Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LA MASSIMA
In pendenza dei termini per l’attivazione del procedimento di opposizione allo stato passivo ex art. 98 L.F., l’istanza di messa in mora della curatela ex art. 72 comma 2 L.F., va presentata in ogni caso al Giudice Delegato e non, quindi, al Giudice dell’opposizione allo stato passivo, posto che in tale ultimo caso verrebbe senz’altro dichiarata inammissibile.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Terni, Pres. Zanetti – Rel Nastri con l’ordinanza n. 5497 del 12.06.2018.
IL CASO
Nella fattispecie considerata una società di leasing proponeva opposizione avverso i decreti emessi dal Giudice Delegato al Fallimento del Tribunale di Terni, con i quali era stato dichiarato esecutivo lo stato passivo della società utilizzatrice.
In particolare, con il primo decreto il Tribunale, integralmente rigettava la domanda di ammissione al passivo depositata ex art. 101 L.F., in quanto “considerato che la domanda è fondata sul presupposto della avvenuta risoluzione del contratto prima della dichiarazione di fallimento, secondo la clausola contrattuale che espressamente prevede la facoltà di risolvere il contratto mediante invio di una raccomandata A.R.; considerato tuttavia che la parte non ha in alcun modo provato l’invio di tale raccomandata, per cui i due contratti di leasing dovevano ancora ritenersi in essere e sospesi ai sensi dell’art. 72 L.F.”; con il secondo decreto, al pari e con le identiche motivazioni, integralmente rigettava la domanda di rivendica come formulata dalla stessa parte.
Nella fase di verificazione dei crediti e delle rivendiche in parte qua, il lessor si era riservato in particolare la eventuale e successiva formulazione di una ulteriore domanda di insinuazione, per il recupero degli importi, come effettivamente derivanti dalla comminata risoluzione contrattuale, all’esito delle attività di riallocazione e/o rivendita dei beni oggetto di n. 2 rapporti di locazione finanziaria; in buona sostanza riservandosi una successiva insinuazione, atta a far valere le effettive ragioni creditorie come derivanti dalla esposizione finanziaria residua calcolata sui beni, attualizzata alla data della risoluzione contrattuale.
In vista della prima udienza fissata per la verifica dello stato passivo, il Curatore aveva indi comunicato di aver depositato il proprio progetto ex art. 95 L.F., ove si concludeva per la proposta di rigetto della domanda di ammissione, in quanto “considerato che l’istante non ha allegato alcun documento attestante l’avvenuto scioglimento del contratto in oggetto”; di contra, parzialmente accolta la domanda di rivendica ex art. 103 L.F..
In particolare, la Curatela proponeva l’accoglimento della rivendica del bene immobile oggetto di n. 1 rapporto (Fabbricato ad uso industriale), rigettando invece l’istanza relativa ad n. 1 impianto di surgelazione oggetto dell’altro contratto, giacchè esso non sarebbe risultato “precisamente identificabile nell’inventario fallimentare”.
Avverso il predetto progetto di stato passivo la società di leasing aveva sì assunto in primis, di aver puntualmente allegato in atti la documentazione sufficiente al fine di consentire la ammissione dei crediti insinuati, con la conseguente non necessità di alcuna ulteriore allegazione. Parimenti evidenziava la circostanza che la stessa istante aveva formulato la domanda di ammissione al passivo, unicamente in relazione allo scaduto ed insoluto contrattuale e non anche in relazione alle somme dovute a titolo di esposizione finanziaria residua calcolata sui beni ed attualizzata alla data di risoluzione, in relazione a ciascun rapporto; importi che, pertanto, ben potevano essere richiesti dalla avente diritto, a prescindere dalla intervenuta risoluzione dei contratti. Infine, quanto alla proposta di rigetto riferita alla rivendicazione del bene strumentale, la ricorrente aveva rinviato alla fattura d’acquisto del cespite oggetto del contratto, all’interno della quale esso bene risultava esattamente descritto e completo della indicazione del numero di matricola. Depositati, da ultimo, con le osservazioni al progetto, i piani di ammortamento relativi a ciascun contratto.
Tuttavia, lo abbiamo già scritto, il Giudice Delegato aveva deciso conformemente ai pareri espressi dalla curatela, con il deposito dei progetti.
