Ai fini della ammissione al passivo fallimentare il concessionario può chiedere il riconoscimento anche senza la preventiva iscrizione a ruolo dei tributi, potendo presentare documentazione alternativa sulla quale fondare la pretesa, quale i copia dei FOGLI DI PRENOTAZIONE, quali titoli definitivi dei crediti vantati.
IL CONTESTO NORMATIVO
ART. 45 DPR n.602 del 1973 (RISCOSSIONE COATTIVA)
1. Il concessionario procede alla riscossione coattiva delle somme iscritte a ruolo, degli interessi di mora e delle spese di esecuzione secondo le disposizioni del presente titolo.
ART.51 DPR n.602 del 1973 (SURROGA DEL CONCESSIONARIO IN PROCEDIMENTI ESECUTIVI GIÀ INIZIATI)
1. Qualora sui beni del debitore sia già iniziato un altro procedimento di espropriazione, il concessionario può dichiarare al giudice dell’esecuzione di volersi surrogare al creditore procedente, indicando il credito in relazione al quale la surroga è esercitata. La dichiarazione è notificata al creditore procedente ed al debitore.
2. Se entro dieci giorni dalla notificazione il creditore procedente o il debitore non hanno corrisposto al concessionario l’importo del suo credito, il concessionario resta surrogato negli atti esecutivi già iniziati e li prosegue secondo le norme del presente titolo.
3. Il concessionario può esercitare il diritto di surroga fino al momento dell’aggiudicazione o dell’assegnazione.
ART. 87 DPR N.602 DEL 1973 (DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO)
1. Se il debitore e’ dichiarato fallito, ovvero sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, il concessionario chiede, sulla base del ruolo, l’ammissione al passivo della procedura.
2. Se il debitore, a seguito del ricorso di cui al comma 1 o su iniziativa di altri creditori, è dichiarato fallito, ovvero sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, il concessionario chiede, sulla base del ruolo, per conto dell’Agenzia delle entrate l’ammissione al passivo della procedura.
IL CASO
Con ricorso ex art.101 Legge Fallimentare, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, unitamente all’Agenzia delle Entrate, proponeva istanza di ammissione al passivo del Fallimento BLU SRL allegando a sostegno della propria richiesta copia dei FOGLI DI PRENOTAZIONE, quali titoli definitivi dei crediti vantati.
Il curatore contestava la fondatezza della richiesta, in ragione dell’assenza di un titolo giustificativo del credito.
Il Tribunale adito, rigettava la domanda, confermando quanto sostenuto dal curatore in merito alla inidoneità dei FOGLI DI PRENOTAZIONE a documentare il credito azionato atteso che lo stesso sarebbe azionabile solo per effetto della formazione del ruolo con la successiva notificazione al curatore fallimentare.
L’Amministrazione Finanziaria, impugnava la sentenza, che veniva poi confermata dalla Corte di Appello.
In particolare la Corte rilevava tra l’altro che:
a) erratamente l’appellante aveva ritenuto che i titoli erariali, i fogli prenotati a ruolo, le sentenze tributarie potevano essere interpretati come prova dell’esistenza di credito, essendo l’esito positivo della domanda di ammissione al passivo subordinato alla formazione del ruolo e alla notifica della cartella di pagamento, atti questi che “costituiscono il titolo della pretesa tributaria”;
b) l’Amministrazione Finanziaria avrebbe dovuto “notificare al curatore, a pena di decadenza, l’atto di contestazione entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione”, notifica di cui non vi sarebbe prova, risultando anzi la prova del contrario;
Avverso la detta decisione, il Ministero dell’Economia e l’Agenzia delle Entrate proponevano il ricorso per cassazione, cui resisteva il fallimento BLU SRL.
All’esito dell’udienza fissata per la trattazione, la prima sezione di questa Corte disponeva la rimessione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, ritenendo la questione prospettata di massima importanza.
In particolare la rilevanza della questione era affermata sotto il profilo della necessità di stabilire “se, nel quadro normativo vigente al momento della presentazione dell’istanza di ammissione, questa dovesse essere o meno preceduta dalla iscrizione a ruolo dei crediti erariali azionati e dalla notifica della cartella di pagamento” e se analogamente fosse ammissibile un’azione esecutiva intrapresa senza l’intervento del concessionario, a ciò deputato per legge.
LA DECISIONE
La Corte ha accolto il ricorso del ministero, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Il Collegio ha osservato che le due questioni ritenute di particolare importanza consistono nello stabilire:
1) se l’Amministrazione Finanziaria abbia o meno legittimazione diretta per far valere nell’ambito della procedura fallimentare il credito di cui assume essere titolare, legittimazione la cui affermazione presenta profili di criticità in ragione del fatto che il DPR n.602 del 1973, presuppone la preventiva iscrizione a ruolo delle somme richieste, quale strumento per la riscossione coattiva, affidando l’attività necessaria al fine indicato al concessionario del servizio;
2) se sia o meno necessario che la pretesa creditoria azionata direttamente dall’Amministrazione in sede fallimentare debba essere preceduta dalla relativa iscrizione a ruolo.
