Provvedimento segnalato dall’Avv. Mauro Gheda – Studio Legale Bazoli e Associati di Brescia
Il contratto quadro, sebbene recante la sottoscrizione del solo cliente, si intende sottoscritto anche dalla Banca, ove il documento prodotto in giudizio rechi la clausola “prendiamo atto che un esemplare del presente contratto ci viene rilasciato debitamente sottoscritto dai soggetti abilitati a rappresentarvi”.
Nelle ipotesi in cui la legittimazione ad agire per la declaratoria di nullità del negozio è circoscritta a una parte soltanto, deve ritenersi che la forma prevista non sia un requisito indefettibile della manifestazione della volontà contrattuale dettato da preminenti esigenze di indole pubblicistica, in quanto, in assenza dell’iniziativa del soggetto legittimato, quella manifestazione di volontà, pur non tradottasi nella forma stabilita dal legislatore, è comunque idonea a produrre ogni effetto come se quella mancanza non esistesse, e non espone il contratto alla azione di qualsiasi terzo interessato alla sua caducazione né alle consuete conseguenze del rilievo officioso da parte del giudice.
La funzione della previsione della nullità di protezione ex art. 23 T.U.F., va principalmente rinvenuta nella esigenza di assicurare al cliente una adeguata informazione, garantendogli che, attraverso la formalizzazione scritta degli obblighi della Banca e dei diritti dell’investitore, costui sia posto in grado di avere un termine chiaro e indiscutibile di riferimento idoneo a colmare quella asimmetria informativa che connota siffatti rapporti contrattuali.
Questi i principi espressi dalla Corte d’Appello di Venezia, Pres. Di Francesco – Rel. Santoro, con la sentenza n. 2477 del 03.11.2016.
Nel caso in esame, degli investitori convenivano, innanzi alla Corte di Appello di Venezia, la Banca onde ottenere la riforma della sentenza di primo grado ed, in particolare, la dichiarazione di nullità delle operazioni, degli ordini e dei contratti conclusi tra le parti, aventi ad oggetto la compravendita di obbligazioni, in ragione della mancata sottoscrizione dei contratti di intermediazione finanziaria (cd. contratti quadro) da parte dell’Istituto di credito e condannare, conseguentemente, quest’ultimo al rimborso della somma pagata, ovvero della diversa somma ritenuta dovuta, al netto delle cedole incassate, con gli interessi legali dalla data del pagamento al saldo.
In via subordinata, gli appellanti chiedevano di dichiarare risolti per fatto e colpa della convenuta i contratti e gli ordini citati, in conseguenza della violazione da parte della Banca convenuta degli obblighi comportamentali imposti dalla legge e, per l’effetto, condannarla pagamento, in via risarcitoria, dell’importo pagato dagli attori, somma maggiorata degli interessi legali e delle cedole che sarebbero maturate fino alla scadenza dei titoli, detratte le cedole incassate, ovvero al pagamento di quella diversa somma ritenuta di giustizia.
La Banca si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto e la conferma della sentenza impugnata.
La Corte d’Appello, preliminarmente, escludeva l’assimilabilità tra la fattispecie della nullità di protezione ex art. 23 T.U.F. e l’ipotesi generale di nullità di cui agli artt. 1421 e ss. c.c., in cui è prevista la legittimazione generale di qualunque interessato a far valere l’invalidità del contratto per difetto di forma, osservando che solo la legittimazione generale all’azione di nullità (art. 1421 c.c.) vale a connotare la previsione di una determinata forma ai fini della validità del contratto in termini di indispensabilità che la manifestazione della volontà negoziale si estrinsechi nella forma stabilita dalla legge, pena la radicale invalidità del negozio da qualunque interessato denunciabile senza limiti di tempo (art. 1422 c.c.).
In altri termini, il legislatore richiede, solo in queste ipotesi, che, al fine di porre in essere un atto di autonomia contrattuale in grado di essere tutelato dall’ordinamento giuridico, la volontà delle parti, per evidenti esigenze superindividuali di certezza dei traffici e connesse anche al sistema pubblicitario previsto, sia espressa nella forma scritta e soltanto in questa.
Viceversa, ad avviso del Giudice del gravame, nelle ipotesi in cui la legittimazione ad agire per la declaratoria di nullità del negozio è circoscritta a una parte soltanto, la forma prevista non costituisce un requisito indefettibile della manifestazione della volontà contrattuale dettato da preminenti esigenze di indole pubblicistica, in quanto, in assenza dell’iniziativa del soggetto legittimato, quella manifestazione di volontà, pur non tradottasi nella forma stabilita dal legislatore, appare comunque idonea a produrre ogni effetto come se quella mancanza non esistesse, e non espone il contratto alla azione di qualsiasi terzo interessato alla sua caducazione né alle consuete conseguenze del rilievo officioso da parte del giudice.