Con la inevitabile e quindi opposizione allo stato passivo, la società di leasing mosse aspra critica ai provvedimenti emessi dal Giudice delegato, il quale avrebbe potuto assegnare alla curatela il termine non superiore a 60 gg., al fine di consentirle di dichiarare il proprio subentro, o di contra, lo scioglimento, dai n. 2 rapporti di locazione finanziaria; facoltà questa tuttavia, non assolta dal Giudice Delegato, all’interno dei due rispettivi decreti impugnati.
In conseguenza e pertanto delle determinazioni assunte dal Magistrato, la società di leasing formulò istanza ex art. 72 L.F., debitamente trasmessa alla Curatela.
I provvedimenti infatti assunti dal Giudice delegato, non avevano tenuto in alcuna considerazione le conseguenze ed i diversi effetti che derivano nella ipotesi, evidentemente acclarata nella fase della verificazione, di sospensione dei rapporti di locazione finanziaria ex art. 72 L.F., tali da comportare:
A) nella ipotesi di subentro nei contratti in luogo del fallito, la assunzione di tutti gli obblighi come contenuti all’interno degli stessi, con il pagamento e quindi in prededuzione, non solo dei canoni già scaduti ed insoluti alla data del fallimento, ma anche dei canoni a scadere come maturati in epoca successiva la apertura del concorso, ivi compreso l’importo previsto nella ipotesi di esercizio delle opzioni di riscatto;
B) nella ipotesi invece di scioglimento, ex art. 72 comma IV L.F. applicandosi l’art 72 quater L.F., che prevede in primis il pieno diritto della concedente alla restituzione dei beni, con l’onere di versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra allocazione dei beni stessi, avvenute a valori di mercato, rispetto al credito residuo in linea capitale.
Inedito, al contrario, il comportamento assunto nel caso che ci occupa dagli organi della procedura, che aveva colto di sorpresa la creditrice istante, negando la sussistenza di una risoluzione contrattuale già comminata ante concorso e quindi concludendo per la dichiarazione di vigenza ancora alla attualità, dei rapporti de quibus agitur, ma sostanzialmente fermandosi qui…..(sic), senza prendere alcuna posizione in merito agli obblighi come descritti ex lege alle lettere A e B, sopra illustrate.
Si era giunti quindi alla estrema conseguenza di dovere fare ricorso alla messa in mora della curatela ex art. 72 comma 2 L.F., in pendenza dei termini per il promovimento del rito di opposizione allo stato passivo; di contra, emessi i provvedimenti impugnati, ma già allorquando maturato il proprio convincimento in merito alla pendenza ed ancora dei rapporti, essa curatela avrebbe potuto farsi parte diligente, al fine di manifestare spontaneamente al lessor creditore istante i propri intendimenti in merito allo scioglimento o meno, dagli stessi rapporti. Si era quindi giunti ad un situazione paradossale, ove da un lato parte creditrice istante si vedeva costretta ad impugnare i decreti di esecutività dello stato passivo, anche delle rivendiche, onde scongiurarne il passaggio in giudicato ma, dall’altro, in costanza del rito di opposizione, neppure conoscendo ancora le intenzioni della curatela, rebus sic stantibus.
L’inedito comportamento della procedura ed il tenore dei provvedimenti assunti nelle fasi della verifica, comportando anche la necessità di sottolineare il già avvenuto deposito, con le osservazioni al progetto di stato passivo nella fase della verificazione, dei piani di ammortamento finanziario afferenti i rapporti di leasing all’esame, al fine di effettivamente dare atto, in concorso con la disamina degli estratti conto già depositati con la domanda di ammissione al passivo, ma ovviamente formati alla data del fallimento, del credito come effettivamente vantato dalla società di leasing nei confronti della utilizzatrice, laddove la curatela avesse optato per il subentro.
