazione posta in essere da uno solo di essi.
Infatti, la contestazione del conto fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto, non anche l’esistenza del reciproco consenso dei cointestatari del conto alle operazioni poste in atto da uno di loro: consenso che, invece, è preventivamente manifestato allorquando sia accordata ad ogni contitolare del conto il potere di effettuare operazioni in modo disgiunto.
In presenza della facoltà dei correntisti di operare separatamente, facoltà che deve essere prevista espressamente, l’operazione posta in atto da uno solo dei cointestatari vincola, dunque, anche gli altri.
Operando disgiuntamente, ciascuno dei correntisti, può allora disporre della provvista giacente sul conto; simmetricamente, la Banca si libera, ed esegue la prestazione afferente il servizio di cassa cui è tenuta contrattualmente, effettuando il pagamento o l’accreditamento delle somme secondo quanto gli venga richiesto.
Al contempo, proprio perchè in caso di cointestazione disgiunta l’atto di disposizione del singolo correntista vincola gli altri, dovendosi ritenere attuato col consenso di questi, è previsto che ogni contitolare del rapporto sia solidalmente responsabile nei confronti della banca per il saldo passivo del conto corrente, a nulla rilevando il fatto che l’esposizione verso l’istituto di credito discenda dal finanziamento accordato dalla Banca stessa in favore di uno o di alcuni soltanto dei correntisti.
Quel che conta è che il servizio di cassa della Banca, consistente nella erogazione di somme eccedenti le disponibilità giacenti sul conto, debba intendersi giuridicamente eseguito in favore non del solo correntista che abbia impartito le necessarie disposizioni all’istituto di credito, ma di tutti i correntisti, i quali sono infatti obbligati solidalmente per i saldi passivi del conto a mente del cit. art. 1854 c.c..
Tanto premesso, la Corte di Cassazione, rilevato che la cointestazione disgiunta del conto era stata affermata dalla Corte di Appello e che sul punto non si era registrata alcuna censura da parte dei ricorrenti, rigettava il ricorso, condannando i clienti al pagamento delle spese processuali.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
I CONTITOLARI DI UN C.C., QUALORA A FIRMA DISGIUNTA, SI PRESUMONO CREDITORI E DEBITORI IN SOLIDO DEL SALDO
Altro | Abf Collegio di Coordinamento, Pres. Massera – Est. Marinari | 10.03.2016 | n.2420
CONTO COINTESTATO: IN CASO DI MORTE IL CONTITOLARE SUPERSTITE PUÒ RISCUOTERE L’INTERO SALDO
LA MORTE DEL COINTESTATARIO DI CONTO CORRENTE BANCARIO NON PRECLUDE AL SUPERSTITE IL COMPIMENTO DI OPERAZIONI ATTIVE E PASSIVE SUL CONTO
Sentenza | Cassazione civile, sezione prima | 03.06.2014 | n.12385
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