ISSN 2385-1376
Testo massima
Il cliente che invochi in giudizio la nullità del contratto intercorso con la banca, deducendone la mancata sottoscrizione da parte di quest’ultima, è tenuto a dimostrare che il perfezionamento dell’accordo sia avvenuto in violazione dell’obbligo della forma scritta, previsto a pena di nullità, ex art. 117 TUB.
In ogni caso, qualora la banca produca in giudizio il documento contenente le indicazioni imposte dal citato articolo 117, la mancanza, sull’atto di una firma del soggetto predisponente non consente di affermare che il contratto sia nullo.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Napoli, dott. Massimiliano Sacchi, con la sentenza n. 8647, depositata in data 11.06.2015, relativamente al contenzioso tra una banca e il correntista, vertente sulla forma dei contratti bancari, sull’accertamento negativo del credito e la ripetizione di indebito.
Il Tribunale di Napoli ha risolto in senso favorevole all’istituto di credito le questioni relative all’onere della prova, ritenendo che, per costante giurisprudenza, “il correntista che domanda la ripetizione di somme indebitamente versate alla Banca, deve allegare e provare i fatti costitutivi della propria pretesa creditoria, ossia l’esecuzione della prestazione e l’inesistenza (originaria o sopravvenuta) del titolo della stessa. Il correntista ha, pertanto, l’obbligo di produrre il contratto di conto corrente e gli estratti conto relativi a tutto il periodo contrattuale, regola la quale trova una sola eccezione nel caso in cui, in virtù del principio della vicinanza della prova, l’onere possa far carico alla Banca convenuta laddove si tratti di documenti relativi al decennio antecedente la domanda o comunque nel caso di esercizio del diritto sostanziale ex art. 119 TUB“.
Il Giudice ha altresì precisato che “l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando su esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo“.
Poste tali premesse, il Tribunale ha ritenuto indimostrato l’assunto attoreo secondo cui, in assenza della sottoscrizione della banca, il contratto di conto corrente debba considerarsi nullo per carenza di forma scritta. Invero, è da ritenersi assolto il requisito della forma scritta, con conseguente validità del contratto, avendo la banca prodotto il documento contenente le indicazioni imposte dall’art. 177 TUB, nonostante la mancanza, sull’atto, di una firma del soggetto predisponente (cioè dell’istituto di credito).
Tale conclusione è confortata da una recente giurisprudenza che, muovendo dalla ratio dell’art. 117 T.U.B., finalizzata alla protezione del correntista contraente debole e alla valorizzazione di esigenze di chiarezza e trasparenza informativa, non ritiene nemmeno necessaria la firma della banca, laddove, come nel caso de quo, risulti la predisposizione del contratto da parte della banca stessa, la firma del correntista e la consegna del contratto al cliente (cfr. App. Torino n. 595/2012; Trib. Novara n. 569/2012; Trib. Milano 21.2.12; Trib. Monza 13.5.2012; Trib. Milano 14268/2013, Trib. Mantova 16.2.2015).
Il giudicante sottolinea che, anche se si volesse valorizzare la circostanza della mancata sottoscrizione del contratto da parte della banca, nondimeno la stessa, producendo in giudizio il documento, ha chiaramente manifestato la propria adesione.
Consolidato, ormai, l’orientamento giurisprudenziale tendente ad affermare che, in materia di contratti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam, il contraente che non abbia materialmente sottoscritto il documento contrattuale può validamente perfezionare il negozio, con efficacia ex tunc, mediante la sua produzione in giudizio, al fine di farne valere gli effetti nei confronti dell’altro contraente, a condizione che quest’ultimo, pur avendo sottoscritto validamente l’atto, non abbia revocato medio tempore il proprio consenso, prima della proposizione della domanda giudiziale.
Il Tribunale di Napoli ha inteso, quindi, condividere l’orientamento della Suprema Corte che, decidendo un caso analogo a quello de quo (cfr. Cass. Civ. n. 4564/2012), ha ritenuto che “anche a voler ritenere che non risulti una copia firmata del contratto da parte della banca, l’intento di questa di avvalersi del contratto risulterebbe comunque, oltre che dal deposito del documento in giudizio, dalle manifestazioni di volontà da questa esternate ai ricorrenti nel corso del rapporto di conto corrente da cui si evidenziano la volontà di avvalersi del contratto (bastano a tal fine le comunicazioni degli estratti conto) con conseguente perfezionamento dello stesso“.
La domanda attorea è stata ritenuta infondata dal Tribunale anche in relazione alla dedotta usura oggettiva, non avendo la parte istante prodotto i decreti ministeriali di rilevazione dei tassi soglia, che avendo natura di atti amministrativi, fanno sì che non operi rispetto ad essi il principio iura novit curia.
Né il Tribunale ha tenuto conto della consulenza di parte, allegata alla produzione dell’attrice, atteso che la stessa costituisce una mera allegazione difensiva priva di efficacia probatoria.
Il Tribunale di Napoli ha, pertanto, rigettato tutte le domande proposte da parte attrice.
Testo del provvedimento
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