Le criptovalute sono valute virtuali, ossia rappresentazioni digitali di valore, utilizzate – su base volontaria – come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi. Esse possono essere trasferite, conservate e negoziate elettronicamente. Si distinguono dalle valute aventi corse legale, perché:
- non hanno origine da alcun ente autorizzato e vigilato e, quindi, da nessuno stato: pertanto, non sono soggette alle discipline proprie degli Intermediari bancari e finanziari;
- il loro numero non può variare: vengono prodotte in quantità determinate a priori, non modificabili successivamente;
- il loro utilizzo viene registrato in una base dati denominata blockchain (catena di blocchi), che non si trova in un solo server, ma in migliaia di server che appartengono ad utenti differenti, che rendono disponibile la potenza dei propri computer;
- sono depositate in conti wallet (portafogli elettronici), che generalmente sono software, sviluppati e forniti da appositi soggetti, chiamati wallet providers.
Mentre, le valute aventi corso legale:
- hanno origine dalle Banche centrali, che le stampano e le mettono in circolazione sui mercati finanziari;
- il loro numero può variare;
- il loro utilizzo è tracciato in un database posto in un server specifico;
- sono depositate presso i tradizionali conti correnti bancari.
Cosa hanno in comune? Unità di conto, mezzo di scambio e riserva di valore.
Le criptovalute presentano alcuni elementi favorevoli alla loro diffusione:
- possibilità di pagamento ovunque, rapidamente e senza limiti di quantità;
- le transazioni sono irreversibili (cioè, non è possibile chiederne l’annullamento) e non contengono informazioni sensibili (i nominativi del titolare del conto e del beneficiario restano anonimi): appaiono, perciò, sicure rispetto al rischio di frodi e truffe (es. phishing);
- non esistono costi di transazione oppure sono minimi, perché gli scambi sono di tipo peer-to-peer: nel linguaggio informatico, questa espressione significa che la logica di rete non si basa su strutture gerarchizzate (sotto forma di client o server fissi), ma su strutture equivalenti o paritarie;
- pressoché assente il rischio di inflazione, dato che le emissioni sono programmate ab origine.
La costituzione della prima criptovaluta (Bitcoin) è avvenuta nel 2008. La sua attuale popolarità dipende principalmente dalla recente e fortissima crescita sul mercato: basti pensare che nel 2009 un Bitcoin costava circa 40 centesimi di dollaro, mentre agli inizi di febbraio 2018 presenta un valore di circa 10.000 dollari. Esistono anche altre criptovalute: ne sarebbero in circolazione circa 500[1].
Per operare con le criptovalute servono semplicemente liquidità, un conto wallet e gli indirizzi dei beneficiari. Non sarà necessario né recarsi in filiale, né stipulare i tradizionali contratti bancari, né tantomeno essere sottoposti agli adempimenti propri dell’adeguata verifica: in sostanza, non viene assegnato un profilo di rischio al cliente, né vengono vagliate l’origine dei fondi e lo scopo del rapporto. Poiché, al momento, non vi è alcun presidio, le transazioni eseguite con le valute virtuali possono tranquillamente avvenire anche da/verso quelli che sono considerati – per le Banche – soggetti, paesi e territori a rischio e, di conseguenza, embargati. La piattaforma, su cui si apre il conto, richiede un’autenticazione tramite indirizzo email e numero di telefono e, poi, assegna un username ed una password. Ogni conto wallet possiede due chiavi, una privata per accedere al proprio conto ed una pubblica per eseguire un pagamento a favore di un soggetto terzo (le coordinate crittografate sono, in genere, sotto forma di QR-code o di codice alfanumerico che va dai 27 ai 34 caratteri).
Nel decreto legislativo n. 231/2007, il concetto di valuta virtuale compare quattro volte. Essa viene definita quale “rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”(art. 1. co. 2, lett. qq)). I prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale – ossia, “ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale” (art. 1, co. 2, lett. ff)) – rientrano nella categoria di altri operatori non finanziari, di cui ai soggetti obbligati ex art. 3, co. 5, lett. i), ma con un precisazione: “..limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso”.