La forma richiesta dall’art. 23 T.U.F., trova la propria ragion d’essere e, ad un tempo, il proprio limite di operatività nella protezione di una parte, ritenuta dal legislatore bisognosa di tutela in ragione della sua posizione di soggetto non qualificato, non professionista, non dotato di particolari cognizioni tecniche, a fronte di una controparte professionalmente dedita allo svolgimento di attività tecniche che necessitano di peculiari conoscenze e informazioni.
Ed in effetti, la funzione della previsione della nullità di protezione di cui all’art. 23 T.U.F., va rinvenuta, principalmente, nell’esigenza di assicurare al cliente una adeguata informazione, garantendogli che, attraverso la formalizzazione scritta degli obblighi della Banca e dei diritti dell’investitore, quest’ultimo sia posto in grado di avere un termine chiaro ed indiscutibile di riferimento idoneo a colmare quella asimmetria informativa che connota siffatti rapporti contrattuali.
La Corte d’Appello, tanto chiarito, rilevava che, nel caso in esame, il cliente non si era doluto di non aver prestato un consenso informato alla conclusione del contratto, né aveva addotto che fosse carente un documento contrattuale tale da rappresentare puntualmente la sua volontà negoziale, nè che il rapporto non si fosse svolto regolarmente e che la Banca non avesse dato corso all’esecuzione di esso, ma si era unicamente avvalso della legittimazione di cui al terzo comma dell’art. 23 T.U.F. per dedurre ed eccepire, strumentalmente, la mancanza della sottoscrizione in calce a quel contratto da parte della Banca.
Secondo il Giudicante, pertanto, l’eccezione del cliente circa la mancanza di sottoscrizione dell’Istituto di credito, non poteva che risultare del tutto priva di fondamento, siccome non pertinente all’esigenza che quella prescrizione formale è volta ad assicurare, finendo per trasformare un presidio posto a tutela della informata e consapevole partecipazione dei clienti in un formalistico strumento per conseguire risultati del tutto al di fuori delle previsioni e dello scopo della norma.
Infine, in ordine alle censure sollevate dai ricorrenti in ordine al presunto, mancato assolvimento degli obblighi di informazione da parte della Banca, ribadiva il consolidato orientamento della giurisprudenza maggioritaria, secondo cui, in tema di clausola di inadeguatezza, non risulta obbligatoria l’integrale esplicazione scritta dell’avvenuto assolvimento degli obblighi di segnalazione dell’inadeguatezza, essendo sufficiente il riferimento alla circostanza dell’avere l’intermediario rivolto le avvertenze al cliente, ottenendone l’ulteriore richiesta di eseguire comunque l’operazione.
Sulla base di tutto quanto esposto, la Corte d’Appello accoglieva solo parzialmente la domanda.
Per ulteriori approfondimenti sul punto, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CONTRATTO QUADRO: LA SOTTOSCRIZIONE NON È REQUISITO INDEFETTIBILE DELLA MANIFESTAZIONE DI VOLONTÀ
ANCHE IN MANCANZA, È COMUNQUE IDONEO A PRODURRE OGNI EFFETTO
Sentenza | Corte Appello L’Aquila, Pres. Fabrizio – Rel. Cimini | 12.10.2016 | n.1055
CONTRATTI BANCARI: VALIDAMENTE CONCLUSI CON LO SCAMBIO DI ATTI UNILATERALI
LA SOTTOSCRIZIONE DEL CLIENTE CHE RICHIAMA LA PROPOSTA DELLA BANCA EQUIVALE AD ACCETTAZIONE DEL CONTRATTO
Sentenza | Cassazione civile, sez. prima, Pres. Giancola – Rel. Di Virgilio | 24.08.2016 | n.17290
CONTO CORRENTE DI CORRISPONDENZA: VALIDO ED EFFICACE IL CONTRATTO CON MONOFIRMA DEL SOLO CLIENTE
NON VI ALCUNA NORMA CHE PREVEDA L’OBBLIGO DELLA SOTTOSCRIZIONE CONTESTUALE SUL MEDESIMO MODULO
Sentenza | Tribunale di Padova, Dott. Giorgio Bertola | 04.08.2016 |
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