ISSN 2385-1376
Testo massima
Perché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale è necessario che tra le parti siano in corso trattative; che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 17698-2007 proposto da:
alfa S.R.L.
– ricorrente –
contro
beta S.P.A.;
– intimata–
avverso la sentenza n. 866/2006 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 19/07/2006, R.G.N. 1856/2003;
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 19 luglio 2006, la Corte di appello di Palermo ha rigettato l’impugnazione proposta dalla alfa s.r.l. avverso la sentenza in data 30 luglio 2002/6 marzo 2003 del Tribunale di Palermo di rigetto della domanda proposta dall’appellante nei confronti della s.p.a. beta per il risarcimento dei danni asseritamente subiti a titolo di responsabilità precontrattuale in relazione a trattative intercorse tra le parti tra il dicembre 1990 e il febbraio 2000 per la locazione di un immobile di cui era proprietaria la alfa s.r.l..
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la alfa srl, svolgendo due motivi.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art.1337 cod. civ. e degli artt.112 e 115 cod. proc. civ. (art.360 cpc., n.3), nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.360 cpc., n.5). In particolare la ricorrente – articolando i quesiti di diritto ex art.366 bis cod. proc. civ.- deduce che erroneamente la Corte territoriale non ha ritenuto sufficiente, ai fini della responsabilità precontrattuale della beta s.p.a., la circostanza che le parti fossero pervenute nella fase finale delle trattative, e ciò sebbene fosse stato raggiunto l’accordo su gran parte di esso; lamenta, inoltre, il vizio di ultrapetizione, per avere i giudici di appello giustificato l’interruzione delle trattative con un argomento diverso da quello addotto dall’altra parte, peraltro erroneamente assegnando valore determinante al mancato raggiungimento dell’accordo sul prezzo e all’assenza di potere decisionale di chi conduceva le trattative.
1.1. Il motivo non merita accoglimento, avendo la sentenza impugnata fatto corretta applicazione dell’art.1337 cod. civ. in relazione alla fattispecie concreta, siccome ricostruita con valutazioni congrue e logiche, risultando priva di fondamento anche la deduzione del vizio di ultrapetizione.
Invero la Corte territoriale ha esattamente enunciato i principi in base ai quali può essere affermata la responsabilità precontrattuale, rilevando come, ai sensi dell’art.1337 cit., è necessario che tra le parti siano in corso trattative; che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto (ex plurimis Cass. 18 giugno 2004, n.11438 già citata nella decisione impugnata;
Cass. 29 marzo 2007, n.7768 e più di recente Cass. 25 gennaio 2012, n.105, nella quale ultima si precisa anche che occorre che il comportamento della parte inadempiente sia stato determinato, se non da malafede, almeno da colpa, e non sia quindi assistito da un giusto motivo).
Orbene, sulla base di tale corretto approccio ermeneutico, la Corte territoriale ha escluso che, nella specie, l’iter formativo del contratto fosse pervenuto, al momento della sua interruzione, ad uno stadio tale da legittimare l’affidamento nella relativa conclusione, segnatamente rimarcando, a tali effetti, la distanza economica tra l’offerta della beta e la controproposta della alfa e, in generale, l’insussistenza di un accordo, sia pure di massima, tra le parti (tantomeno, di una bozza contrattuale); nel contempo ha evidenziato che anche il silenzio prestato dalla beta s.p.a. a fronte della ridetta controproposta – valutato anche alla luce del dato emergente dalla corrispondenza tra le parti, in ordine alla necessità di una futura deliberazione del C.d.A. della stessa società, peraltro limitata al solo esame del progetto per la realizzazione del negozio con il relativo Conto Economico – risultava idoneo, attraverso l’ordinaria diligenza, a precludere il formarsi d’un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, sì che l’odierna ricorrente non poteva sentirsi in qualche modo impegnata.
Merita precisare che – contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente – la Corte territoriale non ha affatto “sostituito” la giustificazione del recesso della controparte, autonomamente indicandola nello scarto economico tra proposta e controproposta, ma ha, piuttosto, individuato nel divario tra le posizioni delle parti uno degli elementi concorrenti ad escludere un tale avanzamento delle trattative, da giustificare l’affidamento dell’odierna ricorrente in ordine al loro perfezionamento.
1.2. Ciò posto, non è ravvisabile il vizio di violazione di legge, giacchè la Corte territoriale ha correttamente valutato i fatti nella prospettiva del paradigma normativo dell’art.1337 cod. civ., pervenendo ad una decisione che esclude in radice il principale presupposto della responsabilità precontrattuale e, correlativamente, preclude ogni indagine sulle ragioni dell’interruzione delle trattative. La mera presenza di trattative non è, infatti, sufficiente ad integrare l’invocata responsabilità e la giustificazione del “recesso” dalle trattative diventa necessaria (per escludere la responsabilità precontrattuale) ove preesista il ragionevole affidamento della controparte sulla successiva conclusione del contratto, derivandone che, nella specie, sarebbe stato onere dell’odierna ricorrente di provare, prima di ogni altra circostanza, l’esistenza di elementi di fatto, idonei ad integrare il dedotto affidamento precontrattuale; e ciò in quanto la responsabilità precontrattuale, derivante dalla violazione della regola di condotta posta dall’art.1337 cod. civ. a tutela del corretto dipanarsi dell’iter formativo del negozio, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, cui vanno applicate le relative regole in tema di distribuzione dell’onere della prova.