Banca d’Italia e l’Unità di Informazione Finanziaria sono all’opera da diversi anni per evidenziare le problematiche relative all’utilizzo di valute virtuali, ravvisando l’urgenza di mitigare i rischi derivanti dall’interazione tra le medesime ed i servizi finanziari regolamentati e scoraggiando gli stessi Intermediari ad acquistare, detenere o vendere valute virtuali[2]. UIF, in una sua Comunicazione[3], prevede che “al fine di prevenire l’utilizzo del sistema economico-finanziario a fini di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, i destinatari del Decreto legislativo n. 231/2007 devono aver cura di individuare le operatività connesse con valute virtuali, rilevandone gli eventuali elementi di sospetto. In particolare, gli Intermediari finanziari, specie quando prestano servizi di pagamento, devono valutare con specifica attenzione le operazioni di prelevamento e/o versamento di contante e le movimentazioni di carte di pagamento, connesse con operazioni di acquisto e/o vendita di valute virtuali, realizzate in un arco temporale circoscritto, per importi complessivi rilevanti”. Tutto questo affinché le operazioni sospette, riconducibili a questo fenomeno, siano segnalate alla UIF con la massima tempestività.
In Italia, l’acquisto, l’utilizzo e l’accettazione in pagamento delle valute virtuali devono, al momento, ritenersi attività lecite. Si richiama, tuttavia, l’attenzione sul fatto che le attività di emissione di valuta virtuale, conversione di moneta legale in valute virtuali e viceversa e gestione dei relativi schemi operativi potrebbero, invece, concretizzare la violazione di disposizioni normative, penalmente sanzionate, che riservano l’esercizio di tale attività ai soli soggetti legittimati (artt. 130, 131 TUB per l’attività bancaria e l’attività di raccolta del risparmio; art. 131 ter TUB per la prestazione di servizi di pagamento; art. 166 TUF, per la prestazione di servizi di investimento).
In una recente intervista[4], Fabio Panetta (Vice Direttore Generale della Banca d’Italia), interrogato anche sui Bitcoin, parla della necessità di creare informazione e di aumentare la cultura finanziaria del nostro Paese: “Quello che conforta in parte è che le indagini condotte tra i risparmiatori italiani ci dicono che si sta almeno diffondendo la consapevolezza di non sapere. E’ un passo avanti, sebbene la consolazione sia magra. Ma mi faccia aggiungere una cosa.. Non dobbiamo dimenticare il valore dell’etica. I consumatori devono sapersi difendere dalle insidie, ma innanzi di tutto occorre evitare che ci siano operatori pronti a insidiarli. E questo è possibile sono con una solida etica del lavoro. È necessario un cambiamento dei comportamenti da parte di molti operatori professionali, e tutti dobbiamo esserne consapevoli”.
NOTE
[1] European Central Bank, February 2015, Virtual currency schemes – a further analysis: https://r.search.yahoo.com/_ylt=AwrJIkzG3nJa4XwAJ3VHDwx.;_ylu=X3oDMTByaW11dnNvBGNvbG8DaXIyBHBvcwMxBHZ0aWQDBHNlYwNzcg-/RV=2/RE=1517506375/RO=10/RU=https%3a%2f%2fwww.ecb.europa.eu%2fpub%2fpdf%2fother%2fvirtualcurrencyschemesen.pdf/RK=2/RS=CjmSdqRCbF1S5IaHcqco2hHSwb8-
[2] Banca d’Italia: http://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/avvisi-pub/avvertenza-valute-virtuali/AVVERTENZA_VALUTE_VIRTUALI.pdf
[3] UIF: https://uif.bancaditalia.it/normativa/norm-indicatori-anomalia/Comunicazione_UIF_su_VV.pdf
[4] Banca d’Italia: http://www.bancaditalia.it/media/interviste/documenti/2018/panetta-20180102.pdf
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