Quanto al primo quesito il Collegio ritiene che debba darsi risposta positiva.
Ed infatti, secondo il combinato disposto degli art.52 e 92 Legge Fallimentare, il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito e ogni credito deve essere accertato in seguito alla presentazione della relativa domanda.
Pertanto, al DPR n.602 del 1973, che conferisce al concessionario la legittimazione per la proposizione della domanda di ammissione al passivo di un credito dell’Amministrazione Finanziaria, deve essere attribuita una valenza esclusivamente processuale.
L’art.87 del DPR n.602 del 1973 infatti, nel prevedere che il concessionario possa, per conto dell’Agenzia delle entrate, presentare il ricorso ai sensi dell’art.6 legge fallimentare, non introduce alcuna deroga o disciplina speciale, ma si limita ad individuare, con disposizione processuale, il soggetto legittimato ad agire per conto del titolare del credito.
UNA INTERPRETAZIONE DI SEGNO OPPOSTO, non sorretta da alcuna disposizione normativa di sorta, si porrebbe in contrasto con il dettato costituzionale, e segnatamente con gli artt. 3 e 24, sotto il duplice aspetto delle IRRAGIONEVOLI LIMITAZIONI AL DIRITTO DI AZIONE DEL CREDITORE che si verrebbe così a determinare e del trattamento deteriore che, rispetto agli altri creditori, l’Amministrazione Finanziaria, senza alcuna valida ragione, finirebbe per subire.
Il profilo problematico ulteriore è quello di stabilire se siano o meno necessarie la preventiva iscrizione a ruolo dei crediti azionati e la conseguente notifica della cartella al curatore del fallimento.
In proposito la Corte ha rilevato che, sia sul versante giurisprudenziale che su quello normativo, sono apprezzabili riscontri che depongono nel senso della non indispensabilità del ruolo.
In ordine al versante giurisprudenziale, sono state richiamate diverse sentenze della Suprema Corte con le quali è stato affermato che la dichiarazione IVA, se non seguita da atto di rettifica dell’Amministrazione o da correzioni successive, vale come accertamento dell’obbligazione tributaria e, nel caso di riscontrato inadempimento, costituisce titolo per la riscossione dell’imposta.
Con riferimento all’aspetto normativo, invece, il più volte richiamato DPR n.602 del 1973, prende in considerazione, dapprima le modalità di riscossione delle imposte, fra le quali quella realizzata mediante ruolo e tramite concessionario (titolo I), prevede poi l’ipotesi di mancato pagamento nonostante il ruolo e la notificazione dell’avviso di mora (titolo 2′), stabilisce infine che, in tal caso, l’esattore può procedere esecutivamente avvalendosi del ruolo come titolo ovvero, nell’ipotesi di pendenza di procedura concorsuale, per ottenere l’ammissione al passivo del credito insoddisfatto.
Quanto a quest’ultimo rilievo, che è quello che interessa in questa sede, appare di assoluta evidenza come la predetta facoltà attribuita all’esattore non comporti la conseguenza che l’istanza di ammissione al passivo per un credito erariale debba essere sorretta dal ruolo preventivamente formato.
Al contrario la disposizione in questione si limita a legittimare l’esattore, ove verificata l’intervenuta apertura di procedura concorsuale in danno del debitore, a procedere esecutivamente anche a fronte della nuova procedura in corso ovvero ad avvalersi del titolo esecutivo rappresentato dal ruolo, ai fini dell’ammissione al passivo del credito.
Pertanto, la corretta lettura ed interpretazione della normativa vigente esclude che possa essere affermata la necessità dell’allegazione del ruolo, a sostegno della domanda di riconoscimento del credito erariale direttamente formulata dall’Amministrazione creditrice.
Tale conclusione, d’altro canto, è in sintonia con la disciplina dettata con riferimento alla domanda di ammissione al passivo, per la quale è richiesta la semplice esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda, e non anche la necessaria allegazione di un titolo.
Non vi è dunque ragione per ritenere che detta disciplina, stabilita in via generale per le domande di ammissione di crediti, debba essere derogata quando questa riguardi credito tributario e che al fine indicato sia indispensabile la precostituzione del titolo esecutivo rappresentato dal ruolo.
IL COMMENTO
La Cassazione ha più volte evidenziato la necessità – ai fini dell’ammissione del credito al passivo del fallimento – del duplice requisito della preventiva iscrizione a ruolo del credito tributario e della successiva notifica della cartella esattoriale al curatore.
