ISSN 2385-1376
Testo massima
Il cointestatario di un conto corrente bancario, anche se abilitato a compiere operazioni autonomamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, della somma depositata in misura eccedente la quota di sua spettanza.
E’ questo il principio di diritto statuito dalla Cassazione civile, sezione seconda, con sentenza n.26991 pronunziata in data 02/12/2013 in materia di conto corrente cointestato.
Nel caso di specie, essendo deceduto uno dei due cointestatari di un conto corrente bancario, uno degli eredi ab intestato del cointestatario defunto aveva citato in giudizio il cointestatario superstite per sentirlo condannare alla corresponsione, nei suoi confronti, di quanto ancora dovutole relativamente alla sua quota ereditaria.
Il cointestatario superstite, a sua volta, contestava la fondatezza della domanda attorea, sostenendo che quanto depositato sul conto corrente dovesse ritenersi per il 50% di sua appartenenza, ai sensi dell’art. 1298, comma 2, c.c.
Soccombente tanto in primo grado quanto in appello, il cointestatario superstite ricorreva allora per cassazione, lamentando, in particolare, l’omessa o comunque carente e insufficiente motivazione circa la clausola, apposta al contratto di conto corrente bancario cointestato, che prevedeva la facoltà di disposizione disgiunta delle somme depositate, nonché la violazione dell’art. 1298, comma 2, c.c., a norma del quale la cointestazione di un conto corrente comporta la presunzione, relativa, di uguaglianza delle parti di ciascun correntista.
Ebbene, la Suprema Corte, chiamata a pronunziarsi sul caso de quo, ha ritenuto infondato il ricorso sul presupposto che l’art.1854 cc, secondo cui nel caso di conto corrente cointestato gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto, disciplina soltanto i rapporti tra i correntisti e la banca, laddove il vincolo di solidarietà dei cointestatari del conto, nei rapporti interni, è regolato dall’art.1298 cc, comma 2, secondo il quale le parti di ciascuno si presumono eguali, se non risulta diversamente.
Alla luce di tale disposizione normativa, dunque, il concreditore, nei rapporti interni, non può disporre oltre il 50% delle somme risultanti da rapporti bancari solidali, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, e, ove risulti provato che il saldo attivo di un rapporto bancario cointestato discenda dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto dei cointestatari, si deve escludere che l’altro cointestatario, nei rapporti interni, possa avanzare diritti sul saldo medesimo.
I giudici di legittimità, in motivazione, hanno altresì evidenziato come la clausola del contratto di conto corrente bancario cointestato a più persone, la quale abiliti le medesime a compiere operazioni autonomamente, rileva solo sul piano dei rapporti esterni tra cointestatari e banca, facendo sì che ciascun contitolare del conto, con effetti vincolanti anche per gli altri, possa pretendere dalla banca il pagamento per l’intero e impartire alla stessa ordini per l’intero; viceversa, nel rapporto interno tra i contitolari del conto corrente, il debito e il credito solidale si dividono in quote uguali, salvo che non risulti diversamente.
In conclusione, dunque, i giudici di legittimità, sulla base di tale iter argomentativo, hanno rigettato il ricorso condannando la ricorrente al pagamento delle spese.
Testo del provvedimento
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