ISSN 2385-1376
Testo massima
Nei contratti bancari la mancanza della sottoscrizione da parte dell’istituto di credito non è idonea ad inficiarne la validità atteso che la prescritta redazione per iscritto del contratto deve intendersi quale forma di protezione in favore del cliente, da ritenersi rispettata se sottoscritta dal cliente.
E’ questo il principio di diritto statuito dal Tribunale di Milano, in persona della dott.ssa Laura Cosentini, con sentenza pronunziata in data 12/11/2013, in materia di contratti per la negoziazione di strumenti finanziari.
La sentenza trae origine dall’azione intrapresa da un investitore in danno di un istituto di credito presso il quale aveva acquistato alcune obbligazioni,e diretta ad ottenere la nullità dell’operazione di negoziazione con condanna della Banca alla restituzione dell’importo investito sul presupposto che la predetta banca avesse stipulato l’operazione in assenza di un valido contratto quadro, in quanto privo della sottoscrizione della stessa banca contraente, e senza rilasciare alcuna informazione in merito alla natura ed alla rischiosità delle obbligazioni proposte.
Ebbene, il Tribunale di Milano, ha rilevato che tra i principi posti alla base della normativa finanziaria, bancaria, legislativa e regolamentare, vi è l’esigenza di garantire al cliente, nel relazionarsi all’istituto di credito, chiarezza e trasparenza nell’apprendere le regole del rapporto oggetto di contratto; è in tale prospettiva che si inserisce la prescrizione della forma scritta del contratto quadro a pena di nullità, che è finalizzata a dare rilievo alla trascrizione delle regole contrattuali e a tutelare i contraenti che si trovino in posizione di inferiorità rispetto ad altri.
Il Giudice ha poi espressamente richiamato il disposto normativo di cui all’art.23 del D.lvo 58/98 il quale impone non soltanto la redazione di un contratto a forma scritta, ma prevede l’ulteriore incombente di consegnare al cliente un esemplare dello stesso, sottolineando così l’importanza di un atto scritto che miri ad esplicitare al cliente, in termini chiari e durevoli, le condizioni contrattuali e i diritti e i doveri che ne conseguono.
Alla luce di tale iter argomentativo, il Tribunale di Milano, ritenuto che l’assenza della firma della banca non privi di contenuto il contratto redatto per iscritto o la sua conoscibilità, da parte del cliente, delle regole in esso contenute, ha rigettato la domanda principale di nullità del contratto quadro per vizio di forma, condannando la banca per la sola violazione dell’art.27 Delibera Consob 11522/98.
Finalmente una decisione chiara e precisa che ha ben delineato gli aspetti formali necessari per la validità dei contratti bancari e finanziari i quali, per essere predisposti su moduli precostituiti dalla banca stessa (su carta intestata e quindi che la banca ben conosce), necessitano della sola sottoscrizione del cliente.
Ed invero, la necessità delle forma scritta è regola predisposta nell’interesse sostanziale del cliente alla certa conoscibilità delle regole in esso comprese ove la firma del cliente e solo per lui equivale a sostanza (cd. firma di protezione).
