Provvedimento segnalato da Giovan Battista Casalini
In materia di validità, efficacia ed utilizzabilità di un contratto-quadro del quale risulti allegato in atti un esemplare sottoscritto dal solo cliente, l’espressione testuale dell’art. 23 T.U.F., laddove prescrive che i contratti vanno redatti per iscritto e consegnati al cliente, mostra di valorizzare la necessità dell’atto scritto come dettata da esigenze di trasparenza e conoscibilità da parte del cliente stesso e, non, piuttosto, come volta ad assolvere alle funzioni codicistiche di certezza e pubblicità cui è riferita la prescritta forma ad substantiam di cui all’art. 1350 c.c..
La produzione in giudizio da parte della Banca del contratto sottoscritto dal solo cliente, rendendo manifesta l’intenzione dell’Istituto di credito di avvalersi del documento, assume, dunque, valore equipollente alla sua sottoscrizione.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Parma, Pres. Mari – Rel. Sinisi, nell’ordinanza del 20.06.2016, con una pronuncia che si pone in aperto (e motivato) contrasto con i recenti arresti della Corte di Cassazione in materia.
Nel caso di specie, in pendenza del giudizio introdotto per sentire dichiarare la nullità — per difetto di forma ovvero di causa – di un contratto di Interest Rate Swap Liability, una società investitrice richiedeva al Giudice del merito un provvedimento volto a sospendere, ex art.700 c.p.c., il pagamento da parte della Società investitrice in favore della Banca, delle somme periodicamente dovute in esecuzione del contratto o comunque ordinare alla Banca di astenersi da prelevare somme dal conto corrente dell’attrice a tale titolo.
Il Giudice monocratico rigettava, con ordinanza, l’istanza cautelare attesa la insussistenza del fumus boni juris, con conseguente assorbimento dell’esame relativo all’ulteriore presupposto del periculum.
Interposto reclamo, la Società richiedeva al Collegio – in tema di rispetto degli obblighi formali previsti ad substantiam dall’art. 23 TUF con riferimento al contratto quadro regolante il rapporto tra Intermediario e Cliente investitore – di uniformarsi ai recenti arresti della Corte di Cassazione (in particolare a quelli del marzo e aprile 2016), consequenzialmente dichiarando la nullità del contratto-quadro sottoscritto dal solo Cliente.
Il Tribunale, in motivato dissenso rispetto alle tesi della Suprema Corte, sviscerando la questione della validità, efficacia ed utilizzabilità ex art. 23 TUF di un contratto-quadro del quale risulti allegato in atti un esemplare carente della sottoscrizione dell’istituto di credito, ha ritenuto di dover confermare la soluzione adottata dal Giudice monocratico nel provvedimento reclamato.
A parere del Collegio emiliano, in primo luogo l’espressione testuale dell’art.23 T.U.F. – laddove prescrive che i contratti vanno redatti per iscritto e consegnati al cliente – mostra di valorizzare la necessità dell’atto scritto come dettata da esigenze di trasparenza e conoscibilità da parte del cliente stesso e non, piuttosto, come volta ad assolvere alle funzioni codicistiche di certezza e pubblicità cui è riferita la prescritta forma ad substantiam di cui all’art. 1350 c.c.; in tal senso depone, altresì, l’aver rimesso al solo cliente la facoltà di far valere le nullità di forma o, comunque, sancite a suo vantaggio (c.d. nullità di protezione), in conformità ai principi della normativa comunitaria, laddove è nell’interesse del cliente che al medesimo sia reso noto il regolamento contrattuale mentre, all’opposto, alcuno svantaggio gli è arrecato dalla circostanza che la banca, la quale ho predisposto detto regolamento contrattuale, possa non averlo sottoscritto (mancanza che, in ogni caso, non consente all’Istituto alcun diritto di impugnazione).
Occorre pertanto chiarire le ragioni per le quali non appare convincente il recente revirement di legittimità sul punto.