IL COMMENTO
Con il decreto definitivo e non impugnabile oggi in commento, il Tribunale di Terni ha in primis ritenuto corretto il comportamento del giudice delegato, il quale avrebbe correttamente rilevato che in mancanza della prova circa l’avvenuta risoluzione dei contratti di leasing in data anteriore alla dichiarazione di fallimento, l’esecuzione di tali contratti doveva considerarsi sospesa ai sensi del combinato disposto degli artt. 72-quater co. 1, e 72, co. 1, l.f., con conseguente infondatezza – allo stato – delle domande proposte dalla ricorrente. Né avrebbe colto nel segno, l’affermazione dell’opponente secondo cui, nel dichiarare esecutivo lo stato passivo, il giudice delegato avrebbe dovuto assegnare al curatore il termine di cui all’art. 72, co. 2, l.f. per l’esercizio della scelta in merito al subentro nei contratti o allo scioglimento dagli stessi, atteso che l’assegnazione del termine ai sensi della predetta norma, motiva il Tribunale, presuppone un’espressa richiesta da parte del contraente in bonis; richiesta che nella specie non sarebbe stata formulata, se non dopo la dichiarazione di esecutività dello stato passivo.
Ancora il Tribunale di Terni osservando comunque che la curatela resistente, nel far propria la motivazione del giudice delegato in merito alla pendenza dei contratti di leasing al momento della dichiarazione di fallimento, non contestava la proprietà dei beni in capo alla opponente e che tuttavia, quanto all’impianto di surgelazione oggetto di una delle due domande, la stessa curatela aveva specificato che lo stesso non era stato precisamente individuato tra i beni acquisiti all’attivo fallimentare.
Stante e quindi il sopravvenuto scioglimento dai contratti in virtù del mancato subentro da parte del curatore, nel termine assegnatogli dal giudice delegato ai sensi dell’art. 72, co. 2, l.f., il Tribunale ha ritenuto la pretesa restitutoria senz’altro fondata con riferimento all’immobile (v. Cass. 13418/08); né sarebbe valso in senso contrario obiettare che lo scioglimento dei contratti, era avvenuto in corso di causa, ben potendo e dovendo il giudice dell’opposizione allo stato passivo (così come, del resto, il giudice dell’appello: v. ex multìs Cass., SS.UU., 6346/95 e Cass. 6175/08) assumere a fondamento della decisione i fatti sopravvenuti nel corso del giudizio, nella misura in cui tali fatti, non esorbitando del tutto dal thema decidendum, costituiscano un mero sviluppo di quelli inizialmente dedotti.
La domanda di rivendica dell’impianto di surgelazione, motiva lo stesso Tribunale, non ha invece trovato accoglimento, poiché presupposto ineludibile per l’ammissibilità della domanda di rivendica o restituzione, è l’avvenuta apprensione del bene all’attivo fallimentare, che nella specie non sarebbe stata provata dall’opponente, la quale, d’altra parte, non aveva proposto dinanzi al giudice delegato (fino a quando avrebbe potuto, ossia fino all’udienza ex art. 95 l.f..) domanda di ammissione al passivo per il controvalore del bene alla data di apertura del concorso, anche eventualmente in subordine rispetto alla domanda principale di rivendica.
Ancora il Tribunale di Terni, a modifica dei provvedimenti in parte qua, ha ritenuto fondata la domanda di ammissione al passivo per i canoni scaduti in data anteriore alla dichiarazione di fallimento, quantificati in base ai dettagliati piani di ammortamento allegati alla domanda di insinuazione e non specificamente contestati dal curatore; ciò stante il disposto dell’art. 72-quater, co. 3, l.f. come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità (secondo cui, mentre i canoni non ancora scaduti al momento dell’apertura della procedura fallimentare sono oggetto di un diritto di credito meramente eventuale e limitato alla differenza tra tali canoni e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene, il credito inerente ai canoni già scaduti alla data della dichiarazione di fallimento, essendo sorto anteriormente al concorso, va ammesso al passivo – a prescindere dalla nuova allocazione del bene – al lordo degli interessi di mora).
Quanto alle spese processuali, esse sono state integralmente compensate.
In buona sostanza appalesandosi salvifico l’intervento svolto dalla creditrice istante, che ha avuto buona cura di formulare al giudice delegato (E NON ANCHE AL GIUDICE DELLA OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO che la avrebbe senz’altro dichiarata inammissibile,) l’istanza EX ART. 72 COMMA 2 l.f., in pendenza e quindi dei termini per la impugnativa dei decreti, ex art. 98 e ss L.F.
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