In conclusione, la prescrizione della forma scritta a pena di nullità dei contratti bancari e finanziari può ritenersi rispettata quando il contratto redatto in forma scritta sia sottoscritto dal solo cliente nel cui interesse tale forma è sancito.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
SESTA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Laura Cosentini
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 71709/2010 promossa da:
TIZIO
PARTE ATTRICE
contro
BANCA
PARTE CONVENUTA
CONCLUSIONI
Per parte attrice:
“Piaccia a codesto Ecc.mo Tribunale:
1. in via principale: accertata l’inesistenza e/o nullità e/o inefficacia di un qualsiasi contratto quadro di intermediazione mobiliare intercorso fra il dr. TIZIO e la BANCA prima del 23 novembre 2001, dichiarare la nullità contratto di compravendita di obbligazioni “FINMEK INTL 7% – 04 EUR”, cod. ISIN XS 0138653372″, intercorso in data 23 novembre 2001 fra il dr. TIZIO e la BANCA per il controvalore di 10.029,33.= e risultante da fissato bollato n. 25748 e, per l’effetto condannare la predetta BANCA alla restituzione al dr. TIZIO della somma investita, più la rivalutazione ed interessi;
2. in via subordinata: nella denegata ipotesi che si ritenesse esistente e valido fra le parti, all’epoca dell’operazione dedotta in lite, un contratto quadro di negoziazione, accertare che l’operazione dedotta in lite realizzò una c.d. offerta indiretta posta in essere in violazione della disciplina imperativa dettata a tutela del pubblico risparmio in materia di sollecitazione all’investimento (art. 94 ss. T.U.F., quali vigenti all’epoca e disciplina regolamentare connessa), dichiarare la nullità del contratto di compravendita dedotto in lite per violazione di norme imperative e/o per frode alla legge (art. 1344 e/o 1418 cod. civ.) e, per l’effetto condannare la predetta BANCA alla restituzione al dr. TIZIO della somma investita, più rivalutazione e interessi;
3. in via subordinata: nella denegata e non creduta ipotesi che non vengano accolte le domande sopra formulate, pronunciare l’annullamento del suddetto contratto di compravendita per tutti i motivi dedotti in narrativa;
4. in via ulteriormente subordinata: nella denegata e non creduta ipotesi che venga dichiarata la validità del ridetto contratto di compravendita: accertare la violazione da parte della BANCA dei suoi doveri di diligenza e correttezza (quali previsti dalle norme del Codice Civile, del T.U.F. e dalla connessa normativa regolamentare, dettagliatamente ricordate in narrativa); per l’effetto, condannare la medesima BANCA a risarcire al dr. TIZIO il danno ingiustamente subito tanto per danno emergente quanto per lucro cessante nella misura di 20.000.=, o in quella maggiore o minore che dovesse accertarsi in corso di causa, o a quella che comunque vorrà determinarsi in via equitativa ex art. 1226 cod. civ.;
5. in ogni caso, rigettando la domanda riconvenzionale proposta dalla BANCA, avente ad oggetto la “restituzione delle cedole percepite maggiorate di interessi dall’incasso all’effettivo pagamento“.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa.”
Per parte convenuta:
“Voglia il Tribunale di Milano, contrariis reiectis così giudicare:
Preliminarmente in rito:
Accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione dell’avversa domanda di annullabilità essendo trascorsi più di cinque anni dalla data degli acquisti
Nel merito:
Respingere ogni domanda avversa perché infondata in fatto ed in diritto, per le causali di cui in atti.
In via riconvenzionale subordinata
Nella denegata ipotesi in cui questo illustrissimo Tribunale ritenesse di accogliere la domanda di nullità, di annullamento o di risoluzione, voglia condannare l’ attrice alla restituzione dei titoli per cui è causa e delle cedole percepite maggiorate di interessi dall’incasso all’effettivo pagamento.
Con vittoria di spese diritti ed onorari.
Si chiede l’ammissione della prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova e a prova contraria sui capitoli di prova di controparte che verranno ammessi.
1) Vero che in data 31 luglio 1998, l’ attore si recava presso la Filiale di Milano, Piazza della Repubblica della BANCA, per sottoscrivere il contratto per il servizio di gestione di portafogli (Doc. 6) e per ricevere nuovamente il documento sui rischi generali degli investimenti (Doc. 7).
2) Vero che in tale occasione vennero chieste all’ attore le previste informazioni circa la propria situazione finanziaria e che egli dichiarava di non voler rilasciare tale informazione.
3) Vero che sempre il 31 luglio 1998 il Sig. TIZIO dichiarava di avere come obbiettivo di investimento l’ impiego dinamico del risparmio ed una propensione al rischio media;
4) Vero che in tale occasione il Sig. TIZIO dichiarava la propria esperienza in strumenti finanziari specificando di conoscere la differenza tra titoli azionari e titoli obbligazionari e che sapeva che sarebbero potute essere delle perdite o dei guadagni sul capitale investito.
5) Vero che il giorno 23/11/2001 il sig. TIZIO si recava in Filiale e ordinava l’ acquisto delle obbligazioni FINMEK INTL 7% EUR, sottoscrivendo l’ ordine d’ acquisto e che prima della sottoscrizione dava atto alla Sig.ra A. A. di aver ricevuto la segnalazione di inadeguatezza dell’ operazione e poi confermava l’ intenzione di dar corso all’ operazione.
