In materia di intermediazione finanziaria il principio di cui dall’art. 21 T.U.F. prevede un obbligo incondizionato, in capo all’intermediario, di fornire tutte le informazioni necessarie, in modo da consentire all’investitore una scelta consapevole; tuttavia, nelle azioni di responsabilità per danni subiti dall’investitore in cui deve accertarsi se l’intermediario abbia diligentemente adempiuto alle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione, il riparto dell’onere probatorio viene imposto innanzitutto all’investitore stesso di allegare l’inadempimento delle citate obbligazioni da parte dell’intermediario, nonchè di fornire la prova del nesso di causalità tra danno ed inadempimento per carenza di informazione anche sulla base di presunzioni, mentre l’intermediario deve provare l’avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte, e, sotto il profilo soggettivo, di avere agito con la specifica diligenza richiesta.
Nel caso in cui venga posta in questione una responsabilità per omissione, l’accertamento del nesso di causalità deve essere condotto attraverso l’enunciato “controfattuale”, ponendo al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato posto che il giudice, nel valutare la c.d. causalità omissiva, dovrà verificare che l’evento non si sarebbe verificato se l’agente (l’intermediario) avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi.
Questi i principi espressi dalla S.C. di Cassazione civile Pres. Giancola – Rel. Falabella con l’ordinanza n. 26191 del 03.11.2017.
Nella fattispecie processuale esaminata un’investitrice conveniva in giudizio una Banca ed un promotore finanziario, e dolendosi della nullità del contratto quadro stipulato con l’Istituto di credito per violazione dell’art.129 T.U.B.,(per carenza informativa, inadeguatezza dell’operazione e conflitto di interessi) in riferimento all’ordine di acquisto di obbligazioni di una società quotata in borsa trasmesso al promotore finanziario, operante per la Banca intermediaria, chiedeva la condanna dei convenuti al risarcimento del danno e alla restituzione dell’importo indebitamente percepito.
Si costituiva il promotore finanziario ed interveniva volontariamente la Banca incorporante l’intermediaria, per averne acquistato il ramo d’azienda, eccependo l’infondatezza delle avverse pretese.
Il Tribunale di Milano, espletata una consulenza tecnica d’ufficio, respingeva tutte le domande proposte dall’attrice, e rigettava, altresì, la domanda di condanna risarcitoria ex art. 96 c.p.c. proposta dal Promotore finanziario.
Avverso la suindicata pronuncia proponeva gravame l’investitrice, ottenendo tuttavia, pronuncia di rigetto dalla Corte di Appello territorialmente competente che aveva ritenuto non affetto da alcuna nullità il contratto quadro stipulato con la Banca in quanto l’investitrice era da qualificarsi quale soggetto correttamente ed esaustivamente informata degli elevati rischi dell’investimento, con elevata propensione al rischio e con esperienza finanziaria approfondita.
Contro tale pronuncia, con una serie di articolati motivi di doglianza, ricorreva per cassazione l’investitrice, dolendosi, in particolare, dell’erroneità della sentenza appellata nella parte in cui la Corte ha ritenuto: I. di escludere il nesso di causalità tra inadempimento e danno sulla scorta della documentazione prodotta;II. che l’eventuale rilascio di informazioni, in ipotesi più “complete“, sulla situazione della SOCIETÀ QUOTATA IN BORSA non avrebbe comunque dissuaso l’odierna appellante dall’effettuare l’investimento; III. di aver ritenuto che la restituzione del prezzo di acquisto del prodotto finanziario doveva avvenire a titolo di risarcimento del danno, e non di ripetizione dell’indebito; IV. illegittima inversione dell’onere probatorio.
La S.C. trattando congiuntamente tutti i motivi di ricorso, ha ritenuto corretta la statuizione del collegio, sia a) in riferimento all’insussistenza nel nesso di causa per presunta carenza di informazione allorquando la ricorrente aveva firmato il modulo recante l’intestazione “conferma di operazioni non adeguate”, in cui era stata informata in maniera esaustiva della natura, dei rischi e delle implicazioni per le quali l’operazione era stata ritenuta inadeguata dalla banca, nonchè delle ragioni per cui non era opportuno procedere alla sua esecuzione; b) sia in riferimento all’illegittima violazione dell’onere probatorio, spiegando, nel merito, che la consegna del documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari non esimeva le controparti dall’onere di fornire la prova del loro adempimento.
Più in particolare, la Corte ha ritenuto che il riparto dell’onere probatorio nelle azioni di responsabilità per danni subiti dall’investitore – in cui deve accertarsi se l’intermediario abbia diligentemente adempiuto alle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione – impone innanzitutto all’investitore stesso di allegare l’inadempimento delle citate obbligazioni da parte dell’intermediario, nonchè di fornire la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l’inadempimento, anche sulla base di presunzioni, mentre l’intermediario deve provare l’avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte, e, sotto il profilo soggettivo, di avere agito con la specifica diligenza richiesta
Per una maggiore chiarezza sul punto, i Giudici di palazzo Cavour hanno spiegato che per quanto attiene al nesso di causalità deve considerarsi che ove venga in questione una responsabilità per omissione il relativo accertamento deve essere condotto attraverso l’enunciato “controfattuale”, ponendo al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato posto che il giudice, nel valutare la c.d. causalità omissiva, dovrà verificare che l’evento non si sarebbe verificato se l’agente (l’intermediario) avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi.
Infine, gli Ermellini hanno ritenuto parimenti infondato l’ultimo motivo di ricorso in riferimento alla statuizione di condanna della ricorrente al pagamento delle spese dei due gradi di merito, spiegando che contrariamente a quanto asserito dal ricorrente la decisione adottata dalla Corte d’Appello non risulta essere iniqua posto che la valutazione della opportunità della compensazione totale o parziale delle spese del giudizio rientra può essere denunciata in sede di legittimità solo nel caso di violazione del criterio della soccombenza, consistente nel divieto di condanna alle spese della parte che risulti totalmente vittoriosa.
In tal senso, i Giudici hanno chiarito che essendo il sindacato della Corte di Cassazione limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, esula dai limiti commessi all’accertamento di legittimità e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi.
Alla luce delle menzionate argomentazioni la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso con condanna al pagamento delle spese di lite in favore della Banca e del promotore finanziario.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
INVESTIMENTI FINANZIARI: È INTERESSE DELL’INVESTITORE INDICARE LA PROPRIA ESPERIENZA IN MATERIA
IL RIFIUTO LIBERA L’INTERMEDIARIO DALLA RESPONSABILITÀ CIRCA L’OBBLIGO DI INFORMAZIONE
Sentenza | Tribunale di Padova, Dott. Giorgio Bertola | 18.02.2017 |
CONTRATTO QUADRO INVESTIMENTI: VALIDO ANCHE SE NON SOTTOSCRITTO DALLA BANCA
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Sentenza | Tribunale di Milano, dott. A. S. Stefani | 06.05.2016 | n.5717
STRUMENTI FINANZIARI: LA VIOLAZIONE DEI DOVERI DI INFORMAZIONE NON COMPORTA LA NULLITÀ ORDINI DI ACQUISTO
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Sentenza | Tribunale di Monza, Dott.ssa Carmen Arcellaschi | 07.05.2013 | n.1212
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