ISSN 2385-1376
Testo massima
Nel contratto di prestazione d’opera intellettuale, la possibilità di recedere ad nutum riconosciuta al cliente dall’art. 2237, comma 1, cc non ha carattere inderogabile: la facoltà di recesso può infatti essere esclusa sino alla conclusione del rapporto a fronte di esigenze particolari delle parti. Non è inoltre necessario un accordo specifico ed espresso che sancisca la deroga pattizia alla facoltà di recesso, essendo sufficiente la mera indicazione di un termine ad un rapporto di collaborazione professionale continuativa.
Sono questi i principi sanciti dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n.14016, pronunziata in data 14/06/2013, al termine di una vicenda che ha riguardato lo scioglimento di un rapporto professionale tra un promotore finanziario e un istituto di credito.
Esaminato l’accordo e l’attività svolta dal ricorrente, la Corte d’Appello aveva qualificato il rapporto non come contratto di mandato, bensì come contratto di prestazione d’opera intellettuale.
Riconosciuto il carattere prettamente fiduciario del rapporto e la sostanziale incompatibilità con la pattuizione di una durata minima garantita, la Corte d’Appello aveva pertanto confermato la sentenza di primo grado, condannando l’istituto di credito al pagamento in favore del promotore finanziario della sola indennità sostitutiva di clientela con l’esclusione dei corrispettivi successivi alla risoluzione del contratto e per indennità di preavviso.
Il promotore finanziario ha dunque proposto ricorso per cassazione, contestando non solo la violazione dell’art. 2237 cc, ma anche l’inosservanza delle disposizioni contrattuali.
Si rammenta, in specie, che l’art. 2237, comma 1, cc detta una regola specifica in materia di recesso nell’ambito dei contratti di prestazione d’opera intellettuale: il cliente ha infatti la possibilità di recedere dal contratto, rimborsando al prestatore le spese sostenute e pagando il compenso per l’opera svolta.
Proprio in ragione della disposizione sopra richiamata, il ricorrente ha eccepito che il giudice d’appello non solo non aveva tenuto conto del carattere derogabile della disciplina prevista dall’art. 2237, comma 1, cc., ma non aveva neppure considerato che all’interno del contratto era stato indicato un termine di durata minima garantita dello stesso.
Per il ricorrente era pertanto legittima la richiesta di pagamento dell’indennità sostitutiva di preavviso, perché doveva ritenersi esclusa la facoltà di recesso ad nutum prima della scadenza del rapporto contrattuale.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondati i motivi di doglianza sollevati dal ricorrente, in quanto la Suprema Corte di Cassazione ha oramai da tempo sancito il principio in forza del quale la previsione della possibilità di recesso ad nutum del cliente nel contratto di prestazione d’opera intellettuale ex art. 2237, comma 1, cc non può ritenersi inderogabile.
Laddove sussistano esigenze particolari delle parti, i giudici di legittimità hanno infatti ammesso la possibilità di escludere la facoltà di recesso ad nutum fino al termine del rapporto.
Per poter avere una deroga pattizia alla facoltà di recesso ad nutum, i giudici di legittimità hanno ritenuto inoltre sufficiente anche la semplice apposizione di un termine ad un rapporto di collaborazione professionale continuativa, non ritenendo pertanto indispensabile un patto specifico ed espresso.
I giudici di legittimità hanno quindi accolto le doglianze sollevante dal ricorrente, poiché la sentenza impugnata non aveva valutato la possibile deroga pattizia alla facoltà di recesso ad nutum, essendo stata unicamente fondata sul presupposto dell’incompatibilità del contratto con la pattuizione di una durata minima garantita.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 5105/2011 proposto da:
TIZIO
– ricorrente –
contro
BANCA 1, in persona del legale rappresentante pro tempore, BANCA 2, ALFA S.R.L.;
– intimati –
Nonchè da:
BANCA 2, in persona del legale rappresentante pro tempore;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
TIZIO, BANCA 1 in persona del legale rappresentante pro tempore, BANCA 3, in persona del legale rappresentante pro tempore, ALFA SRL;
– intimati –
Nonchè da:
BANCA 2., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
TIZIO, BANCA 1 in persona del legale rappresentante pro tempore, BANCA 3, in persona del legale rappresentante pro tempore, ALFA SRL;
La Corte di Appello di Roma, pronunciando sull’originario ricorso di TIZIO proposto nei confronti della società in epigrafe accoglieva, confermando la sentenza di primo grado, nei confronti della Banca 3 la domanda concernente il pagamento dell’indennità sostitutiva di clientela e respingeva quella afferente il pagamento dei corrispettivi previsti in relazione alla durata minima garantita del contratto di mandato e quella, azionata in via subordinata, dell’indennità di preavviso.
La Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, riteneva che il contratto definito di mandato, intervenuto tra le parti, doveva qualificarsi, alla stregua del tenore letterale dell’accordo e della successiva attività svolta – come emersa dalla espletata istruttoria – non come mandato, bensì di prestazione d’opera intellettuale. Conseguentemente, secondo la Corte territoriale, trattandosi di rapporto tipicamente fiduciario questo era incompatibile con la pattuizione di una durata minima garantita, sicchè non spettavano i reclamati compensi successivi alla risoluzione del rapporto e la chiesta indennità sostitutiva del preavviso.
