Provvedimento segnalato dall’Avv. Mauro Gheda – Studio Legale Bazoli e Associati di Brescia
La legittimazione ad agire per la declaratoria di nullità del negozio è circoscritta a una parte soltanto e deve conseguentemente ritenersi che la forma prevista non sia un requisito indefettibile della manifestazione della volontà contrattuale dettato da preminenti esigenze di indole pubblicistica, in quanto, in assenza dell’iniziativa del soggetto legittimato, quella manifestazione di volontà, pur non tradottasi nella forma stabilita dal legislatore, è comunque idonea a produrre ogni effetto come se quella mancanza non esistesse, e non espone il contratto alla azione di qualsiasi terzo interessato alla sua caducazione né alle consuete conseguenze del rilievo officioso da parte del giudice.
La nullità ex art. 23 TUF è nullità relativa posta a tutela dell’investitore-contraente debole, consentendogli attraverso la forma scritta di prendere precisa conoscenza del contenuto contrattuale, di talché, allorché egli abbia sottoscritto il contratto, risulta raggiunto lo scopo e viene meno la ragione della tutela privilegiata accordata all’investitore e, dunque, viene meno il suo interesse a far valere la nullità.
L’interesse generale e superindividuale alla base della previsione della nullità viene tutelato solo in via indiretta attraverso la valutazione della parte legittimata ed è per tale ragione che la officiosità prevista dall’art. 1421 c.c., non può che limitarsi al rilievo della nullità, rimettendo poi la relativa pronuncia al solo interesse del contraente debole, ovvero del soggetto legittimato a proporre l’azione di nullità, in tal modo evitando che la controparte possa, se vi abbia interesse, sollecitare i poteri officiosi del giudice per un interesse suo proprio, destinato a rimanere fuori dall’orbita della tutela.
Questi i principi espressi dalla Corte d’Appello di Venezia, Pres. Bazzo – Rel. Rigoni con la sentenza n.771 del 07.04.2017.
Nella fattispecie in questione un investitore conveniva in giudizio un istituto di credito, ed eccependo la nullità, l’inesistenza e l’inefficacia di contratti in derivati stipulati con la Banca, chiedeva che venisse dichiarata la risoluzione degli stessi.
Parte attrice, nello specifico, asserendo che la Banca aveva violato gli obblighi comportamentali, proponeva domanda di risarcimento dei danni, con contestuale rivalutazione di ciascun addebito al saldo.
Si costituiva in giudizio la Banca convenuta, contestando in toto le pretese attoree, ne chiedeva il rigetto poiché infondate in fatto e in diritto.
Il Giudice di prime cure, ha ritenuto infondata la domanda di declaratoria di nullità del contratto di negoziazione per difetto di forma scritta proposta dall’attore ma ha asserito, tuttavia la violazione degli obblighi di informazione a carico della Banca, non avendo, quest’ultima, correttamente assunto dal cliente le informazioni relative al suo profilo di rischio.
Avverso l’ordinanza interponeva appello la Banca, ritenendo che il Giudice di primo grado avesse erroneamente dichiarato l’inadempimento degli obblighi informativi in capo alla stessa, non avendo, altresì, valutato correttamente le prove orali assunte nel corso del giudizio.
Si costituiva, tempestivamente in giudizio l’investitore, resistendo al gravame e proponendo appello incidentale, si doleva che il Tribunale aveva erroneamente rigettato la domanda di declaratoria di nullità del contratto sottoscritto.
La Corte, discostandosi dalla pronuncia del giudicante di primo grado, ha ritenuto adempiuti gli obblighi di informazione gravanti sull’istituto di credito, chiarendo che la Banca ha provveduto ad assumere idonea informativa sul profilo di rischio dell’investitore, riscontrato nell’operatività pregressa dello stesso da cui è emerso, in relazione all’elevata consistenza del portafoglio titoli in deposito, un’alta propensione al rischio ed una reale esperienze nel mercato finanziario.
In merito alla domanda riconvenzionale sollevata dall’investitore circa la nullità del contratto per violazione dell’art. 23 TUB, la Corte ha ritenuto del tutto priva di fondamento l’eccezione sollevata circa la mancanza di sottoscrizione della Banca, in quanto non pertinente all’esigenza che la prescrizione formale è volta ad assicurare, finendo per trasformare un presidio posto a tutela della informata e consapevole partecipazione dei clienti in un formalistico strumento per conseguire risultati del tutto al di fuori delle previsioni e dello scopo della norma.
Nello specifico, il collegio ha precisato che la sottoscrizione del contratto, denota il raggiungimento dello scopo facendo venir meno la ragione della tutela privilegiata accordata all’investitore e, dunque, viene meno il suo interesse a far valere la nullità.
Alla luce delle ragioni suesposte il collegio ha accolto l’appello sollevato dalla Banca e ha rigettato l’appello incidentale promosso dall’investitore, condannandolo, altresì al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CONTRATTI BANCARI: VALIDI ANCHE SE SOTTOSCRITTI SOLTANTO DAL CLIENTE
IL TRIBUNALE SPIEGA LE RAGIONI DEL DISSENSO RISPETTO ALL’ORIENTAMENTO DELLA CORTE DI CASSAZIONE (N. 5919/2016 E 8395/2016)
Sentenza | Tribunale di Bergamo, dott.ssa Laura Brambilla | 11.01.2017 | n.26
CONTRATTO BANCARIO: VALIDO ANCHE SE SOTTOSCRITTO DAL SOLO CLIENTE
LA PRODUZIONE IN GIUDIZIO DEL DOCUMENTO DA PARTE DELLA BANCA È EQUIPOLLENTE ALLA SOTTOSCRIZIONE
Sentenza | Corte d’Appello di Napoli, sez. terza, Pres. Giordano – Rel. Cataldi | 28.12.2016 | n.4571
CONTRATTI BANCARI: REQUISITO FORMA SCRITTA ASSOLTO ANCHE OVE DIFETTI SOTTOSCRIZIONE DELLA BANCA
LA FINALITÀ PERSEGUITA DALL’OBBLIGO DI FORMA SCRITTA EX ART. 117 TUB È DI INFORMARE CLIENTE SUI SERVIZI OFFERTI
Sentenza | Tribunale di Pistoia, Dott. Sergio Garofalo | 19.12.2016 | n.1267
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