La sottoscrizione delle parti del modulo che richiama le condizioni economiche equivale ad espressa adesione in forma scritta anche alle predette condizioni, dalle quali può evincersi sia la sufficiente determinatezza del tasso d’interesse, sia la reciprocità nella capitalizzazione in ossequio alle previsioni della delibera Cicr del 2000, sia la sufficiente determinatezza della commissione di massimo scoperto nella parte in cui è indicato il lasso temporale di riferimento e la soglia oltre la quale si applica la stessa.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Napoli, Dott. Diego Ragozini, con la sentenza n. 7378 del 13.06.2016.
Nella fattispecie considerata, un fideiussore proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti quale garante di una società correntista ed in favore di una Banca, disconoscendo la propria sottoscrizione come risultante sul documento di fideiussione ed allegando l’inesistenza del rapporto con la banca ed in particolare, i titoli a lei intestati e nella disponibilità dell’Istituto di credito a titolo di garanzia. L’attore deduceva, in particolare, la nullità del rapporto principale per assenza di forma scritta e la mancata sottoscrizione da parte della società correntista delle principali condizioni economiche tra cui la commissione di massimo scoperto, l’applicazione da parte della convenuta di tassi di interesse usurari, la violazione della clausola di correttezza e buona fede da parte della Banca, dichiaratamente colpevole di aver continuato a far credito al debitore principale, senza alcuna considerazione al mutamento in peius delle sue condizioni patrimoniali generali, nonché la violazione dell’art. 1957 c.c.. In via riconvenzionale, chiedeva condannarsi la Banca opposta al pagamento del controvalore dei titoli coattivamente liquidati a parziale compensazione del debito garantito, non sussistendo alcun valido rapporto di garanzia.
Costituitasi la Banca opposta, preliminarmente allegava la pendenza di altri giudizi di cui chiedeva la riunione. Nel merito, deduceva che l’opponente era la moglie dell’amministratore unico della società correntista, nonché socia al 50% della società, e che la predetta, dapprima, aveva costituito fideiussione in favore della società correntista e, successivamente, pegno di titoli di Banca in sua proprietà per un valore ingente. La convenuta Banca osservava che la garanzia pignoratizia era stata escussa a seguito del mancato pagamento intimato al fideiussore con regolare missiva e che il contratto di garanzia prevedeva la preclusione da ogni eccezione, chiedendo di procedersi alla verificazione della sottoscrizione disconosciuta. In ordine alla presunta violazione dell’art. 1956 c.c. deduceva che il garante, atteso il suo ruolo nella società, non poteva non conoscere l’andamento finanziario della società stessa e quindi nessun affidamento del garante poteva ritenersi leso, contestando la fondatezza della pretesa attorea, così come in ordine alla domanda riconvenzionale.
Al predetto giudizio veniva riunito quello avente ad oggetto l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da altro fideiussore della società correntista, che deduceva la non originalità delle proprie sottoscrizioni alla documentazione offerta dalla Banca, la carenza di potere rappresentativo in capo agli organi della Banca e del procuratore, la nullità del rapporto sottostante, attesa la mancanza di forma scritta anche del tasso d’interesse e l’assenza di causa della cms.
Costituitasi la Banca, deduceva la presenza agli atti di una procura alle liti generale conferita dal legale rappresentante p.t. della Banca agli avvocati costituiti e la regolare sottoscrizione da parte del fideiussore di un contratto autonomo di garanzia. Chiedeva disporsi giudizio di verificazione sulle sottoscrizioni disconosciute dal fideiussore ed, in ordine alla presunta violazione dell’art. 1956 c.c., deduceva che il garante, alla luce del suo ruolo rivestito nella società, non poteva non conoscere l’andamento finanziario della società stessa. Infine, contestava la fondatezza delle eccezioni in ordine alla nullità del rapporto.
Anche la causa avente ad oggetto l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla società correntista veniva riunita.
Nel giudizio in esame, la società correntista, debitrice principale, disconosceva le sottoscrizioni del legale rappresentante, eccependo l’assenza di legittimazione processuale della banca, la nullità del rapporto sottostante per carenza di forma scritta, degli interessi applicati e la nullità della cms. Costituitasi la banca, chiedeva procedersi alla verificazione delle sottoscrizioni e contestava le avverse deduzioni.
Acquisita la documentazione e disposte la consulenze grafiche, la causa veniva assegnata in decisione con i termini di cui all’art. 190 c.p.c..
Il Tribunale di Napoli, preliminarmente, escludeva l’incompatibilità delle difese condotte dagli opponenti che, previo disconoscimento delle sottoscrizioni, avevano esaminato il merito della pretesa della Banca deducendone l’infondatezza, alla luce del principio secondo cui la difesa giudiziale, quale strumento di attuazione del diritto sostanziale, è in sé senza limiti astratti nella misura in cui costituisce una garanzia costituzionale prevista dall’art. 24 Cost. e consente, perciò, alla parte anche di sostenere ragioni che sa esser non fondate, esponendosi al rischio di sanzioni: ne consegue che, anche difese diverse e tra di loro incompatibili, dovranno essere interpretate, ad avviso del Giudice adito, nel senso della subordinazione dell’una, logicamente preliminare all’altra.
In secondo luogo, in ordine alle sottoscrizioni dei contratti di conto corrente, delle fideiussioni e dei documenti relativi alla costituzione di pegno su titoli, osservava che le firme erano risultate autografe e riconducibili ai sottoscrittori, alla luce dell’analisi condotta dal CTU che risultava essere esente da vizi logico-giuridici.
Per quanto riguarda l’eccezione di difetto di legittimazione sostanziale e processuale sollevata in ordine al potere di rappresentanza dei legali della Banca, rilevava la piena legittimità della procura generale alle liti mediante la quale il legale rappresentante della Banca aveva conferito agli avvocati costituiti il potere di rappresentanza processuale, sia pure per relationem, attraverso il richiamo ad un apposito elenco.
In riferimento alla dedotta mancata sottoscrizione delle condizioni economiche del contratto di conto corrente in contestazione, rilevava che le predette condizioni erano state richiamate, seppur per relationem, dal modulo espressamente sottoscritto dal legale rappresentante della società e che, dunque, poteva dirsi integrato il requisito della forma scritta richiesto dall’art. 117 T.U.B..
Il Giudice adito, infine, escludeva, da una parte, la nullità del contratto per difetto di causa, atteso che le parti di un rapporto bancario possono legittimamente convenire, a carico del cliente, il pagamento della commissione di massimo scoperto volta a remunerare l’onere della Banca di esser sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto di conto corrente e, dall’altra, dichiarava l’infondatezza delle deduzioni in ordine alla violazione del principio di buona fede a carico della Banca, atteso che entrambi i garanti erano soci della società e, come tali, soggetti perfettamente a conoscenza della complessiva condizione patrimoniale del debitore principale.
Per le ragioni suesposte, il Tribunale di Napoli, rigettava l’opposizione, confermava il decreto opposto e condannava gli opponenti al pagamento delle spese di lite.
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