Con la decisione in rassegna, la Corte ha stabilito che, ai fini della ammissione al passivo, non è necessaria la preventiva formazione del ruolo in quanto potrebbe essere sufficiente la semplice esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda con la mera allegazione di documentazione alternativa.
Il principio introdotto dalla Corte è decisamente innovativo in quanto, per effetto della interpretazione sistematica della normativa vigente, non vi sarebbe più l’obbligo della necessaria allegazione del ruolo esattoriale, quale documentazione necessaria per l’ammissione al passivo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
ha pronunciato la seguente:
Sentenza
sul ricorso proposto da:
Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro, Agenzia delle Entrate in persona del Direttore;
RICORRENTI E CONTRORICORRENTI
contro
Fallimento blu srl in persona del curatore;
CONTRORICORRENTE RICORRENTE INCIDENTALE ANCHE CONDIZIONATO
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n.2143/05 del 6.7.2005;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – Con ricorso Legge Fallimentare, ex art.101, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, unitamente all’Agenzia delle Entrate, proponeva istanza di ammissione al passivo del fallimento BLU SRL per Lire 2.816.502.000 in privilegio e Lire 2.228.896.000 in chirografo, allegando a sostegno della richiesta copia dei fogli di prenotazione, quali titoli definitivi dei crediti vantati.
Il curatore contestava la fondatezza della pretesa in ragione dell’avvenuta presentazione di valida istanza di condono (cui non aveva però fatto seguito il conseguente pagamento) e dell’assenza di un titolo giustificativo del credito, argomentazioni sostanzialmente condivise dal Tribunale di Napoli, che all’esito dell’istruttoria rigettava quindi la domanda.
La sentenza, impugnata dall’Amministrazione Finanziaria, veniva poi confermata dalla Corte di Appello, che in particolare sui diversi punti sottoposti al suo esame rilevava:
a) che a torto l’appellante aveva ritenuto che i titoli erariali, i fogli prenotati a ruolo, le sentenze tributarie che avevano rigettato i relativi ricorsi potessero essere interpretati come prova dell’esistenza di credito, essendo l’esito positivo della domanda di ammissione al passivo subordinato alla formazione del ruolo e alla notifica della cartella di pagamento, atti questi che “costituiscono il titolo della pretesa tributaria” (pp. 4, 5);
b) che ai sensi della normativa vigente l’Amministrazione Finanziaria sarebbe stata tenuta “a notificare al curatore, a pena di decadenza, l’atto di contestazione di cui all’art. 16 (ed anche 16 bis) entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione” (p. 5), notifica di cui non vi sarebbe prova, risultando anzi la prova del contrario;
c) che la statuizione di condanna alla refusione delle spese di lite emessa in primo grado nei confronti dell’appellante sarebbe stata condivisibile, perchè disposta in applicazione della regola della soccombenza e perchè comunque l’accertamento del credito erariale da parte del giudice tributario non avrebbe potuto determinare l’insinuazione del credito al passivo, mancando “quelle formalità che sono prescritte per legge a pena di decadenza” (p. 6).
2.a) – Avverso la detta decisione il Ministero dell’Economia e l’Agenzia delle Entrate proponevano ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui resisteva il FALLIMENTO BLU SRL con controricorso contenente due ricorsi incidentali, di cui il secondo condizionato, anch’essi affidati ad un solo motivo.
2.b) – Successivamente all’esito dell’udienza dell’8.3.2011, fissata per la relativa trattazione, la prima sezione di questa Corte disponeva la rimessione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, ritenendo la questione prospettata di massima importanza, in quanto attinente ai modi ed alle forme delle attività di riscossione coattiva in sede concorsuale dei crediti erariali di natura tributaria.
In particolare la rilevanza della questione è stata affermata sotto il profilo della necessità di stabilire, ai fini del decidere, “se, nel quadro normativo vigente al momento della presentazione dell’istanza di ammissione, questa dovesse essere o meno preceduta dalla iscrizione a ruolo dei crediti erariali azionati e dalla notifica della cartella di pagamento” (p. 5) e se analogamente fosse ammissibile un’azione esecutiva intrapresa senza l’intervento del concessionario, a ciò deputato per legge.
