Segnalato da Avv. Mauro Gheda – Studio Legale Bazoli e Associati di Brescia
In materia di nullità di contratti bancari per assenza della firma della Banca, spetta a chi spiega l’eccezione di nullità allegare e provare il fatto costitutivo della sua eccezione, quindi in assenza della dimostrazione, mediante produzione da parte degli opponenti, che il documento in possesso del debitore principale o del garante non reca la sottoscrizione di Banca, il contratto deve ritenersi valido.
Il giudice non può rilevare d’ufficio la mancanza della sottoscrizione della banca ove non vengano prodotte in giudizio la copia banca e la copia cliente.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Modena, dott. Susanna Cividali, con sentenza n. 2475 del 27/12/2016.
E accaduto che una Società nonché i suoi fideiussori proponevano opposizione al decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale in favore della Banca, eccependo la nullità del rapporto bancario azionato in decreto per carenza di forma scritta, attesa la mancata sottoscrizione dei contratti da parte dell’istituto di credito.
La Banca opposta, si costituiva in giudizio, contestando integralmente le doglianze degli opponenti e chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo, sia verso il debitore principale che verso i garanti.
Il giudice modenese, pronunciandosi sull’asserita assenza di firma della banca sui contratti di conto corrente, richiamava il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia, secondo cui il requisito della forma scritta ad substantiam è soddisfatto anche se le sottoscrizioni delle parti sono contenute in documenti distinti, purché risulti il collegamento inscindibile del secondo documento al primo, così da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo.
Nella specie, la Banca aveva prodotto copia del contratto, dalla quale risultava che la società garantita, aveva dichiarato di aver ricevuto copia dello stesso e del documento di sintesi, mentre non veniva prodotto dagli opponenti alcun documento che mostrasse la mancanza della sottoscrizione dell’istituto di credito.
Il giudicante affermava che è onere di chi eccepisce la nullità, allegare e provare il fatto costitutivo della sua eccezione, mediante la produzione in giudizio del documento che smentisca la confessione stragiudiziale, e quindi in assenza di tale prova, il contratto deve ritenersi valido.
Il Tribunale chiariva le ragioni per le quale la possibile nullità del contratto non è rilevabile di ufficio, evidenziando quanto segue:
1) il rilievo d’ufficio non può che basarsi sul quadro di allegazioni che risulta dagli atti introduttivi;
2) nel caso di specie, la peculiarità, data dal fatto che si ammette che le due firme non coesistano sullo stesso documento, implica che per poter procedere al rilievo d’ufficio debbano essere in atti (non una ma) due copie non firmate dalla banca;
3) se una di queste copie, acclarata la sua disponibilità in mano al correntista, non è allegata, il principio di vicinanza della prova, che si aggiunge alla ovvia considerazione per cui chi allega un fatto (assenza di firma nella copia in suo possesso) ha l’onere di provarlo, preclude che dalla mancata produzione del documento derivino effetti favorevoli (qui, la pronuncia di nullità) per chi deve e può produrlo.
Diversamente opinando si imporrebbe alla controparte di dover incorrere in una probatio diabolica, poiché evidentemente, quando la firma del contratto non sia contestuale sullo stesso documento, ogni parte ha la disponibilità esclusiva della copia firmata (o che dovrebbe essere tale) da parte dell’altro contraente e solo tale parte può produrre quella copia, anche la fine di dimostrare che nel caso ciò non sia avvenuto. Viceversa nell’ipotesi in esame è stata prodotta in atti la sola copia nella disponibilità della banca.
Pertanto, in assenza della dimostrazione, mediante produzione da parte degli opponenti, che il documento in possesso del debitore principale o del garante non rechi la sottoscrizione di BANCA il contratto deve ritenersi valido.
Alla luce di tali considerazioni rigettava l’opposizione, confermava il decreto ingiuntivo e condannava gli opponenti al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contenuti pubblicati in rivista:
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IL TRIBUNALE SPIEGA LE RAGIONI DEL DISSENSO RISPETTO ALL’ORIENTAMENTO DELLA CORTE DI CASSAZIONE (N. 5919/2016 E 8395/2016)
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