A tal proposito, il Tribunale ha preliminarmente chiarito che le motivazioni espresse nella sentenza n.8395/2016 della S.C. (che riproduce quanto già argomentato in Cass. 5919/16) denotano certamente un’oscillazione ermeneutica all’interno della stessa Corte di legittimità, attesa l’evidente difformità di giudizi portata dai precedenti arresti degli stessi Ermellini (ex multis, Cass.Sez.VI, ord. n. 17740/15 e più ancora Sez. I n.4564/12)
Non essendovi un intervento dirimente delle Sezioni Unite, il Collegio – disattendendo le richieste della società reclamante – ha ritenuto di dover aderire al primo e più risalente dei due orientamenti, che appare più convincente, posto che quello più recente non chiarisce alcuni profili ricostruttivi della materia, ossia:
– per quale motivo il meccanismo di protezione (riconosciuto nel caso di specie) dovrebbe sovvertire la regola, già considerata utile in tutti i casi di forma scritta richiesta ad substantiam, della produzione in giudizio del documento da parte del contraente che non l’ha sottoscritto;
– in quale maniera si possa conciliare l’affermazione della necessità della forma scritta “per manifestare per iscritto la volontà negoziale” con la figura della nullità di protezione e dunque per quale ragione dovrebbe considerarsi precluso alla Banca il potere di eccezione;
– come si configurino i poteri di firma del funzionario di Banca;
– come possa conciliarsi l’affermazione di una nullità di protezione con la possibilità (pure in astratto) che il cliente possa invocare la responsabilità contrattuale dell’istituto (ipotesi più conveniente dal punto di vista economico);
– come possa conciliarsi, dal punto di vista sistematico, la figura prescelta della nullità di protezione e la scelta di una tecnica di disciplina (quello della nullità dell’intero contratto quadro) diverso da quello ordinariamente riconducibile alla figura prescelta (l’integrazione del contratto mediante norma dispositiva).
In definitiva, il Collegio ha ritenuto preferibile e più coerente l’orientamento tradizionale, considerando ‘equipollente’ alla sottoscrizione la produzione in giudizio del documento sottoscritto dalla controparte contrattuale, con conseguente rigetto del reclamo e conferma dell’ordinanza cautelare impugnata.
A margine, si segnala un importante spunto critico del Tribunale emiliano, laddove accenna – senza soffermarvisi ai fini della decisione – alla tematica dell’abuso del diritto, che potrebbe configurarsi ogni qualvolta il cliente-investitore intenda far valere in giudizio vizi genetici del contratto quadro, allorché il risultato economico dell’investimento sia risultato ex post sfavorevole.
Trattasi di tematica che ricorre nel contenzioso in materia di investimento in strumenti finanziari complessi e che su questa Rivista è stata spesso affrontata – non tanto in relazione alle doglianze in ordine alla mancata sottoscrizione del contratto – quanto al profilo della (dedotta) mancanza di causa degli interest rate swap.
È piuttosto comune, infatti, che il cliente agisca nei confronti dell’intermediario, all’esito di un’operazione finanziaria sfavorevole, dolendosi di vizi che attengono, non già all’esecuzione del contratto, ma alla genesi del rapporto.
Avuto riguardo alla tematica della causa dei contratti derivati, la giurisprudenza da tempo sistematicamente respinge tale approccio, potendosi ex post far valere la nullità del contratto per mancanza di causa solo laddove la complessa operazione finanziaria sia assolutamente carente di quel minimo di aleatorietà che caratterizza gli swap. In altri termini, l’alea deve configurarsi (si noti bene: ex ante e non ex post) come meramente apparente, il che accade nel solo remoto caso in cui si dimostri che lo strumento finanziario sia congegnato ab origine in modo tale da non poter generare mai un risultato positivo per il cliente.
A tale interpretazione si conforma anche il Tribunale di Parma, nell’ordinanza in commento.
