Segnalata da Prof. Avv. Giuseppe Sturniolo
L’anticipazione, realizzata nella prassi bancaria mediante la movimentazione di due o più conti correnti di corrispondenza, costituisce nella sostanza un unico rapporto senza soluzione di continuità; questi conti non danno luogo ad autonomi rapporti di conto corrente e non incidono sulla sostanziale unitarietà del rapporto banca – cliente.
In siffatte circostanze, le condizioni contrattuali previste per il conto corrente ordinario sono dunque applicabili anche al conto corrente anticipi.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Messina, Dott.ssa Maria Carmela D’Angelo, con sentenza depositata in data 16.03.2015.
Nel caso in esame, il cliente, sull’assunto d’aver intrattenuto con la Banca dall’anno 2001 all’anno 2008 un rapporto di conto corrente ordinario ed un rapporto di conto anticipi fatture, deduceva l’illegittima applicazione, da parte dell’Istituto di Credito, di interessi ultralegali non negoziati, interessi usurari ex lege n. 108/1996, nonché la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, la commissione di massimo scoperto e giorni di valuta non pattuiti. In forza degli articolati addebiti, il cliente chiedeva dunque declaratoria di illegittimità delle contestate clausole, con condanna della Banca alla restituzione delle somme indebitamente riscosse.
Si costituiva in giudizio la Banca convenuta, la quale concludeva per il rigetto delle domande attoree.
Veniva disposta in sede istruttoria consulenza tecnica d’ufficio, con successiva riconvocazione del CTU “perché provvedesse a rideterminare i saldi dei conti, applicando anche al conto anticipi le medesime condizioni del conto corrente ordinario, ferma restando l’espunzione della commissione di massimo scoperto”.
Il Tribunale adito, nel rigettare ogni domanda attorea, accertando la nullità delle sole clausole relative alla CMS, ha operato una preliminare qualificazione della fattispecie del conto anticipo.
Il Giudice ha, infatti, precisato che l’anticipazione, realizzata nella prassi bancaria mediante la movimentazione di due o più conti correnti di corrispondenza, costituisce nella sostanza un unico rapporto senza soluzione di continuità; “questi conti non danno luogo ad autonomi rapporti di conto corrente, ovvero non incidono sulla sostanziale unitarietà del rapporto banca cliente, a mezzo di un unico conto corrente eventualmente integrato, poi, al suo interno da più conti ausiliari”.
Posta tale premessa, il Tribunale ha, dunque, provveduto a sconfessare il primo assunto attoreo, relativo alla pretesa illegittimità della clausola che prevedeva il tasso debitore in misura ultralegale. Il Giudice ha fatto discendere la legittimità dell’impugnata clausola dalla circostanza che “la pattuizione di interessi ultralegali non è di per sé viziata da nullità, essendo consentito alle parti di determinare un tasso d’interesse superiore a quello legale, purché ciò avvenga in forma scritta e sussistendo l’illiceità del negozio soltanto nel caso in cui si ravvisino gli estremi del reato di usura” (cfr. Cass. n. 603/2013).
Del pari infondata è stata giudicata la censura relativa all’addebito di interessi usurari, essendosi il cliente limitato a contestare genericamente il superamento del tasso soglia, senza assolvere al prescritto onus probandi, che imponeva la tempestiva allegazione dei decreti ministeriali di rilevazione del tasso effettivo globale, riferiti al periodo in cui si sarebbero verificate le presunte operazioni a tasso usurario.
Il cliente assumeva altresì che nel corso del rapporto di conto corrente, la Banca avesse illegittimamente applicato la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi.
Il Tribunale ha invece accertato la validità ed efficacia della contestata clausola di capitalizzazione trimestrale, poiché afferente ad un contratto sottoscritto in data 6 febbraio 2001 – dunque successivo alla delibera del CICR del 09.02.2000 – e “pattuita a condizione di reciprocità”. Decisivo, in tal senso, il disposto dell’art. 6 della menzionata delibera, in forza del quale “le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto”.
In conclusione, il Tribunale ha ritenuto che “spese e commissioni, tassi di interesse ultralegali e giorni di valuta siano stati legittimamente applicati dalla Banca convenuta in esecuzione degli accordi validamente intercorsi con il cliente. La clausola di ricapitalizzazione deve ritenersi valida ed efficace, afferendo ad un contratto sottoscritto in data 6 febbraio 2001”, accogliendo esclusivamente la richiesta di nullità della commissione di massimo scoperto per carenza di causa.
L’applicazione dei principi sopra esposti in sede di CTU, ha consentito di rilevare un saldo a debito per il correntista relativamente al conto anticipo ed un saldo a credito relativamente al conto corrente ordinario; il saldo netto delle due posizioni esprimeva un debito del cliente nei confronti della Banca. In considerazione di tale ultimo rilievo, essendo cioè stato accertato un credito della Banca, il Tribunale ne ha rigettato la domanda di condanna.
Da detta sentenza è emerso un importante principio: le pattuizioni del conto corrente ordinario si estendono anche al collegato conto anticipi, rappresentando di fatto un unico rapporto bancario, formalmente diviso solo per problematiche di natura tecnica, essendo il conto anticipi un mero sottoconto.
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