La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza del 17.1.2012.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3.a – Disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art.335 cpc, si osserva che con quello principale i ricorrenti hanno denunciato violazione del D.Lgs. n.472 del 1997, art.16 e 17, art.25, comma 1, DPR n. 633 del 1972, art.58, DPR n.602 del 1973, art.51, D.Lgs. n.472 del 1997, art.20, D.L. 26 febbraio 1990, art.19, sotto i seguenti aspetti:
a) la Corte di Appello avrebbe a torto omesso di considerare i titoli posti a base della pretesa creditoria, dal cui esame sarebbe emerso che si trattava di accertamenti IVA 1977, 1978, 1979, 1980, impugnati con atti del 16.5.1983, rispetto ai quali la P.A. aveva accertato maggiori imposte ed irrogato sanzioni (in tal senso la sentenza di secondo grado della Commissione Tributaria di Napoli);
b) l’evocato decreto legislativo n.472 del 1997 sarebbe stato in realtà inapplicabile, sia perchè si sarebbe trattato di atti anteriori al 1 aprile 1983 (circostanza da cui sarebbe poi discesa la non configurabilità delle violazioni degli artt. 17 – omessa iscrizione a ruolo – e 20 – decadenza -) , sia perchè, pur prescindendo dalla inesattezza del richiamo per quanto concerne sorte ed interessi, l’iscrizione a ruolo diretta delle sanzioni tributarie sarebbe stata possibile nei soli casi di sanzioni per omesso o ritardato versamento, e non anche “in quelli di accertamento puro quali quelli oggetto di causa“;
c) nella specie sarebbe stato applicabile il DPR n.633 del 1972, per il quale sanzioni e maggiore imposta sono irrogate con lo stesso avviso (art.58), avviso che sarebbe stato risalente al 1983 e che per ciò avrebbe escluso il verificarsi della decadenza;
d) in caso di fallimento del debitore l’Erario, ai fini del riconoscimento di un proprio credito, sarebbe tenuto ad insinuarsi al passivo ed il suo titolo ben potrebbe essere correttamente individuato in un “accertamento confermato in secondo grado“;
e) la domanda di ammissione al passivo non richiederebbe la preventiva emissione del ruolo, ed in tal senso deporrebbe il DM 28 febbraio 1990, art.19, comma 1, che espressamente prevede che l’Amministrazione a ciò provveda dopo l’ammissione del credito al passivo.
3. b – Con il ricorso incidentale il FALLIMENTO BLU SRL si è a sua volta doluto della disposta compensazione delle spese processuali, che sarebbe stata a torto ricondotta ad una insussistente “situazione di incertezza determinata dal susseguirsi di provvedimenti legislativi“, mentre con quello incidentale condizionato ha inoltre denunciato violazione degli artt.100, 112, 115, 116 e 323 cpc, e vizio di motivazione sotto il profilo della sopravvenuta carenza di interesse dell’Amministrazione Finanziaria, carenza che avrebbe dovuto dar luogo ad una declaratoria di improcedibilità della proposta impugnazione.
Dopo il deposito dell’istanza di ammissione del credito la detta Amministrazione avrebbe infatti provveduto all’iscrizione a ruolo ed alla notifica della cartella di pagamento, atti che avrebbero dovuto essere interpretati come di autotutela, ed in quanto tali assimilabili a quelli di rinuncia processuale e sostanziale.
La Corte di Appello avrebbe dovuto, dunque, prendere atto della formazione del nuovo titolo ed emettere, conseguentemente, una decisione che tenesse conto della differente base su cui era stata avanzata la diversa pretesa tributaria successivamente formulata.
4. – Osserva il Collegio che, come sopra anticipato, le due questioni ritenute di particolare delicatezza consistono nello stabilire:
a) se l’Amministrazione Finanziaria abbia o meno legittimazione diretta per far valere nell’ambito della procedura fallimentare il credito di cui assume essere titolare, legittimazione la cui affermazione presenta profili di problematicità in ragione del fatto che il DPR n. 602 del 1973, presuppone la preventiva iscrizione a ruolo delle somme richieste, quale strumento per la riscossione coattiva, ed affida l’attività necessaria al fine indicato al concessionario del servizio;
b) se sia o meno necessario che la pretesa creditoria azionata direttamente dall’Amministrazione in sede fallimentare debba essere preceduta dalla relativa iscrizione a ruolo.
5. – Il primo profilo deve essere affrontato prioritariamente, risultando necessariamente subordinata l’eventuale iniziativa del concessionario alla preventiva formazione del ruolo, ed il Collegio ritiene che al quesito derivante dal relativo esame debba darsi risposta positiva.
Ed infatti la Legge Fallimentare, art.52, stabilisce che il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito e che ogni credito deve essere accertato secondo quanto stabilito dalla Legge Fallimentare, art.92 e segg., a seguito di presentazione della relativa domanda (Legge Fallimentare, art.93).
Alla stregua delle inequivoche disposizioni ora richiamate deve dunque ritenersi che al DPR n. 602 del 1973, che conferisce al concessionario la legittimazione per la proposizione della domanda di ammissione al passivo di un credito dell’Amministrazione Finanziaria, deve essere attribuito sul punto una valenza esclusivamente processuale, nel senso che il potere rappresentativo dell’Amministrazione Finanziaria allo stesso riconosciuto non vale ad escludere la titolarità del credito da parte di quest’ultima e, per l’effetto, il diritto di farlo valere nell’ambito della procedura fallimentare, come d’altro canto specificamente già affermato da questa Corte in precedente decisione (C. 10/24963);
In tal senso depone innanzitutto la circostanza che il legislatore non ha dettato alcuna disciplina speciale derogatoria, rispetto alla normativa vigente in materia fallimentare.