6) Vero che il Sig. TIZIO, nel momento in cui eseguiva l’ ordine d’ acquisto confermava di essere a conoscenza del fatto che non esisteva garanzia di mantenere invariato il valore dell’ investimento.
7) Vero che il Sig. TIZIO era un investitore informato, competente, che anche nell’ acquisto delle obbligazioni Finmek leggeva attentamente i contratti che sottoscriveva.
8) Vero che il Sig. TIZIO conosceva la differenza tra titoli azionari e titoli obbligazionari.
9) Vero che l’ acquisto di obbligazioni Finmek è stato da lui deciso del tutto autonomamente.
10) Vero che tra le informazioni che il gestore rilasciava al Sig. TIZIO il giorno 23/11/”001 vi erano anche quelle relative alla rischiosità delle obbligazioni Fuinmek, del loro rendimento cedolare, della società emittente, della durata dell’ investimento e comunque tutte quelle notizie disponibili relative al titolo oggetto della negoziazione.
11) Vero che il Sig. TIZIO era dipendente o comunque lavorava per MILANO FINANZA, rivista specializzata in prodotti finanziari.
Si indica a teste la Sig.ra A. A., Via Vittorio Veneto 22, Milano.”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 10.11.10, TIZIOchiamava avanti a questo Tribunale la BANCA lamentando violazioni da parte della Banca delle prescrizioni normative e regolamentari di cui al D.L.vo n.58/98 (TUF) e alla Delibera Consob n.11522/98, ciò con riferimento all’operazione di acquisto di obbligazioni Finmek Intl 7% 04 Eur, effettuata per il prezzo di 10.029,33 il 23.11.2001, su indicazione di dipendente della Banca. Lamentava in particolare l’attore quanto segue:
1. stipulazione dell’operazione in assenza di pregresso valido contratto quadro, attesa la nullità di eventuale contratto privo della sottoscrizione della banca;
2. mancata consegna del Documento sui rischi generali degli investimenti;
3. assenza della benchè minima informazione in merito alla natura e alla rischiosità delle obbligazioni proposte, neppure in merito al fatto che l’emittente non fosse la italiana Finmek s.p.a. bensì una sua controllata olandese, che emetteva obbligazioni sul mercato lussemburghese in elusione dei limiti legali della più severa disciplina italiana, per procurarsi liquidità a fronte dell’alto indebitamente e della crisi attraversata dall’intero gruppo;
4. assenza d’informazione circa il fatto che, come detto nell’Offering Circular, il titolo, peraltro privo di rating e non ancora emesso sul mercato (venendo negoziato nel c.d. grey market), dovesse essere collocato solo presso investitori istituzionali, con esclusione della clientela retail, cui certamente apparteneva l’attore;
5. assenza di avvertimento circa il conflitto d’interessi dell’intermediaria Banca, appartenente allo stesso Gruppo cui apparteneva la collocatrice C. S., e che, prima ancora dell’emissione del titolo, lo smobilizzava sulla clientela retail, riversandone sul cliente il rischio, così rientrando in parte dalla forte esposizione creditoria della stessa nei confronti di Finmek.
Sulla base dei seguenti rilievi in fatto, svolgeva l’attore nell’ordine le seguenti domande:
accertarsi l’inesistenza/nullità del contratto quadro, conseguendone la nullità dell’operazione di negoziazione posta in essere e la condanna della convenuta alla restituzione dell’importo investito;
in subordine dichiararsi la nullità dell’operazione di acquisto, con analoghi effetti restitutori, per violazione da parte dell’intermediario di norme imperative a tutela del risparmio;
in ulteriore subordine pronunciare l’annullamento del suddetto contratto;
in ulteriore subordine accertarsi la violazione da parte della convenuta dei doveri di diligenza e correttezza sanciti dal codice e dalla normativa di settore, e condannarsi la stessa a risarcire all’attore il danno riportato (a seguito del default dell’emittente e del mancato rimborso del titolo alla sua scadenza), nella misura di 20.000,00 comprensiva di danno emergente e lucro cessante.
