Quando si faccia questione di un contratto di conto corrente pacificamente concluso per iscritto, il cliente, che invochi l’adozione di una sentenza di accertamento della parziale nullità del predetto contratto, perché redatto in violazione delle disposizioni imperative in tema di divieto di anatocismo o di usura, e di condanna della Banca alla restituzione degli importi in ipotesi illegittimamente versati in applicazione delle clausole negoziali colpite da nullità, deve, quindi, produrre in giudizio, nel rispetto delle preclusioni istruttorie, che coincidono con lo spirare dei termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c., gli estratti conto e ogni altra documentazione rilevante. Con la produzione degli estratti conto, difatti, il correntista assolve all’onere di provare sia gli avvenuti pagamenti che la mancanza di causa debendi.
Nell’ipotesi in cui, invece, si alleghi la conclusione del contratto verbis tantum o per fatti concludenti, è possibile che quest’ultima allegazione sia incontroversa tra le parti, e allora il giudice deve dare senz’altro atto dell’integrale nullità del negozio e, quindi, anche dell’assenza di clausole che giustifichino l’applicazione degli interessi ultralegali e della commissione di massimo scoperto. Ma è possibile, pure, che la domanda basata sul mancato perfezionamento del contratto nella forma scritta sia contrastata dalla banca (che quindi sostenga la valida conclusione, in quella forma, del negozio): e in tale seconda ipotesi non può gravarsi il correntista, attore in giudizio, della prova negativa della documentazione dell’accordo, incombendo semmai alla banca convenuta di darne positivo riscontro.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Appello di Napoli, Pres. Casaregola – Rel. Amoroso, con la sentenza n. 4321 del 12 ottobre 2023, con la quale è stato rigettato l’appello proposto avverso la sentenza che aveva rigettato la domanda di ripetizione dell’indebito, sul rilievo della omessa produzione dell’originario contratto di C/C, della quale era onerato l’appellante, quale attore.
L’istanza di nuova produzione del contratto, quale prova nuova indispensabile per la decisione, presentata dalla parte appellante, peraltro, è stata ritenuta inammissibile, dal momento che, a far data dalla novella del 2012, l’ulteriore produzione documentale è consentita solo nell’ipotesi in cui “la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile” (art. 345, comma 3, c.p.c.), circostanza, questa, neanche allegata dall’appellante.
L’appello è, stato dunque, rigettato ed a tanto ha fatto seguito la condanna dell’appellante al pagamento, in favore della Banca appellata, delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
RIPETIZIONE INDEBITO: ONERE DEL CORRENTISTA PRODURRE CONTRATTO ED ESTRATTI CONTO INTEGRALI
IN MANCANZA NON È POSSIBILE RICOSTRUIRE L’INTERO RAPPORTO BANCARIO E DETERMINARE IL SALDO FINALE
Sentenza | Tribunale di Sulmona, Giudice Angelo di Francescantonio | 09.02.2021 | n.39
RIPETIZIONE INDEBITO: LA MANCATA PRODUZIONE DEGLI ESTRATTI CONTO COMPORTA IL RIGETTO DELLA DOMANDA
IL CORRENTISTA DEVE PROVARE IN GIUDIZIO L’INTERA ED INTEGRALE SEQUENZA
Sentenza | Tribunale di Potenza, Giudice Amleto Pisapia | 03.12.2019 | n.996
NELLA PRIMA IPOTESI PUÒ IMPIEGARE ULTERIORI MEZZI DI PROVA VOLTI A FORNIRE INDICAZIONI CERTE E COMPLETE
Sentenza | Corte di Cassazione, I Sez. Civile, Pres. De Chiara – Rel. Falabella | 02.05.2019 | n.11543
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