In presenza di un contratto di gestione, qualora la banca all’interno dello stesso abbia indicato quali strumenti finanziari possono essere inclusi nel portafoglio del cliente, i tipi di operazione che possono essere compiuti, il grado di rischio della linea di gestione e il benchmark di riferimento e qualora gli atti siano stati debitamente sottoscritti dall’investitore, si deve ritenere che la banca abbia offerto all’investitore tutti gli elementi necessari per effettuare consapevoli scelte di investimento.
E’ il principio espresso dalla Corte d’Appello di Milano, Pres. Bonaretti – Rel. D’Anella, con la sentenza n. 386 del 28/01/2019.
Il caso in esame si riferisce ad una controversia fra una cooperativa e due banche incorporanti altro istituto di credito con il quale la cooperativa aveva stipulato due distinti contratti di gestione patrimoniale.
Questi avevano duplice finalità: una prima mutualistica della cooperativa e una seconda di pegno costituito in relazione ad una garanzia fideiussoria in precedenza rilasciata dalla banca alla cooperativa. Tale fideiussione era necessaria per consentire alla cooperativa l’esercizio dell’attività di raccolta prestiti presso i propri soci.
Successivamente, a causa dei presunti inadempimenti della banca, che avrebbe effettuato una serie di investimenti altamente speculativi e rischiosi, non in linea con le caratteristiche della gestione concordate dalle parti, la cooperativa aveva disposto la chiusura delle due linee di gestione.
Per questo motivo, conveniva in giudizio la banca chiedendo la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa dell’illegittima gestione patrimoniale.
Con la sentenza n. 8166/2016 il Tribunale di Milano aveva respinto le domande della cooperativa, la quale aveva presentato appello chiedendo la condanna delle due banche.
Anche in secondo grado, la cooperativa è risultata essere soccombente.
In particolare, la Corte ha accertato che, in occasione della sottoscrizione di entrambi i contratti di gestione, la banca aveva consegnato alla cooperativa il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari e aveva richiesto alla cliente le informazioni sul profilo di rischio, informazioni che la stessa si era rifiutata di fornire.
Nello specifico, con il primo contratto di gestione, la cooperativa aveva scelto una linea di gestione che prevedeva un livello di rischio basso e medio/basso, leva finanziaria pari a 1, la percentuale massima di investimenti azionari pari al 20% e quale benchmark una serie di indici di largo utilizzo tra gli operatori.
Il secondo contratto di gestione, invece, aveva ad oggetto una linea di gestione che prevedeva livello di rischio medio/elevato, leva finanziaria pari a 1,5, con percentuale massima di investimenti azionari del 35% e con parametri di riferimento (benchmark) 65% Fid. Obbligazionari Flessibili e 35% Fid. Flessibili. Per cui, appare chiaro che l’investitore aveva ricevuto dalla banca tutti gli elementi necessari per effettuare consapevoli scelte di investimento.
La Corte ha accertato che l’attività mutualistica svolta dalla cooperativa aveva dimensioni particolarmente elevate, in quanto disponeva di un patrimonio netto di oltre 40 milioni di euro e aveva richiesto una polizza fideiussoria per l’importo di 62,5 milioni di euro al fine di aumentare la sua operatività in termini di mutui erogabili: pertanto tali circostanze escludono che la cooperativa avesse finalità meramente conservative del capitale investito.
Il Collegio giudicante ha, altresì, stabilito che la cooperativa non ha subito alcuna perdita di capitale, conseguente ai rapporti di gestione oggetto di causa.
Inoltre, la Corte ha ritenuto non significative le considerazioni svolte dal CTU, secondo cui differenti scelte di investimento avrebbero consentito di raggiungere risultati maggiori, in quanto la natura dei contratti stipulati non consente di svolgere contestazioni in merito all’opportunità delle scelte di investimento, compiute dal gestore.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, la Corte ha respinto l’appello proposto dalla cooperativa avverso la sentenza di primo grado, confermandola, e ha condannato la stessa alla rifusione delle spese.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
CONTRATTO DI GESTIONE PORTAFOGLIO: INAPPLICABILITA’ DEL PRINCIPIO DI APPROVAZIONE TACITA DEL RENDICONTO
L’INTERMEDIARIO È TENUTO AL PIENO RISPETTO DEGLI OBBLIGHI CONTRATTUALI PER TUTTO IL PERIODO DI GESTIONE
Sentenza | Cassazione civile, prima sezione | 24.02.2014 | n.4393
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/contratto-di-gestione-portafoglio-inapplicabilita-del-principio-di-approvazione-tacita-del-rendiconto
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