Costituitasi con comparsa 28.1.11, la Banca convenuta chiedeva il rigetto delle domande tutte poste, eccependo preliminarmente la prescrizione della domanda di annullamento, svolta ben oltre 5 anni dalla conclusione dell’operazione. Negava le asserite lacune ed omissioni informative, e rappresentava l’attore come soggetto decisionista e informato in ambito finanziario, che aveva sottoscritto il contratto quadro (doc. 2) e cui era stato consegnato il Documento su rischi generali degli investimenti (doc.5), e che in sede di sottoscrizione dell’ordine di acquisto aveva dato atto di avere ricevuto segnalazione di inadeguatezza dell’operazione. Osservava peraltro che all’epoca della sua emissione il titolo Finmek non era particolarmente rischioso, né era prevedibile il dissesto dell’emittente, intervenuto dopo tre anni. Negava inoltre che il titolo fosse riservato a investitori professionali dopo la fase del suo collocamento, e che nella fattispecie si era trattato di successiva negoziazione nel mercato secondario, nella fase legittima del grey market, ossia prima della data del primo regolamento. Quanto all’asserita esistenza di conflitto d’interessi, che negava, rimetteva all’attore, sia di provarne la sussistenza dei presupposti, sia di provare che un avvertimento dell’intermediario in proposito avrebbe modificato le sue decisioni d’investimento. Contestando in ogni caso che le asserite – e negate inadempienza informative dell’intermediario potessero condurre a una pronuncia di nullità dell’operazione negoziale, chiedeva il rigetto delle domande risarcitorie poste e in subordine, nel denegato caso di accoglimento, chiedeva sottrarsi al danno patito il valore residuo dei titoli e l’ammontare delle cedole, percepite per 1.225,00.
Concessi termini per memorie difensive e istruttorie, e acquisite prove documentali, all’udienza del 2.7.13, sulle conclusioni precisate dalle parti come in epigrafe, il giudice tratteneva la causa in decisione, dando termini di legge per memorie conclusive e di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si svolgono le seguenti considerazioni a fronte delle opposte domande ed eccezioni delle parti.
Infondata si ritiene preliminarmente la contestazione dell’attore in punto inesistenza/invalidità del contratto quadro.
E’ invero in atti “Contratto di mandato per la negoziazione di strumenti finanziari, ricezione e trasmissione ordine“, contratto che risulta sottoscritto da TIZIOil 24.9.1998, e si reputa che l’evidenziata mancanza della sottoscrizione della Banca sia inidonea ad inficiarne la validità, atteso che la prescritta redazione per iscritto del contratto quadro di negoziazione deve intendersi quale forma c.d. di protezione in favore del cliente, da ritenersi rispettata se sottoscritta dal cliente. Si svolgono in particolare le seguenti considerazioni:
tra i principi alla base della normativa finanziaria (e bancaria), legislativa e regolamentare, si pone l’esigenza di garantire al cliente, nel relazionarsi all’Istituto di Credito, chiarezza e trasparenza nell’apprendere (e comprendere) le regole del rapporto che instaura con detto contraente;
in tale prospettiva va intesa la prescrizione, a pena di nullità, della forma scritta del contratto quadro (o di conto corrente), in linea con l’evoluzione del diritto comunitario, che sta progressivamente ampliando i settori nei quali è imposta la formalizzazione scritta del contratto, forma volta non più soltanto a responsabilizzare l’esplicitazione del consenso delle parti in taluni contratti di particolare incisività nelle relazioni sociali, ma destinata piuttosto a dare rilievo alla trascrizione delle regole contrattuali, perchè siano note a quei contraenti che si trovino in posizione di inferiorità rispetto ad altri (si pensi alla normativa a tutela del consumatore, e si vedano, in tema di servizi finanziari, Investment Service Directive 93/22/EEC, Distance Marketing of Financial Services Directive del 2002, Direttiva MIFID Markets in Financial Instruments Directive 2004/39/CE, Direttiva 2007/64/EC Payment Services Directive, ecc.);
in questi termini è il dato normativo già da tempo recepito nel nostro ordinamento, all’art.23 TUF (D.L.vo 24.2.98 n.58), che impone non solo la redazione di un contratto a forma scritta, ma l’ulteriore incombente di consegnare al cliente un esemplare dello stesso, il che sottolinea l’importanza di un atto scritto che soprattutto svolga la funzione di veicolare al cliente, in termini chiari e durevoli, agevolmente consultabili, le regole del contratto stipulato e i diritti e doveri che ne conseguono;