Quanto ai compensi maturati antecedentemente alla risoluzione del rapporto rispetto ai quali la controparte aveva sollevato eccezione d’inadempimento – rilevava la Corte del merito che questi trovavano giustificazione nell’avvenuto svolgimento di un attività di collaborazione nel coordinamento dei promotori finanziari che comprovava l’attribuzione di un ruolo più ampio di quello convenuto nel contratto originario consacrato, poi, nel patto aggiuntivo quando, sebbene TIZIO non avesse predisposto alcun piano di reclutamento dei promotori, il contratto gli venne prorogato per altri tre anni.
Avverso questa sentenza TIZIO ricorre in cassazione sulla base di un’unica censura.
Resistono con separati controricorsi la Banca 2 e Banca 3 che impugnano, in ragione di un unico motivo, in via incidentale la sentenza di cui trattasi. Depositano, altresì, nuova procura con autentica notarile.
Le altre parti intimate non svolgono attività difensiva.
I ricorsi vanno riuniti riguardando l’impugnazione della stessa sentenza.
Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi incidentali per difetto di valida procura.
Invero è ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte che in materia di procedimento civile, è inammissibile, per difetto della prescritta procura speciale, il ricorso per cassazione proposto sulla base della procura rilasciata dal ricorrente nell’atto d’appello, essendo quest’ultima inidonea allo scopo perchè conferita con atto separato in data anteriore alla sentenza da impugnare in sede di legittimità e, pertanto, in contrasto con l’obbligo di rilasciare la procura successivamente alla pubblicazione del provvedimento impugnato e con specifico riferimento al giudizio di legittimità (V. per tutte Cass. 12 maggio 2003 n.7181 e Cass. 17 dicembre 2004 n.23501).
Nella specie, come desumesi dall’intestazione dei controricorsi per cassazione, questi risultano proposti sulla base della “procura in calce al ricorso in appello” e, quindi, in virtù di atto separato in data anteriore alla sentenza da impugnare in sede di legittimità.
Infatti la procura per il ricorso per cassazione – che necessariamente ha carattere speciale dovendo riguardare il particolare giudizio davanti alla Corte di cassazione – è valida solo se rilasciata in data successiva alla (già emessa) sentenza impugnata, sicchè il ricorso – ovvero il controricorso – deve essere dichiarato inammissibile qualora la procura, se conferita con atto separato, sia anteriore alla pubblicazione del provvedimento impugnato, restando altresì esclusa ogni possibilità di successiva sanatoria o regolarizzazione (Cfr. Cass.2444/00). Con l’unico motivo del ricorso principale TIZIO, deducendo violazione dell’art.2237 cc, e del contratto 4 gennaio 1999 come rinnovato il 25 ottobre 2000 nonchè omessa motivazione, denuncia che la Corte del merito non tenendo conto della derogabilità della disciplina dettata dall’art.2237 cc, comma 1, ha omesso di considerare che nel contratto vi è stata apposizione di un termine di durata minima garantita che ha comportato l’esclusione della facoltà di recesso ad nutum prima della scadenza contrattuale con conseguente spettanza dell’indennità sostitutiva di preavviso (con ciò rinunciando alla maggiore domanda relativamente al corrispettivo per tutta la durata minima garantita). La censura è fondata nei sensi di seguito indicati.
Nelle giurisprudenza di questa Corte, difatti, dopo un iniziale contrasto degli anni ottanta, si è oramai definitivamente consolidato il principio, che in questa sede va ulteriormente ribadito, secondo il quale la previsione della possibilità di recesso ad nutum del cliente nel contratto di prestazione d’opera intellettuale, quale contemplata dall’art.2337 cc, comma 1, non ha carattere inderogabile e, quindi, è possibile che per particolari esigenze delle parti sia esclusa una tale facoltà di recesso fino al termine del rapporto; sicchè anche l’apposizione di un termine ad un rapporto di collaborazione professionale continuativa può essere sufficiente ad integrare la deroga pattizia alla facoltà di recesso così come disciplinata dalla legge, senza che a tal fine sia necessario un patto specifico ed espresso (fra le tante V. Cass. 1 ottobre 2008 n.2436, Cass. 21 dicembre 2006 n.27293, Cass. 6 maggio 2000 n.5738 e Cass. 8 settembre 1997 n.8690).
E’ quindi errata la sentenza impugnata che sul presupposto della incompatibilità del contratto di cui trattasi con la pattuizione di una durata minima garantita non ha preso in considerazione l’eventuale deroga pattizia alla facoltà di recesso ad nutum.
Il ricorso, pertanto va accolto, rimanendo, nell’esaminato profilo della censura, assorbita ogni ulteriore critica.
Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione che in applicazione del principio richiamato accerterà se vi è stata o meno una deroga alla predetta facoltà.
PQM
La Corte riuniti i ricorsi dichiara inammissibili quelli incidentali, accoglie quello principale e, in relazione a tale accoglimento, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2013
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