Il debitore esecutato che voglia evitare la vendita dei beni pignorati può chiedere, ai sensi dell’art. 495 del codice di procedura civile, la “conversione del pignoramento”.
Con il Decreto Legge del 14 dicembre 2018 n. 135, rubricato “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione” e convertito con modificazioni dalla legge del 11 febbraio 2019 n. 12, sono state introdotte alcune novità in tema di procedure esecutive.
Norma interessata dalla modifica è, tra le altre, proprio l’art. 495 del codice di procedura civile, che definisce e disciplina la conversione del pignoramento, ossia la possibilità per il debitore esecutato, di sostituire le cose pignorate con una somma di denaro comprensiva delle spese di esecuzione e dell’importo dovuto al debitore pignorante e agli altri creditori eventualmente intervenuti a titolo di capitale, interessi e spese.
Il testo attuale prevede l’obbligo per il debitore istante di depositare, a titolo di cauzione, una somma pari ad un sesto dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti.
Nella precedente formulazione, la somma da versare era prevista nella misura di un quinto.
La modifica della percentuale – da 1/5 a 1/6 – che il debitore è tenuto a versare a titolo di cauzione rappresenta evidentemente un’ulteriore agevolazione per quest’ultimo, che spesso è scoraggiato dall’ingente liquidità necessaria per l’accesso alla procedura di conversione.
Va ricordato, infatti, che, allorquando il debitore incorra successivamente nella decadenza dal beneficio della conversione, le somme versate vengono incamerate definitivamente a vantaggio della procedura, formando “parte dei beni pignorati”.
La novella conferma la possibilità di richiedere la rateizzazione del versamento dell’importo dato in sostituzione, il quale potrà avvenire – previa valutazione del giudice dell’esecuzione – nel mutato e più comodo termine massimo di quarantotto mesi, in luogo dei trentasei mesi precedentemente previsti.
In caso di versamento rateale, ogni sei mesi il giudice provvede al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore
Nel caso di omesso o tardivo versamento anche di una sola rata di oltre trenta giorni, si verificherà la decadenza automatica dalla conversione del pignoramento, pronunciata con ordinanza, con la conseguenza che le somme incamerate saranno acquisite definitivamente alla procedura e non sarà più ammissibile una successiva istanza di conversione.
Anche sotto tale aspetto il legislatore si è mostrato più “indulgente” nei confronti del debitore, atteso che la formulazione “ante novella” non tollerava ritardi di versamento superiori a quindici giorni.
Si tratta di piccole modifiche che non “stravolgono” il meccanismo delineato dall’ art 495 del codice di procedura civile, ma sono ispirate – in tempi di evidente crisi economica – dalla volontà di accordare uno strumento più flessibile al debitore esecutato per evitare la vendita forzata dei propri beni.
FOCUS
L’istituto della conversione rappresenta l’ultima possibilità per il debitore di impedire che beni pignorati siano posti in vendita e costituisce uno strumento utile sia per l’esecutato, il quale può usufruire del termine massimo di 48 mesi per il pagamento dei propri debiti, sia per i creditori, che vedono soddisfatti integramente i loro crediti, con il solo “sacrificio” della dilazione.
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