L’informativa enucleabile dai due documenti contrattuali prodotti non può considerarsi un equipollente del contratto quadro scritto. Non può rappresentare un suo equipollente il c.d. certificato assicurativo, dal momento che le informative sono tutte incentrate sul rischio vita o morte, ossia sulla causa assicurativa pure presente nel contratto misto in parola, ma non in modo prevalente come invece ritenuto per la causa speculativa. Né può considerarsi un equipollente del contratto quadro il secondo documento allegato dallo stesso ricorrente, dal momento che c’è solo una elencazione dei fondi azionari che costituivano il c.d. basket.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Taranto, Giudice Claudio Casarano, con l’ordinanza del 05.11.2019.
Un cliente ha convenuto in giudizio la compagnia assicuratrice con la quale aveva stipulato un contratto di assicurazione, di durata di 35 anni con versamento di un premio annuale di mille euro. La compagnia, invece si era obbligata a corrispondere all’assicurato, in caso di sua sopravvivenza, una somma corrispondente al valore delle quote attribuite dalla polizza e che sarebbe stato calcolato alla data di scadenza.
Secondo il cliente, il contratto sottoscritto era ben lungi dall’atteggiarsi come un contratto di assicurazione sulla vita, dal momento che non era prevista la garanzia della restituzione della sorte capitale alla sua scadenza; piuttosto si veniva a configurare un vero e proprio contratto finanziario
Per giungere alla decisione, il Giudice ha affrontato tre diversi step argomentativi. Il primo ha riguardato la qualificazione giuridica del contratto dedotto in giudizio, che si è concluso nel senso della prevalenza della causa finanziaria rispetto a quella assicurativa. Il contratto in questione è con riguardo ai prodotti c.d. unit linked, ai sensi dell’art. 23 d.lgs. n. 58 del 1998. Si tratta di contratto misto, di natura finanziaria ed assicurativa insieme, risalente alla prima versione del predetto decreto legislativo, prima delle note modifiche chiarificatrici successive.
Il secondo passaggio ha fatto invece riferimento all’individuazione della portata della sanzione: la norma imperativa richiede che sia stipulato per iscritto il c.d. contratto quadro, ossia un contratto che rientra in quello normativo e che richiede alcune informazioni essenziali per i futuri investimenti; di tal ché non può essere considerato un equipollente formale l’aver in concreto stipulato per iscritto il contratto.
In ultima analisi, l’Organo Giudicante ha inquadrato la fattispecie dal punto di vista sistematico, ossia con riguardo alla distinzione con altre patologie contrattuali di confine: responsabilità precontrattuale, vizio del volere e responsabilità contrattuale. Il contratto è stato ritenuto nullo e quindi considerato tamquam non esset: il premio pagato si atteggia come un indebito oggettivo, di talché sorge l’obbligo di ripetizione in capo all’accipiens. Riguardo gli interessi, la disciplina dell’indebito di cui agli artt. 2033 e ss. c.c. distingue i casi in cui in cui l’accipiens è in mala fede, dai casi in cui è in buona fede; della prima però non ricorre la prova della mala fede.
Per questi motivi, il Tribunale ha accolto la domanda del cliente, dichiarando la nullità della polizza dedotta in giudizio, e ha condannato la compagni assicuratrice al pagamento di una somma di denaro a titolo di restituzione.
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