1.3. D’altra parte l’accertamento dei presupposti della responsabilità contrattuale, quali lo stadio avanzato delle trattative, il ragionevole affidamento nella conclusione del contratto, e l’assenza d’una giusta causa di recesso, e quindi la violazione dell’obbligo di buona fede, concretano accertamenti di fatto, demandati alla funzione del giudice di merito (Cass. 14 febbraio 2000 n. 1632).
Si rammenta che il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito al giudice di legittimità, non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una revisione del genere si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità il quale deve limitarsi a verificare se siano stati dal ricorrente denunciati specificamente – ed esistano effettivamente – vizi deducibili in sede di legittimità.
Nella specie il procedimento logico-giuridico sviluppato nell’impugnata decisione a sostegno delle riportate affermazioni risulta coerente e razionale, nonchè frutto di un accurato esame delle risultanze di causa, sottraendosi in tal modo al sindacato di legittimità e rivelandosi, per converso, il motivo di ricorso esclusivamente funzionale ad un’inammissibile rivalutazione dei fatti di causa.
Tutto ciò si riflette, ovviamente, sui quesiti di diritto che ora muovono da premesse assertive che non trovano riscontro nella decisione impugnata (quali la circostanza che l’accordo fosse stato raggiunto su gran parte di esso o che le trattative fossero in un avanzato stato), ora si incentrano su un argomento secondario (qual è quello dell’assenza del potere decisionale del soggetto che conduceva le trattative per la Limoni), ora ancora profilano una presunta sostituzione d’ufficio delle ragioni dell’interruzione delle trattative; in tal modo essi si risolvono in interrogativi generici e astratti, inidonei a risolvere la fattispecie concreta, omettendo di confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale si basa sul rilievo che, nella specie, è mancata la prova del formarsi di un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.
2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt.345, 359 e 184 bis cod. proc. civ., nonché dell’art.112 cod. proc. civ., omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo. Al riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte territoriale non si sia pronunciata sulla richiesta di rimessione in termini ai fini della prova (a mezzo di documentazione fotografica, ispezione ed esibizione) di una circostanza, di cui essa alfa s.r.l. era venuta a conoscenza dopo la scadenza delle preclusioni istruttorie e, cioè, che la beta s.p.a. aveva aperto, a minima distanza di tempo e di luogo, un altro esercizio commerciale. A parere della ricorrente la prova di tale comportamento avrebbe confermato la leggerezza con cui la controparte aveva intrapreso le trattative e la non veridicità delle circostanze addotte per giustificare la loro interruzione.
2.1. Il motivo è inammissibile, per la mancata specifica indicazione ai sensi dell’art.366 cpc., n. 6 dell’atto o degli atti processuali in cui sarebbero state formulate le richieste istruttorie, nonchè la correlativa istanza di rimessione in termini.
Si rammenta che la violazione dell’art.112 cod. proc. civ., dedotta da parte ricorrente, pur costituendo un error in procedendo, per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale, non costituisce vizio rilevabile d’ufficio, per cui il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non comporta che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte indicarli. (Cass. 19 marzo 2007, n. 6361).
Peraltro, ove si consideri che la mancata ammissione di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio della sentenza, sotto il profilo dell’omesso o insufficiente esame della relativa istanza, tutte le volte in cui il mezzo stesso sia diretto a dimostrare punti decisivi della controversia, con la conseguenza che la sentenza di merito va cassata per vizio inerente alla motivazione (ai sensi del n.5 e non già del n. 4 dell’art.360 cod. proc. civ.) allorchè tale vizio emerga dall’esame del ragionamento svolto, quale risulta dalla sentenza impugnata (cfr. Cass. 21 aprile 2005, n.8357) – e, cioè, quando il ragionamento, come svolto nella sentenza impugnata, si riveli incompleto, incoerente od illogico – il motivo all’esame, oltre ad incorrere nel difetto di autosufficienza sanzionato dall’art.366 cod. proc. civ., n. 6 si rivela anche manifestamente infondato. Ciò in quanto la “non decisività” delle circostanze di cui trattasi risulta implicitamente affermata laddove la Corte di appello ha evidenziato l’inutilità della stessa verifica delle ragioni dell’interruzione delle trattative per carenza del presupposto essenziale per prefigurare la responsabilità precontrattuale.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2013
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Numero Protocolo Interno : 458/2013