Se, dunque, l’orientamento dominante ha ormai frenato l’insorgere di un simile contenzioso speculativo, è ragionevole immaginare che la giurisprudenza possa nel breve periodo attestarsi – anche in merito alla problematica della mancata sottoscrizione del contratto da parte della Banca – su posizioni affini alla decisione oggi in commento, che dimostra di privilegiare la “sostanza” del rapporto, a discapito di un formalismo che può aver senso solo dalla parte del cliente (correttamente configurandosi la categoria della “nullità di protezione”).
In mancanza, l’affermarsi del “cieco” formalismo ispirato alle recenti pronunce di legittimità rischia di generare contestazioni “seriali” e di rimettere in discussione rapporti bancari regolarmente intrattenuti per anni, per vizi genetici, a tutto danno della certezza e della buona fede contrattuale (si pensi all’ipotesi del contratto di conto corrente non sottoscritto dalla Banca, che vi abbia poi dato costantemente esecuzione).
In tal senso, di fronte all’incertezza dell’interprete – tornando allo spunto di riflessione fornito dal Tribunale emiliano – può certamente assumere un ruolo centrale la categoria dell’abuso del diritto.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CONTO CORRENTE DI CORRISPONDENZA: VALIDO ED EFFICACE IL CONTRATTO CON MONOFIRMA DEL SOLO CLIENTE
NON VI ALCUNA NORMA CHE PREVEDA L’OBBLIGO DELLA SOTTOSCRIZIONE CONTESTUALE SUL MEDESIMO MODULO
Sentenza | Tribunale di Padova, Dott. Giorgio Bertola | 04.08.2016 |
CONTRATTI BANCARI: PIENAMENTE VALIDI ED EFFICACI PUR IN PRESENZA DELLA SOTTOSCRIZIONE DEL SOLO CLIENTE
RILEVANTE IL COMPORTAMENTO COMPLESSIVO TENUTO DALL’ISTITUTO DI CREDITO NEL CORSO DEL RAPPORTO
Sentenza | Tribunale di Torino, Dott.ssa Maurizia Giusta | 05.07.2016 |
CONTRATTI BANCARI: VALIDI ANCHE SE SOTTOSCRITTI DAL SOLO CLIENTE
LA PRODUZIONE IN GIUDIZIO È “EQUIPOLLENTE” ALLA SOTTOSCRIZIONE MANCANTE
Ordinanza | Tribunale di Parma, dott. Marco Vittoria | 27.06.2016 |
DERIVATI: VALIDO IL CONTRATTO QUADRO DI NEGOZIAZIONE DI STRUMENTI FINANZIARI SOTTOSCRITTO DAL SOLO CLIENTE
È SUFFICIENTE CHE NELLA ACCETTAZIONE DEL CLIENTE VI SIA LA DICHIARAZIONE CHE RIPRODUCE INTEGRALMENTE LA PROPOSTA CONTRATTUALE DELLA BANCA
Sentenza | Tribunale di Bologna, Dott.ssa Silvia Romagnoli | 29.07.2016 | n.1518
CONTRATTO DI CONTO CORRENTE: VALIDO ANCHE IN MANCANZA DELLA FIRMA DELLA BANCA
IL CASO DECISO DALLA CASSAZIONE CON SENTENZA N. 5919/2016 È ASSOLUTAMENTE DIFFERENTE E NON ESTENSIBILE
Sentenza Tribunale di Padova, dott. Giorgio Bertola 29-05-2016
CONTRATTI BANCARI: VALIDI ED EFFICACI, ANCHE IN MANCANZA DELLA FIRMA DELLA BANCA
IL CLIENTE È TENUTO A DIMOSTRARE LA VIOLAZIONE DEL REQUISITO DELLA FORMA SCRITTA EX ART. 117 TUB
Sentenza, Tribunale di Napoli, dott. Massimiliano Sacchi, 11-07-2015 n.8647
CONTRATTI BANCARI: SU MODULI PRESTAMPATI, NON È NECESSARIA FIRMA FUNZIONARIO
Sentenza | Tribunale di Reggio Emilia, dott. Gianluigi Morlini | 28-04-2015
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