Provvedimento segnalato da Annalisa Caroni di Modena
LA MASSIMA
La sottoscrizione del contratto, contestuale o su identici documenti oggetto di scambio, non è un requisito indefettibile della manifestazione della volontà contrattuale dettato da preminenti esigenze di indole pubblicistica, in quanto in assenza dell’iniziativa del soggetto legittimato, quella manifestazione di volontà, pur non tradottasi nella forma stabilita dal legislatore, è comunque idonea a produrre ogni effetto, come se quella mancanza non esistesse, e non espone il contratto all’azione di qualsiasi terzo interessato alla sua caducazione né alle consuete conseguenze del rilievo ufficioso da parte del giudice.
Questi i principi espressi dalla Corte Appello L’Aquila, Pres. Fabrizio – Rel. Cimini, nella sentenza n. 1055 del 12.10.2016, con una pronuncia che torna a trattare il dibattuto argomento della nullità del contratto in mancanza della firma della Banca.
IL FATTO
Nel caso in questione, un investitore citava in primo grado la Banca presso cui aveva acceso un dossier titoli nel quale erano stati depositati titoli obbligazionari della Repubblica Argentina. Deduceva, in particolare, facendo espresso riferimento all’art. 23 T.U.F., che l’acquisto delle obbligazioni argentine fosse avvenuto senza alcun valido contratto di intermediazione, di cui quindi revocava il consenso, sostenendo che la mancanza di un documento scritto provoca, per espressa previsione normativa, la nullità del contratto.
Chiedeva, pertanto, tra le altre cose, che venisse dichiarata la nullità dell’acquisto dei bond ex art. 1418 e 1325 n.4 cc e 23 TUF (vizio di firma ed assenza di sottoscrizione richiesta ad substantiam) sia per il contratto di negoziazione che eventualmente ex art. 1352 per l’ordine di acquisto.
Si costituiva in giudizio la Banca la quale esponeva che l’attore aveva stipulato un contratto per la negoziazione, sottoscrizione, collocamento e raccolta ordini concernenti valori mobiliari il 19/01/1994. Il 28/09/1999 l’attore aveva poi disposto il riscatto di quote del fondo comune di investimento ARCA per € 291.378,01, reimpiegando tale somma oltre che in azioni anche nell’acquisto di bond argentini, nonostante il contrario avviso dei dipendenti della Banca.
Contestava, in particolare, la sussistenza di un’ipotesi di nullità virtuale, espressamente esclusa dalla Cassazione con la nota sentenza a Sezioni Unite n.26725/07.
Con la prima memoria di replica ex art. 6, comma 2, D. Lgs. 5/03, l’attore introduceva una ulteriore contestazione relativa alla nullità del contratto-quadro in quanto sottoscritto sotto la vigenza della L.1/91 e non adeguato al D.Lgs 58/98, sostenendo che tale domanda fosse la conseguenza delle difese proposte dall’istituto di credito convenuto.
Avverso tale domanda la Banca convenuta eccepiva innanzitutto l’inammissibilità, in quanto tardivamente proposta, nonché l’infondatezza poichè, come documentalmente provato, anche il contratto quadro richiamato era stato consegnato alla difesa dell’attore ben prima dell’instaurazione della causa.
Il Tribunale di Sulmona dichiarava la nullità del contratto per la negoziazione, sottoscrizione, collocamento e raccolta di ordini concernenti valori immobiliari stipulato tra le parti, nonché l’ordine di acquisto di titoli obbligazionari argentini. In particolare, rilevava che l’attore aveva sottoscritto il contratto quadro, ma esso non risultava sottoscritto dalla Banca; la stessa Banca aveva prodotto in giudizio tale documento con la comparsa di costituzione e risposta, e dunque in un momento successivo a quello in cui l’attore, mediante la notifica dell’atto di citazione, aveva chiesto la dichiarazione di nullità del contratto per vizio di forma e così revocato il consenso in precedenza prestato.
Rilevava, altresì, il giudice di prime cure, che l’art. 23 comma 1 D.Lgs 24/02/1998 commina la nullità relativa (in quanto eccepibile dal solo cliente) in caso di inosservanza della forma prescritta, sia per il contratto quadro che per tutti i conseguenti contratti nei quali si sostanzia la prestazione di servizi di investimento oggetto del contratto quadro.
