La nullità per difetto di forma scritta, contenuta nell’art. 23, comma 3, del d.lgs n. 58 del 1998, può essere fatta valere esclusivamente dall’investitore con la conseguenza che gli effetti processuali e sostanziali dell’accertamento operano soltanto a suo vantaggio. L’intermediario, tuttavia, ove la domanda sia diretta a colpire soltanto alcuni ordini di acquisto, può opporre l’eccezione di buona fede, se la selezione della nullità determini un ingiustificato sacrificio economico a suo danno, alla luce della complessiva esecuzione degli ordini, conseguiti alla conclusione del contratto quadro.
Questo il principio espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28314 del 04.11.2019.
La pronuncia fa riferimento ai cd. contratti monofirma ed è volta a risolvere il contrasto interpretativo in ordine alla legittimità o meno della limitazione degli effetti derivanti dall’accertamento della nullità del contratto quadro ai soli ordini oggetto della domanda proposta dall’investitore, in relazione a ordini di acquisto di titoli finanziari.
Per le Sezioni Unite, l’uso selettivo delle nullità da parte del cliente deve essere informato al principio di buona fede. Palese il richiamo alla sentenza 898/2018, pronunciata dalla Cassazione sempre a SU, nella parte in cui si è posta l’attenzione sul carattere funzionale dell’obbligo della forma scritta, stabilito dall’art. 23 TUF a pena di nullità in favore del cliente, volto in primis a riequilibrare l’asimmetria informativa-conoscitiva in favore del soggetto contrattualmente più debole. Su quest’ultimo, però, grava anche un obbligo solidaristico che impone che l’esercizio del diritto, potestativamente riconosciutogli, di far valere la nullità di protezione.
Il Collegio, pertanto, ritiene che criterio guida nel valutare la legittimità dell’uso selettivo delle nullità di protezione nei contratti d’investimento debba pertanto essere il principio di buona fede, per evitare che l’esercizio dell’azione in sede giurisdizionale possa produrre effetti distorsivi ed estranei alla ratio riequilibratrice in funzione della quale lo strumento di protezione è stato introdotto. L’avvenuto uso selettivo della nullità non comporta automaticamente, di per sé, la violazione del principio di buona fede perché, diversamente ragionando, si determinerebbe un effetto sostanzialmente abrogativo del regime giuridico delle nullità di protezione, dal momento che si stabilirebbe un’equivalenza, senza alcuna verifica di effettività, tra uso selettivo delle nullità e violazione del canone di buona fede.
Può accertarsi che gli ordini non colpiti dall’azione di nullità abbiano prodotto un rendimento economico superiore al pregiudizio confluito nel petitum. In tale ipotesi, può essere opposta, ed al solo effetto di paralizzare gli effetti della dichiarazione di nullità degli ordini selezionati, l’eccezione di buona fede, al fine di non determinare un ingiustificato sacrificio economico in capo all’intermediario stesso. Può, tuttavia, accertarsi che un danno per l’investitore, anche al netto dei rendimenti degli investimenti relativi agli ordini non colpiti dall’azione di nullità, si sia comunque determinato. Entro il limite del pregiudizio per l’investitore accertato in giudizio, l’azione di nullità non contrasta con il principio di buona fede.
La conseguenza alla quale pervengono le Sezioni Unite è che della dichiarata invalidità del contratto quadro può avvalersi soltanto l’investitore, sia sul piano sostanziale della legittimazione esclusiva che su quello sostanziale dell’operatività ad esclusivo vantaggio di esso. L’intermediario, alla luce del peculiare regime giuridico delle nullità di protezione, non può avvalersi degli effetti diretti di tale nullità e non è conseguentemente legittimato ad agire in via riconvenzionale od in via autonoma ex artt. 1422 e 2033 cod. civ., potendo solo, come sopra detto, quando sussistono i presupposti e nei limiti precisati, opporre l’eccezione paralizzante di buona fede, che, pur non configurando eccezione in senso stretto, tuttavia deve essere oggetto di specifica allegazione.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti provvedimenti pubblicati in Rivista:
CONTRATTO QUADRO MONOFIRMA: È SUFFICIENTE LA SOLA SOTTOSCRIZIONE DELL’INVESTITORE
NON È NECESSARIA LA FIRMA DELL’INTERMEDIARIO IL CUI CONSENSO PUÒ DESUMERSI PER FACTA CONCLUDENTIA
Sentenza | Cassazione Civile Sezioni Unite, Pres. Rordorf – Rel. Di Virgilio | 16.01.2018 | n.898
http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/contratto-quadro-monofirma-sufficiente-la-sola-sottoscrizione-dellinvestitore
CONTRATTO QUADRO: IL REQUISITO DELLA FORMA SCRITTA È RISPETTATO ANCHE SE C’È LA SOTTOSCRIZIONE DEL SOLO CLIENTE
E’ SUFFICIENTE CHE NON SIA CONTESTATA LA CONSEGNA E LA SUCCESSIVA ESECUZIONE
Sentenza | Corte d’Appello di Bologna, Pres. Velotti – Rel. Cartelli | 09.08.2019 | n.2316
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/contratto-quadro-il-requisito-della-forma-scritta-e-rispettato-anche-se-ce-la-sottoscrizione-del-solo-cliente
CONTRATTI BANCARI: IL REQUISITO DELLA FORMA SCRITTA È RISPETTATO SE FIRMATO DALL’INVESTITORE E UNA COPIA È CONSEGNATA AL CLIENTE
LA DISCIPLINA PER I SERVIZI DI INVESTIMENTO SI ESTENDE ANCHE A TALI CONTRATTI
Sentenza | Tribunale di Pescara, Giudice Cleonice G. Cordisco | 15.07.2019 | n.1156
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/contratti-bancari-il-requisito-della-forma-scritta-e-rispettato-se-firmato-dallinvestitore-e-una-copia-e-consegnata-al-cliente
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