ISSN 2385-1376
Testo massima
In caso di deposito bancario intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere, sino alla estinzione del rapporto, operazioni, attive e passive, anche disgiuntamente, il contitolare ha diritto di chiedere, anche dopo la morte dell’altro, l’adempimento dell’intero saldo del libretto di deposito a risparmio e l’adempimento così conseguito libera la banca verso gli eredi dell’altro contitolare.
È quanto stabilito dalla Cassazione civile, sezione prima, con la sentenza n. 12385 pronunziata il 03/06/2014 in materia di conto cointestato.
Nel caso di specie, la Suprema Corte è stata chiamata a decidere se la morte del cointestatario di conto corrente bancario determini l’estinzione del rapporto con la Banca e, di conseguenza, il congelamento del conto, precludendo così ogni atto di disposizione su di esso da parte del contitolare superstite.
Ebbene, i giudici di legittimità, risolvendo definitivamente il caso de quo, hanno statuito che, nell’ambito di un rapporto di conto corrente bancario cointestato, in caso di morte l’altro contitolare può legittimamente chiedere l’adempimento dell’intero saldo contenuto sul conto se ciò è espressamente contemplato dalle norme contrattuali.
In applicazione di tale principio, dunque, la Corte di Cassazione ha ritenuto che, nella fattispecie in esame, la morte del cointestatario di conto corrente bancario non determinasse l’estinzione del rapporto e che pertanto il cointestatario fosse legittimato ad operare sul conto corrente in assenza di opposizione del coerede, con conseguente liberazione della banca verso gli eredi del contitolare defunto.
Alla luce di tali considerazioni, dunque, gli ermellini, ritenuto legittimo il comportamento della banca, la quale aveva correttamente consentito al cointestatario superstite di prelevare il residuo credito presente sul conto in seguito al decesso del contitolare, hanno rigettato il ricorso.
In materia di conto corrente cointestato, è bene precisare che l’art. 48, 4 comma, del t.u. in materia di imposta di successioni e donazioni, statuisce che “Le aziende e gli istituti di credito, le società e gli enti che emettono azioni, obbligazioni, cartelle, certificati ed altri titoli di qualsiasi specie, anche provvisori, non possono provvedere ad alcuna annotazione nelle loro scritture né ad alcuna operazione concernente i titoli trasferiti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all’art. 27, 4° comma, della dichiarazione di successione o integrativa con l’indicazione dei suddetti titoli, o dell’intervenuto accertamento in rettifica o d’ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall’interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione“.
Orbene, la richiamata disposizione impone agli istituti di credito un adempimento che può essere qualificato alla stregua di un vero e proprio vincolo di indisponibilità della somma, atteso che la presentazione della denuncia di successione da parte degli eredi, ovvero della c.d. “dichiarazione negativa” di cui all’art. 28 del medesimo t.u., costituisce una condizione senza la quale il debitore può legittimamente opporre il mancato pagamento nei confronti del creditore, pur legittimato ad esigere la liquidazione della intera somma portata dal libretto.
In conclusione, dunque, il legislatore impone alle banche di sbloccare i crediti e i beni finanziari riconducibili al de cuius solo quando gli eredi abbiano consegnato alla stessa la copia della dichiarazione di successione.
Testo del provvedimento
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