La Banca appellava la sentenza esponendo, sul punto, che l’art. 23 TUF prevede, come unica e tassativa causa di nullità del contratto quadro, la mancanza della forma scritta da intendersi come mancanza fisica del documento e non mancanza della sottoscrizione di una delle parti contraenti, e che la mancata sottoscrizione del contratto da parte di uno dei contraenti può essere sostituita da inequivocabile manifestazione di volontà di avvalersi del negozio da parte di chi non l’ha firmato, purchè tale manifestazione di volontà in forma scritta giunga prima dell’eventuale revoca del consenso dalla controparte.
Inoltre, riteneva che fosse errata la sentenza in quanto non si sarebbe di fronte ad una vera è propria nullità, bensì ad una forma speciale di annullabilità rafforzata con possibilità quindi di convalida del negozio viziato ex art. 1444 c.c., negozio convalidato dal cliente che per anni aveva acquistato e venduto titoli tramite l’intermediazione della Banca, nonché – grazie sempre all’intermediazione della stessa – incassato rilevanti importi anche in relazione all’investimento.
Infine, deduceva l’errata dichiarazione di nullità dell’ordine di acquisto dei titoli Argentina in quanto la nullità prevista dall’art. 23 TUF riguarda unicamente il contratto quadro e non gli ordini di acquisto, che sono atti unilaterali e rappresentano i momenti esecutivi del mandato (contratto-quadro).
LA DECISIONE
La Corte, dalla ricostruzione della vicenda, ha evinto che il contratto quadro di cui si trattava, risalente al 1994, era quindi stato stipulato sotto la vigenza della legge n.1/91 che, pur prevedendo, all’art. 6, la necessità di forma scritta, non ne sanzionava l’assenza prevedendone la nullità, seppur di protezione, introdotta dai successivi artt. 18 D.Lgs. 415/96 e 23 TUF.
Premesso ciò, evidenziava che sia in dottrina che in giurisprudenza si sono formate distinte correnti di pensiero riguardo alla validità ed al perfezionamento del contratto sottoscritto dal solo investitore, ma depositato in giudizio dalla Banca, nonché riguardo alle conseguenze del mancato adeguamento dell’originario contratto a quanto richiesto dalla normativa successiva.
Rilevava che la originaria richiesta di nullità basata sulla mancanza di un contratto quadro – ovvero sulla inesistenza del documento contrattuale – era stata modificata dopo che la Banca convenuta aveva provveduto a produrre in causa il contratto di intermediazione, con la deduzione di nullità per assenza della sottoscrizione della banca in calce ad esso. E proprio a causa dell’assenza di tale sottoscrizione il Giudice di primo grado aveva dichiarato nullo il contratto di intermediazione e conseguentemente l’ordine di acquisto dei bond argentini impugnato.
La Corte ha richiamato la pronuncia 5919/16 con cui la Cassazione, inaugurando sostanzialmente un nuovo filone interpretativo, ha ritenuto che il contratto quadro, recante la sottoscrizione del cliente, ma non quella della banca, sia affetto da una specifica nullità, c.d. di protezione a legittimazione riservata.
Il requisito della forma scritta del contratto quadro, che ha una funzione solo informativa, si traduce, dunque, sul piano processuale, nella legittimazione dell’unico soggetto cui è riconosciuto un interesse a dedurre in giudizio la nullità negoziale, in ragione della sua posizione squilibrata rispetto all’intermediario finanziario.
Il fatto che questa particolare nullità, ex art. 23 TUF, contrariamente a quanto accade nell’ipotesi di nullità ex art. 1421 c.c. (in relazione al quale esiste una legittimazione generale a far valere la nullità), sia azionabile dal solo investitore, porta a ritenere che la sottoscrizione del contratto contestuale o su identici documenti oggetto di scambio, non sia – come rilevato anche dalla Corte di Appello di Venezia con la recentissima sentenza 1377/2016 – “un requisito indefettibile della manifestazione della volontà contrattuale dettato da preminenti esigenze di indole pubblicistica, in quanto in assenza dell’iniziativa del soggetto legittimato, quella manifestazione di volontà, pur non tradottasi nella forma stabilita dal legislatore, è comunque idonea a produrre ogni effetto come se quella mancanza non esistesse e non espone il contratto all’azione di qualsiasi terzo interessato alla sua caducazione né alle consuete conseguenze del rilievo ufficioso da parte del giudice”.