Inoltre appare di assoluta evidenza come una interpretazione di segno opposto, non sorretta come detto da disposizioni normative di sorta, si porrebbe in contrasto con il dettato costituzionale, e segnatamente con gli artt.3 e 24, sotto il duplice aspetto delle irragionevoli limitazioni al diritto di azione del creditore che si verrebbe così a determinare e del trattamento deteriore che, rispetto agli altri creditori, l’Amministrazione Finanziaria, senza alcuna valida ragione, finirebbe per subire.
Infine non va sottaciuto come questa Corte, decidendo in fattispecie analoga si è già sostanzialmente espressa nei medesimi termini (C. 10/23338), con argomentazioni condivise sul punto, e alle quali quindi si rinvia.
6. – Se dunque è da ritenere, per le ragioni sopra esposte, che l’Amministrazione Finanziaria conservi una propria autonoma legittimazione per far valere, con la domanda di ammissione al passivo del fallimento, il credito vantato, il profilo problematico che ne consegue è quello di stabilire se, a tal fine, siano o meno necessarie la preventiva iscrizione a ruolo dei crediti azionati e la conseguente notifica della cartella al curatore del fallimento.
La Corte di Appello, come detto, ha affermato l’indispensabilità di tale incombente, limitandosi tuttavia a rilevarne (unitamente alla notifica della cartella di pagamento) la qualità di titolo della pretesa tributaria, idoneo perciò a determinare la conseguente insinuazione al passivo fallimentare.
La laconicità della motivazione prospettata dal giudice del merito a sostegno della decisione adottata non consente la certa individuazione degli argomenti valorizzati a tal fine, argomenti che tuttavia sembrerebbero poter essere correttamente identificati nel dato normativo ed in quello relativo alla giurisprudenza di questa Corte formatasi al riguardo.
6.a) – In particolare, per quanto concerne quest’ultimo aspetto, occorre rilevare che in sede di legittimità è stata, più volte evidenziata la necessità, ai fini dell’ammissione del credito al passivo del fallimento, del duplice requisito della preventiva iscrizione a ruolo del credito tributario e della successiva notifica della cartella esattoriale al curatore (C. 10/14579, C. 06/12777, C. 04/23001, C. 98/6032, C. 94/4426). Tale giurisprudenza, però, non appare di significativo rilievo in questa sede, atteso che si tratta di decisioni emesse in fattispecie del tutto diverse, vale a dire in casi in cui l’istanza di ammissione era stata presentata dal concessionario, anzichè dall’Amministrazione Finanziaria.
6.b) – Di maggiore consistenza sembrerebbe risultare, ad un immediato e sommario esame, il primo profilo sopra richiamato, attinente al contenuto della disciplina legislativa vigente.
Ed infatti in proposito giova ricordare le seguenti disposizioni: il DPR n. 602 del 1973, art.1, per il quale le imposte sui redditi sono riscosse mediante ritenuta diretta, versamenti diretti del contribuente al concessionario, iscrizione nei ruoli, vale a dire secondo un modulo procedimentale tipizzato;
il DPR n. 602 del 1973, art.45, per il quale per la riscossione delle imposte non pagate l’esattore procede all’esecuzione forzata in virtù del ruolo, che costituisce titolo per l’ammissione con riserva nelle procedure concorsuali;
il DPR n. 602 del 1973, art.51, che regola i rapporti dell’espropriazione esattoriale con le procedure concorsuali, stabilendo che l’esattore può ugualmente procedere, salva la sospensione dell’esecuzione da disporre su istanza del curatore o del commissario liquidatore;
il DPR n. 602 del 1973, art.87, che legittima il concessionario a presentare istanza di fallimento e quindi, successivamente, a chiedere l’ammissione al passivo; il DPR n. 602 del 1973, art.88, (come modificato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art.16) per cui, nel caso di contestazione sulle somme iscritte a ruolo il credito è ammesso con riserva, da sciogliere una volta decorso il termine per adire il giudice competente ovvero all’esito dell’instaurato giudizio.
E’ verosimile dunque ritenere che l’interpretazione della normativa vigente al riguardo nel suo complesso possa aver indotto il giudice del merito a formarsi il convincimento che il credito dell’Amministrazione sorga direttamente con la formazione del ruolo, e che questo quindi costituisca il presupposto necessario per la relativa ammissione.
Tale assunto non può essere condiviso.
7.a) – In proposito va innanzitutto rilevato che, sia sul versante giurisprudenziale che su quello normativo, sono apprezzabili riscontri che depongono in senso diametralmente opposto, vale a dire nel senso della non indispensabilità del ruolo.