essenziale diviene con ciò, da un lato la redazione da parte della banca di un atto che comprenda le regole minime normativamente prescritte, e dall’altro la sottoscrizione di tale atto da parte del cliente, che in tal modo viene, sia responsabilizzato circa la serietà dell’impegno negoziale che va ad assumere, sia informato circa il contenuto e la portata dell’attività di intermediazione e negoziazione che demanda alla banca;
è quindi nell’esclusivo interesse del cliente che tale regola di forma viene sancita, a tutela del suo interesse sostanziale alla certa conoscibilità delle regole del mandato di negoziazione dato alla banca (la forma per il cliente, e solo per lui, equivale a sostanza);
di fatto l’assenza della firma della banca non priva di contenuto il contratto redatto per iscritto o la sua conoscibilità da parte del cliente delle regole in esso comprese (di certa provenienza dalla banca), né può ritenersi che la banca abbia un suo sostanziale interesse a sottoscrivere un modulo che essa stessa ha predisposto e quindi ben conosce (la sottoscrizione della banca rileva in termini di consenso alla ricezione dell’incarico di negoziazione, ma nelle controversie all’esame del tribunale, quale la presente, non si assume che la banca si sia sottratta al mandato ricevuto o che lo disconosca, ma che l’abbia eseguito in termini difformi dalle regole che lo governano);
in termini conformi è la specifica sanzione prevista in caso di violazione di tale regola di forma, sanzione espressa quale nullità relativa, ossia nullità che può essere fatta valere solo dall’investitore (art.23 comma 3 TUF), in quanto soggetto nel cui interesse la regola è sancita (e non già dalla Banca, cui quindi non si riconosce alcun interesse tutelato dalla forma scritta);
in termini non dissimili è la disciplina dei contratti bancari, ove l’art.127 TUB (D.L.vo 1.9.93 n.385), che già prevedeva la rilevabilità della nullità da parte del solo correntista, ora sancisce (come riformato dal D.L.vo n.218/10) che “le nullità previste dal presente titolo operano soltanto a vantaggio del cliente e possono essere rilevate d’ufficio dal giudice“, con ciò sottolineando come si tratti di nullità che, a protezione del solo correntista, soggetto debole rispetto all’Istituito di credito, sono rilevabili d’ufficio solo in quanto si rivelino in danno di tale soggetto;
ove d’altro canto si consideri che la normativa comunitaria è solita dettare la regola da rispettare, rimettendo ai singoli ordinamenti d’individuare i rimedi in caso di violazione della stessa, la previsione nel nostro diritto interno dei suddetti specifici rimedi sanzionatori, difformi rispetto alla nullità assoluta di cui all’art.1421 c.c., stigmatizza anch’essa la differenza di tale regola di forma (posta a protezione di uno solo dei due contraenti) rispetto alla regola di forma ad substantiam nelle fattispecie di cui all’art.1350 c.c., la cui mancanza porta alla nullità assoluta, rilevabile anche d’ufficio e che può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse;
se pertanto in caso di contratto finanziario o bancario la forma scritta fosse incompleta (es. contratto quadro che non prevede la forma degli ordini, o contratto di conto corrente che non indica il tasso d’interesse), oppure la forma fosse inesistente (perché non esiste un contratto scritto o perché non è firmato dal cliente), solo il cliente potrà dolersene e denunciare il vizio (formale) del contratto che ritenga lesivo del suo interesse (sostanziale), e potrà dolersene ogni qual volta (ed anche qualora fossero casi isolati nella vigenza del mandato) in cui rivendichi che tale mancanza l’abbia indotto ad impartire ordini d’investimento senza la consapevolezza delle regole di negoziazione;
ove invece il contratto, completo nel suo contenuto cartaceo, fosse unicamente privo della sottoscrizione da parte della banca, non potrebbe il cliente rinvenire in ciò alcuna lesione del proprio interesse sostanziale, atteso che, da un lato, come già detto, è mancanza che non priva di contenuto il contratto e la conoscibilità per il cliente delle regole in esso scritte, e dall’altro la mera carenza formale di firma non potrebbe in ogni caso legittimare la banca, nè ad impugnare il contratto quadro dalla stessa predisposto, sottraendosi -per tale ragione- alle regole in esso sancite (il che è vietato dall’art.23 comma 3 TUF), né ad impugnare la singola operazione negoziale già posta in essere in adempimento di detto mandato;
la prescrizione della forma scritta a pena di nullità dei contratti bancari e finanziari può quindi ritenersi rispettata quando il contratto redatto in forma scritta sia sottoscritto dal cliente, nel cui interesse tale forma è sancita.