D’altro canto, afferma sempre la Corte d’Appello de L’Aquila, è pacificamente riconosciuto che il legislatore abbia voluto prevedere tale speciale nullità per assicurare al cliente una adeguata informazione, garantendogli che, attraverso la formalizzazione scritta degli obblighi della banca e dei diritti dell’investitore, venga meno quello squilibrio informativo che connota siffatti rapporti contrattuali.
Sulla scorta di ciò, il Collegio ha ritenuto che nel caso de quo, ove si era data rilevanza non alla verifica dell’esternazione, nelle forme prescritte dalla legge, della volontà contrattuale dell’investitore, ma a quella della banca, non può essere ravvisata la sussistenza di alcuna nullità di protezione. D’altra parte l’attore si era avvalso della legittimazione riconosciutagli dall’art. 23, terzo comma TUF, per eccepire la mancanza della sottoscrizione della Banca in calce al contratto-quadro solo in occasione dell’investimento non andato a buon fine. Ciò anche tenuto conto che, con riferimento all’investimento oggetto di contestazione, l’obbligo di informazione era stato dalla banca adempiuto.
Dunque, in linea sostanzialmente con l’orientamento espresso dalla Suprema Corte con sentenza 4564/2012, ha ritenuto che la invocata nullità del contratto quadro, in quanto in aperto contrasto con la ratio della norma, non poteva che ritenersi infondata, ragione per la quale accoglieva il motivo di appello della Banca sul punto.
Infine, quanto alla domanda dell’appellato relativa alla declaratoria di nullità del contratto quadro del 1994 per mancato adeguamento alle norme successivamente entrate in vigore e specificatamente al TUF, la Corte ha rilevato che, con la memoria ex art. 6 D.Lgs. 5/03, lungi dall’aver semplicemente operato un’emendano libelli – consistente nella precisazione della domanda di nullità avanzata con l’atto introduttivo del giudizio (“vizio di forma .. ed assenza di sottoscrizione richiesta ad substantantiam”) – ha in realtà posto in essere una vera e propria mutatio della domanda, incorrendo quindi nella sanzione della inammissibilità, tempestivamente eccepita dalla difesa dell’istituto di credito.
Sul punto, comunque, ha affermato che eventuali divergenze fra il testo di un contratto sottoscritto sotto la precedente disciplina e le nuove prescrizioni concernono profili attinenti unicamente ad ulteriori doveri degli intermediari, come tali non incidenti sul momento genetico di formazione del contratto.
I PRECEDENTI
Si segnalano le seguenti decisioni conformi al principio sopra indicato.
RILEVANTE IL COMPORTAMENTO COMPLESSIVO TENUTO DALL’ISTITUTO DI CREDITO NEL CORSO DEL RAPPORTO
Sentenza | Tribunale di Torino, Dott.ssa Maurizia Giusta | 05.07.2016 |
CONTRATTI BANCARI: VALIDI ANCHE SE SOTTOSCRITTI DAL SOLO CLIENTE
LA PRODUZIONE IN GIUDIZIO È “EQUIPOLLENTE” ALLA SOTTOSCRIZIONE MANCANTE
Ordinanza | Tribunale di Parma, dott. Marco Vittoria | 27.06.2016 |
CONTRATTO DI CONTO CORRENTE: VALIDO ANCHE IN MANCANZA DELLA FIRMA DELLA BANCA
IL CASO DECISO DALLA CASSAZIONE CON SENTENZA N. 5919/2016 È ASSOLUTAMENTE DIFFERENTE E NON ESTENSIBILE
Sentenza Tribunale di Padova, dott. Giorgio Bertola 29-05-2016
LA PRODUZIONE IN GIUDIZIO DEL CONTRATTO FIRMATO DAL SOLO CLIENTE È EQUIPOLLENTE ALLA SOTTOSCRIZIONE
Sentenza | Corte di Appello di Trieste, Pres. Daidone | 24.05.2016 | n.311
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