Si ricordano in particolare, quanto al primo punto, le diverse sentenze di questa Corte con le quali è stato affermato che la dichiarazione IVA, se non seguita da atto di rettifica dell’Amministrazione ovvero da correzioni successive, vale come accertamento dell’obbligazione tributaria e, nel caso di riscontrato inadempimento, costituisce titolo per la riscossione dell’imposta (C. 09/5165, C. 07/16120, C. 06/2994, C. 04/13027); quanto al secondo aspetto, l’art.19 DM Ministero delle Finanze del 28.12.1989, che prevedeva, al fine della riscossione delle somme dovute da soggetti sottoposti a procedura concorsuale, la formazione del ruolo dopo la definitiva ammissione al passivo delle suddette somme, così implicitamente denunciando la convinzione, da parte dello stesso Ministero creditore delle somme da riscuotere, della non necessità del ruolo.
7.b) – Ma al di là dei pur significativi rappresentati rilievi, lo stato della giurisprudenza di legittimità e la normativa vigente non inducono alla conclusione cui è pervenuta la Corte di Appello.
7.c) – Le sopra citate sentenze di questa Corte, come già puntualmente evidenziato, sono state invero emesse con riferimento all’ipotesi in cui il credito erariale era stato azionato dal concessionario, e quindi in fattispecie che presuppone fisiologicamente la preventiva formazione del ruolo e la conseguente allegazione all’istanza di ammissione al passivo. Quanto poi alle richiamate disposizioni in tema di riscossione del credito erariale, va precisato che le stesse (all’evidenza sollecitate dall’esigenza di favorire la realizzazione del credito in virtù di una più agevole formazione del titolo esecutivo, e ciò in ragione degli interessi pubblicistici rappresentati dal creditore) appaiono essere state dettate in relazione alla prefigurata ipotesi di inadempimento di un singolo debitore ed all’avvertita utilità di fissare principi da applicare nella esecuzione individuale che, su iniziativa del concessionario munito di ruolo, ne sarebbe conseguita.
Da tale premessa discende dunque che, per la parte in cui il legislatore non ha previsto espresse deroghe alla disciplina dettata in tema di procedure concorsuali – e nel caso in esame giova ribadire che detta deroga non è stata affatto prevista -, non è consentita in via interpretativa un’automatica applicazione delle norme sopra richiamate nella procedura di fallimento promossa nei confronti del debitore, la cui dichiarazione, fra l’altro, non presuppone neppure la necessità della precedente formazione di un titolo esecutivo.
7.d) – La procedura fallimentare, infatti, non appare finalizzata alla diretta realizzazione dell’adempimento dell’obbligazione di pagamento, ma risulta piuttosto volta ad assicurare il conseguimento della “par condicio creditorum” nel rispetto della disciplina specificamente indicata a tal fine (Legge Fallimentare, art.92 e segg.), nel cui ambito i compiti di accertamento del giudice delegato e la connessa fase decisionale (Legge Fallimentare, art. 96) assumono rilievo preminente rispetto al momento liquidatorio, che appare al contrario prevalente nell’esecuzione individuale.
Orbene, sulla base delle considerazioni sinora svolte, è agevole rilevare come non siano apprezzabili specifiche disposizioni che sorreggano la decisione adottata dalla Corte di Appello. Ed infatti il più volte richiamato DPR n. 602 del 1973, prende dapprima in considerazione le modalità di riscossione delle imposte, fra le quali quella realizzata mediante ruolo e tramite concessionario (titolo I), prevede poi l’ipotesi di mancato pagamento nonostante il ruolo e la notificazione dell’avviso di mora (titolo 2′), stabilisce infine che, in tal caso, l’esattore può procedere esecutivamente avvalendosi del ruolo come titolo ovvero, nell’ipotesi di pendenza di procedura concorsuale, per ottenere l’ammissione al passivo del credito insoddisfatto.
Quanto a quest’ultimo rilievo, che è quello che interessa in questa sede, appare di assoluta evidenza come la predetta facoltà attribuita all’esattore non comporti, come dato necessario ed ineludibile, la conseguenza che l’istanza di ammissione al passivo per un credito erariale debba essere sorretta dal ruolo preventivamente formato. Al contrario la disposizione in questione si limita a legittimare l’esattore, ove verificata l’intervenuta apertura di procedura concorsuale in danno del debitore, a procedere esecutivamente anche a fronte della nuova procedura in corso (in ciò confermandosi l’intento acceleratorio alla riscossione perseguito dal legislatore) ovvero ad avvalersi del titolo esecutivo rappresentato dal ruolo, ai fini dell’ammissione al passivo del credito.
