ISSN 2385-1376
Testo massima
Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione si è pronunciata, tra l’altro e in particolare, sul profilo attinente la rilevanza processuale dell’eventuale dimostrazione di intestazione fittizia di conti correnti oggetto di accertamento ai sensi dell’art. 32 del D.p.r. n. 600/73, in rapporto alla esatta ricostruzione del reddito del contribuente.
Ed infatti, ai sensi dell’art. 37 terzo comma del medesimo d.p.r. n. 600/73, “In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona”.
Orbene, il ricorrente in sede di legittimità aveva impugnato la sentenza di secondo grado facendo valere violazione o falsa applicazione di legge (artt. 32 comma 1 n. 2) e 7) e 37 comma 3 D.p.r. n. 600/73) ex art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c. nella parte in cui nel provvedimento era stato affermato che fosse onere della società contribuente dimostrare che i conti correnti intestati a soggetti terzi non fossero ad essa imputabili, anziché addossare all’Ufficio l’onere della dimostrazione dell’intestazione fittizia di tali conti.
Sul medesimo punto, il ricorrente deduceva omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la stessa riconducibilità alla società dei conti intestati a terzi.
La Corte, nel rigettare i motivi di gravame in parte qua, nega che la sentenza impugnata si fondi sull’accertamento di una fittizia intestazione peraltro, evidentemente, rimasta indimostrata, e valorizza, per contro, il concetto di mera “connessione” tra i conti correnti presi in esame in sede di indagini finanziarie e quelli della società, connessione risultante, in questo caso, dall’impianto contabile analizzato dagli accertatori.
Non è necessaria, conclude la pronuncia, la dimostrazione di una intestazione fittizia dei conti, ma è sufficiente all’accertamento di maggior reddito anche solo l’utilizzazione, sia pure parziale, del conto (intestato a terzi realmente e non in modo fittizio) per operazioni riferibili al contribuente.
L’onere della prova che l’Amministrazione era chiamata a soddisfare nel caso di specie non doveva intendersi rivolto, in definitiva, alla dimostrazione di una reale intestazione dei conti correnti difforme da quella apparente, quanto piuttosto alla sussistenza di “connessioni contabili”, valutate giuridicamente rilevanti dal giudice del merito, con pronuncia ritenuta esente (sulla questione) da vizi di legittimità.
Testo del provvedimento
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