Rigettata con ciò la domanda principale di nullità del contratto quadro per vizio di forma (e correlata nullità della successiva operazione di negoziazione qui impugnata), altrettanto inaccoglibile è la domanda subordinata di nullità dell’operazione di acquisto di cui è causa, svolta sul presupposto di asserite violazioni da parte dell’intermediario di norme di condotta in ambito informativo poste a tutela dell’investitore. Ancorchè invero ciò possa essere riscontrato (sono svariate le doglianze che l’attore rivolge all’operato della banca), non ne discenderebbe comunque una pronuncia di nullità, la quale postula, ex art.1418 c.1 c.c., violazione di prescrizioni normative attinenti la validità del contratto (vedi Cass. S.U. n.26725/07), ossia elementi intrinseci della fattispecie negoziale inerenti struttura o contenuto, quali qui non ricorrono.
Parimenti nessuna verifica di fondatezza si ritiene possa svolgersi in merito alla domanda, posta in ulteriore subordine, di annullamento dell’atto di negoziazione per vizio del consenso, reputandosi fondata, ex art.1442 c.c., l’eccezione di prescrizione (quinquennale) sollevata dalla convenuta. Posta in essere l’operazione di acquisto in data 23.11.2001, è solo invero a detta data che può farsi risalire l’asserita erroneità, inconsapevole o indotta dall’intermediario, circa la tipologia del prodotto che il cliente andava ad acquistare, ovvero al più alla data in cui, nel 2004, scaduta l’obbligazione, la stessa non veniva rimborsata e il cliente assume ne apprendesse le effettive caratteristiche (doc.5 attore). Prescritta appariva quindi in ogni caso l’azione di annullamento, notificata alla controparte il 10.11.10, non potendo ritenersi che la mera costituzione in mora di quest’ultima, quale nel caso di specie formalizzata dall’attore con lettera 2/3.11.05 (doc.13) potesse avere avuto efficacia interruttiva della prescrizione; tale effetto si produce invero “limitatamente ai diritti cui corrisponde un obbligo di prestazione della controparte, e non anche rispetto ai diritti potestativi, quali sono quelli miranti alla pronuncia di inefficacia o di annullamento di un contratto, ai quali corrisponde nella controparte una posizione di mera soggezione all’iniziativa altrui”, riconoscendosi in tali casi efficacia interruttiva solo alla domanda giudiziale, che vale a spiegare effetti interruttivi rispetto a qualsiasi diritto soggetto ad estinguersi per l’inerzia del titolare (Cass. n.25468/10). Si rileva peraltro e in ogni caso la genericità e carenza probatoria della domanda di annullamento posta, anche in ordine alla possibile riconoscibilità dell’asserito errore da parte della controparte.
Venendo ora al merito delle plurime doglianze – e correlate residuali domande risarcitorie – che l’attore rivolge all’operato della Banca, si reputa ricorrere, sulla base delle emergenze di causa, l’intervenuta violazione da parte dell’intermediario del disposto di cui all’art.27 Del. Consob n.11522/98, per avere posto in essere l’operazione di negoziazione in oggetto in evidente conflitto d’interesse.
Ci si riferisce in particolare alla circostanza incontestata, e riportata all’epoca in svariate riviste di settore (vedi docc.4 e 7 attore), secondo cui il collocamento del titolo Finmek avveniva ad opera di C., banca d’affari del Gruppo. Ciò è sufficiente per affermare che, se da un lato non presentava di per sé alcuna illiceità l’operazione di vendita dell’obbligazione avvenuta prima ma in vista della sua emissione (nella c.d. fase di grey market), trattandosi di bene futuro che l’alienante si sarebbe procurato (artt.1472 e 1478 c.c.), dall’altro sussisteva un conflitto d’interesse tra Banca e cliente, per l’interesse se non altro indiretto che poteva avere la Banca a proporre e diffondere tra i suoi clienti il titolo del cui collocamento si stava facendo carico azienda del suo gruppo, interesse ritenuto ex lege per ciò solo confliggente con l’interesse del cliente a ricevere notizie trasparenti e imparziali sulle caratteristiche del prodotto (ancor più ove si considerino le linee di credito concesse dalla BANCA a Finmek, da cui un interesse diretto della BANCA a recuperare il credito con il ricavato del collocamento dei bond).