Allo stesso modo alcuna rilevanza ai fini di interesse può essere attribuita all’avvenuto riconoscimento al concessionario della facoltà di proporre istanza di fallimento, essendo detta facoltà riconducibile all’azionabilità del titolo esecutivo, di cui lo stesso può istituzionalmente avvalersi.
8. – Le esposte considerazioni inducono quindi a ritenere che la corretta lettura ed interpretazione della normativa vigente escluda che possa essere affermata la necessità dell’allegazione del ruolo, a sostegno della domanda di riconoscimento del credito erariale direttamente formulata dall’Amministrazione creditrice.
Tale conclusione, d’altro canto, è in sintonia con la disciplina dettata con riferimento alla domanda di ammissione al passivo (Legge Fallimentare, art.93), per la quale è richiesta la semplice esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda, e non anche la necessaria allegazione di un titolo.
Non vi è dunque ragione per ritenere che detta disciplina, stabilita in via generale per le domande di ammissione di crediti, debba essere derogata quando questa riguardi credito tributario e che al fine indicato sia indispensabile la precostituzione del titolo esecutivo rappresentato dal ruolo.
8.a) Oltre all’assenza di validi motivi idonei a prospettare la ragionevolezza di una deroga ai principi generali per effetto della natura tributaria del credito azionato, non sembra inutile evidenziare due ulteriori aspetti, attinenti alle ragioni che hanno verosimilmente indotto il legislatore a prevedere l’ammissione al passivo con riserva del credito iscritto a ruolo nel caso di contestazioni mosse dal preteso debitore (DPR n. 602 del 1973, artt.45 e 88, e successive modifiche), che depongono in senso opposto a quanto deciso dalla Corte di Appello.
8.b) – Ed infatti, quanto al primo punto occorre considerare la qualità di mandatario dell’Amministrazione rivestita dal concessionario, nonchè la rilevanza pubblicistica attribuibile ai compiti allo stesso demandati, elementi che hanno evidentemente indotto il legislatore ad una rigida tipizzazione, per quest’ultimo, dei moduli procedimentali delineati, nella prospettiva dell’ottimale realizzazione dell’interesse pubblico.
8.c) – In ordine al secondo, non sembra contestabile la funzione di tutela del contribuente riconducibile alla previsione normativa dell’ammissione del credito erariale con riserva. Il ruolo costituisce infatti titolo esecutivo formato in via amministrativa, circostanza che impone una verifica giudiziaria nel caso di contestazioni sollevate dal contribuente preteso debitore. Per effetto delle disposizioni vigenti in tema di riparto di giurisdizione, tuttavia, le controversie che determinano la necessità di una delibazione in ordine all’esistenza e alla consistenza del tributo non possono essere demandate agli organi fallimentari, ma devono essere rimesse all’esame del giudice tributario.
L’impugnativa del ruolo davanti alle Commissioni Tributarie consente dunque al debitore erariale di far valere le ragioni del manifestato dissenso nella sede propria, mentre l’ammissione del credito con riserva, da sciogliere all’esito dell’intrapreso giudizio tributario, consente di definire, sia pure con contenuto condizionato, la fase della procedura fallimentare relativa alla formazione dello stato passivo.
Orbene, tenuto conto della circostanza che nel caso di contestazione del debitore erariale il giudice delegato non ha modo di verificare la fondatezza delle censure, essendo le relative questioni rimesse al giudice tributario, in mancanza del ruolo (e della relativa impugnazione) l’esito della domanda di ammissione dovrà essere necessariamente sfavorevole per il creditore, attesa l’impossibilità, per il giudice delegato del fallimento, di formulare giudizio di merito al riguardo.
Se ne deve dunque desumere che il ruolo rafforza la posizione del creditore che, ove ritenga preferibile depositare istanza di ammissione al passivo senza la preventiva formazione del ruolo, assume il rischio dell’iniziativa adottata e, nel caso di contestazione da parte del debitore, subisce le conseguenze della sua inerzia.
In altri termini il modulo procedimentale normativamente previsto nell’ipotesi di riscossione coattiva di un credito erariale (in essa compresa, quindi, quella da far valere nei confronti di soggetto sottoposto a procedura concorsuale), che subordina la presentazione della relativa richiesta alla precedente formazione del ruolo, appare ispirato all’esigenza di favorire e di accelerare il soddisfacimento del credito sicchè, in mancanza, non è configurabile alcun pregiudizio per il debitore, che al contrario può avvalersi dei limiti di intervento del giudice ordinario al quale, per le ragioni precedentemente esposte, non è consentito alcun sindacato in ordine alla fondatezza delle contestazioni sollevate.
8.d) – Per di più va evidenziato come nella specie non sia neppure astrattamente ipotizzabile alcun pregiudizio per le parti, in relazione all’omessa formazione del ruolo.
Ed infatti, l’eventuale contestazione del suo contenuto da parte del debitore avrebbe come effetto il differimento dell’ammissione definitiva del credito all’inutile decorso del termine “per la proposizione della controversia davanti al giudice competente” ovvero alla data di definizione del giudizio intrapreso davanti alle Commissioni Tributarie (DPR n. 602 del 1973, art.88, e successive modifiche).
Nella specie è circostanza assolutamente certa che la Commissione Tributaria adita, con sentenza passata in giudicato, ha rigettato il ricorso proposto dal debitore, riconoscendo per l’effetto legittimi sia gli accertamenti fiscali effettuati, che le violazioni contestate.
La situazione processuale che si è venuta a determinare è dunque identica a quella che si sarebbe determinata ove l’istanza di ammissione dell’Amministrazione fosse stata accompagnata dal ruolo, sicchè l’assunto posto a base della sentenza impugnata, secondo il quale sarebbe stata comunque indispensabile la preventiva iscrizione a ruolo del credito azionato, non appare condivisibile sul piano logico.
Una valutazione difforme da quella ora prospettata presupporrebbe, per essere considerata fondata, che il legislatore abbia inteso attribuire al ruolo il valore di prova legale, attribuzione che non è stata in alcun modo rappresentata e che, per le ragioni finora svolte, non può essere neppure indirettamente desunta dalla normativa vigente.
9. – Da ciò discende che a torto la Corte di Appello ha confermato il rigetto della domanda di insinuazione del credito avanzata dall’Amministrazione Finanziaria, esito che comporta l’assorbimento del ricorso incidentale, con il quale il fallimento aveva lamentato l’errata statuizione sulle spese processuali del giudice del gravame.
Ad identiche conclusioni deve poi pervenirsi per quanto concerne il ricorso incidentale condizionato, incentrato sulla pretesa carenza di interesse del ricorrente principale.
Tale mancanza di interesse, infatti, sarebbe desumibile dal fatto che, nel corso del giudizio instaurato a seguito di domanda di ammissione al passivo (depositata nel giugno 1998) , e cioè nell’ottobre del 2003, l’Amministrazione aveva provveduto dapprima all’iscrizione a ruolo dell’imposta asseritamente dovuta, e quindi alla notifica della relativa cartella.
A dire del fallimento la diversità della pretesa rispetto alla precedente, sotto il profilo della conformità alla legge di quella “nuova e sostitutiva” della prima, sarebbe riconducibile ad atto di autotutela, e per ciò assimilabile ad atto di rinuncia processuale, assunto tuttavia privo di pregio, poichè espressione di una interpretazione del tutto soggettiva del comportamento processuale della controparte, per di più contrastante con l’identità del “petitum” perseguito con l’ulteriore iniziativa adottata dall’Amministrazione, a torto definita dal fallimento come una diversa pretesa rispetto a quella iniziale.
In realtà è del tutto evidente come la domanda originaria dell’odierno ricorrente sia rimasta sempre quella dell’ammissione del credito al passivo per le medesime causali, sicchè la diversità rispetto alla strategia processuale precedentemente adottata riguarda esclusivamente la documentata prospettazione di altro argomento (sollecitata dalla linea difensiva della controparte), a sostegno della iniziale richiesta. Il solo eventuale profilo problematico che ne potrebbe dunque derivare sarebbe quello concernente la tempestività e la ritualità della documentazione prodotta, profilo che tuttavia non risulta essere stato denunciato dalla parte interessata, nè considerato dal giudice del merito, e che in ogni modo risulta ininfluente ai fini del decidere, in ragione della ritenuta non necessità della preventiva formazione del ruolo.
Conclusivamente, la controversia deve essere decisa sulla base dei due seguenti principi di diritto:
“1) La legittimazione del concessionario a far valere il credito tributario nell’ambito della procedura fallimentare non esclude la legittimazione dell’Amministrazione Finanziaria, che conserva la titolarità del credito azionato;
2) la domanda di ammissione al passivo di un fallimento avente ad oggetto un credito di natura tributaria non presuppone necessariamente, ai fini del buon esito della stessa, la precedente iscrizione a ruolo del credito azionato, la notifica della cartella di pagamento e l’allegazione all’istanza di documentazione comprovante l’avvenuto espletamento delle dette incombenze, potendo viceversa essere basata anche su titolo di diverso tenore”.
Ne consegue dunque che il ricorso principale va accolto nei termini sopra esposti, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione, perché provveda alla delibazione della domanda di ammissione al FALLIMENTO BLU SRL dell’Amministrazione Finanziaria sulla base della documentazione da questa prodotta, quale risulta dalla indicazione contenuta nella sentenza impugnata, nella parte relativa alla rappresentazione dei primi due motivi di appello.
Il giudice del rinvio provvederà, infine, anche alla liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
PQM
Riunisce i ricorsi, accoglie quello principale, assorbito l’incidentale, rigetta il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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