L’assenza di alcuna informazione in proposito da parte della Banca al cliente in sede di negoziazione del titolo (non ve ne è traccia nel modulo d’ordine), comportava violazione del citato art.27, secondo cui “gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo
a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l’investitore sulla natura ed estensione del loro interesse nell’operazione e l’investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all’operazione“.
Ne discende la fondatezza della domanda subordinata dell’attore di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale, quale ravvisabile nell’intervenuta violazione di regole di condotta cui l’intermediario sia tenuto nell’espletamento del servizio di negoziazione, e che, di fonte legale, sono destinate a integrare il regolamento negoziale vigente tra le parti in forza dell’intervenuto contratto quadro.
La regola di condotta di cui al cit. art.27 sancisce il divieto per l’intermediario di operare in conflitto d’interesse, se non previo avvertimento scritto e conseguente – eventuale – autorizzazione scritta del cliente; la negoziazione di operazione in conflitto interesse, ove accertata e non accompagnata da avvertimento scritto in tal senso, è quindi operazione vietata, che non avrebbe dovuto essere posta in essere, divenendo con ciò irrilevante verificare se il cliente, ove avvertito, avrebbe o meno dato il suo consento all’operazione.
Il danno emergente riportato dall’investitore, da individuarsi nella perdita subita dal cliente per avere effettuato operazione di acquisto che non andava effettuata, è quindi pari all’importo investito, nel caso di specie 10.029,33, al netto tuttavia delle cedole inizialmente percepite, in misura di 1.225,00; non è stato provato che il titolo, da presumersi tuttora nella disponibilità del cliente, abbia ad oggi un valore residuo, da conteggiarsi in riduzione della perdita.
Nessun ulteriore danno si ritiene di riconoscere, a titolo di lucro cessante, in assenza di prove ma neppure di allegazione – su possibile diverso investimento dell’importo destinato all’acquisto delle obbligazioni in oggetto.
Sull’importo dovuto, pari a 8.804,33, ed attesa la sua natura di debito di valore, dovranno conteggiarsi rivalutazione monetaria e interessi legali sulla somma via via rivalutata dal 23.11.2001, data dell’esborso, sino alla presente pronuncia; sull’importo così calcolato, che dalla data della sentenza diviene obbligazione di valuta, andranno conteggiati interessi compensativi al tasso legale.
Vista la soccombenza della convenuta, si pone a suo carico la rifusione delle spese di procedimento sostenute dagli attori, liquidate come in dispositivo ex D.M. n.140/12, alla luce dell’importo nella misura riconosciuta.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando in contraddittorio delle parti, ogni ulteriore domanda ed eccezione reietta,
1. accerta l’inadempimento della BANCA., per violazione del disposto di cui all’art.27 Delibera Consob n. 11522/98, con riferimento all’operazione di negoziazione obbligazioni Finmek Intl 7% 04 Eur, effettuata per il prezzo di 10.029,33 il 23.11.2001;
2. condanna per l’effetto la BANCA, in persona del rappresentante legale, a corrispondere a Nicola TIZIO, a titolo di risarcimento del danno, l’importo di 8.804,33, da rivalutarsi secondo indici Istat dal 23.11.2001 sino alla presente pronuncia, oltre interessi legali sull’importo come annualmente rivalutato sino alla sentenza, e quindi sull’importo conteggiato dalla data della sentenza sino al saldo;
3. condanna parte convenuta a rifondere a parte attrice le spese del procedimento, liquidate in 207,00 per esborsi ed 2.500,00 per compensi professionali, oltre CPA e IVA.
Milano, 12.11.2013
Il giudice
Dott.ssa Laura Cosentin
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