In tema di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3 del 2012, il giudice non può, in assenza di una specifica norma che lo consenta, imporre al debitore, a pena di inammissibilità, il deposito preventivo di una somma per le spese che si presumono necessarie ai fini della procedura, potendo semmai disporre acconti sul compenso finale spettante all’organismo di composizione della crisi, ai sensi dell’art. 15 del d.m. 24 settembre 2014, n. 202, tenendo conto delle circostanze concrete e, in particolare, della consistenza dei beni e dei redditi del debitore in vista della fattibilità della proposta di accordo o del piano del consumatore, anche ai sensi dell’art. 8, comma 2, della legge n. 3 del 2012.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. I civ., Pres. Didone – Rel.Vella, con l’ordinanza n. 34105 del 19.12.2019.
La Suprema Corte si è pronunziata sul ricorso presentato avverso il provvedimento emesso dal Tribunale all’esito di un reclamo proposto da una società di persone in liquidazione e dai soci, avverso i decreti presidenziali di rigetto delle istanze di rateizzazione e contestuale revoca dei decreti di nomina degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento.
Tali decreti erano stati motivati sul presupposto che “il mancato deposito delle somme” richieste a titolo di fondo-spese e la richiesta di riduzione e contestuale rateizzazione delle stesse, inducevano al “ragionevole timore che difficilmente la proposta di accordo” avrebbe trovato esecuzione.
I ricorrenti hanno affidato il ricorso a due motivi:
1) Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in riferimento all’art. 24 Cost., dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU, e della L. n. 3 del 2012 – artt. 6 e ss.”, in quanto il tribunale, rifiutando la richiesta di riduzione e rateizzazione avrebbe di fatto impedito loro l’accesso ai benefici previsti dalla L. n. 3 del 2012, finalizzata anche ad evitare il ricorso all’usura da parte dei soggetti sovraindebitati.
2) Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in riferimento alla L. n. 3 del 2012, artt. 7 e seguenti”, per essere stata ingiustamente disattesa l’ulteriore istanza di includere gli onorari previsti per l’Organismo di composizione della crisi tra le passività del piano, di cui lo stesso Organismo avrebbe dovuto verificare la fattibilità, anche al fine di verificare “possibili alternative di pagamento delle spese di procedura.
Gli intimati non hanno svolto difese.
Va premesso che la Suprema Corte ha subito sancito l’inammissibilità ex art. 111 Cost. del ricorso, per difetto dei caratteri di decisorietà e definitività del provvedimento impugnato.
Infatti, tale mezzo di impugnazione straordinaria è proponibile avverso provvedimenti giurisdizionali emessi in forma di ordinanza o di decreto solo quando essi siano definitivi ed abbiano carattere decisorio, essendo in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale; di qui l’inammissibilità dell’impugnazione di provvedimenti adottati dal tribunale in sede di reclamo, pur quando se ne deduca la inesistenza, nullità o abnormità, tutte le volte in cui essi siano inidonei a conseguire efficacia di giudicato, sia dal punto di vista formale che da quello sostanziale, senza che ciò si ponga in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost. – proprio per la loro inidoneità a incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale – e con l’art. 6 Cedu, essendo comunque garantita una duplice fase di tutela davanti a un’istanza nazionale (v. ex multis, Cass. 20954/2017, Cass. 12229/2018, Cass. 16161/2018, in tema di provvedimenti di natura cautelare, anche adottati ai fini degli accordi di ristrutturazione dei debiti L. Fall., ex art. 182 bis, comma 6).
Tale principio è stato affermato anche nell’ambito delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla L. n. 3 del 2012, con specifico riguardo al “decreto reiettivo del reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato che ha dichiarato inammissibile la proposta” (Cass. 6516/2017) e del “decreto reiettivo del reclamo avverso il provvedimento, successivo alla nomina del professionista L. n. 3 del 2012, ex art. 15, comma 9 di archiviazione della procedura” (Cass. 4497/2018).
Ciò nonostante, gli Ermellini hanno ritenuto la questione sollevata dai ricorrenti di particolare importanza “sostanziale”, tale da rendere opportuna l’enunciazione di un principio di diritto “nell’interesse della legge” ex art. 363 co. 3 c.p.c.
Il Supremo Collegio ha quindi effettuato una sapiente ricostruzione delle pertinenti disposizioni legislative e regolamentari che disciplinano la materia, con particolare riferimento al tema dei compensi dei professionisti incaricati alla redazione del “piano”.
In particolare, si è soffermato sulla circostanza che la legge n. 3 del 2012 – istitutiva delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento – si limita a prevedere che il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi, con la precisazione che i compiti e le funzioni dell’organismo possono essere svolti anche da un professionista o una società tra professionisti e che i compensi sono determinati secondo i parametri previsti per i commissari giudiziali nelle procedure di concordato preventivo, ridotti del quaranta per cento.
La Corte ha, poi, evidenziato che il D.M. 24 settembre 2014, n. 202 ha disciplinato, tra l’altro, “la determinazione dei compensi e dei rimborsi spese spettanti agli organismi a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura“, disponendo che, in difetto di accordo con il debitore che lo ha incaricato, “la determinazione dei compensi e dei rimborsi spese spettanti all’organismo ha luogo secondo le disposizioni del presente capo”, le quali si applicano in particolare per la determinazione dei compensi dei soggetti nominati dal giudice ai sensi della L. n. 3 del 2012, art. 15, comma 9, anche se i valori minimi e massimi indicati non sono vincolanti per la relativa liquidazione.
Il Supremo Collegio ha poi rilevato come un provvedimento che condizioni la stessa ammissibilità della domanda di composizione della crisi da sovraindebitamento al deposito di un fondo spese, sostanzialmente destinato a coprire i compensi e le spese spettanti all’organismo di composizione della crisi – e, a maggior ragione, un provvedimento che neghi finanche la possibilità di una rateizzazione delle somme richieste – appare sfornito di fondamento normativo, poiché il regime dettato dal D.M. 24 settembre 2014 n. 202 contempla solo la possibilità di acconti sul compenso finale (che include il rimborso delle spese vive e di quelle forfetarie), salvo diverso accordo con il debitore.
Invero, l’imposizione di oneri che pongono una condizione di accesso alla procedura, non espressamente prevista dalla legge, incide sul diritto del debitore di avvalersi delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, senza che ciò sia adeguatamente giustificato dall’esigenza di tutelare il diritto al compenso dell’organismo, sia perché esso ha pacificamente natura prededucibile, sia perché la stessa legge n. 3 del 2012 contempla meccanismi di garanzia, come l’art. 8, comma 2, in base al quale “nei casi in cui i beni e i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità dell’accordo o del piano del consumatore, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per assicurarne l’attuabilità“.
Pertanto, solo una volta verificata, in concreto, l’assenza di qualsivoglia attivo sufficiente a sostenere compensi e spese dell’organismo di composizione della crisi, il tribunale potrebbe motivatamente assumere un provvedimento di inammissibilità della procedura.
La Suprema Corte ha, peraltro, evidenziato la compatibilità della soluzione interpretativa prescelta con lo spirito della recente “Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la Dir. (UE) 2017/1132” – entrata in vigore il 16 luglio 2019 e da attuare per lo più entro il 17 luglio 2021.
Tale atto normativo comunitario lascia agli stati membri la facoltà di limitare l’accesso alle procedure di composizione “quando non è coperto il costo della procedura che porta all’esdebitazione” (art. 23, par. 2, lett. e).
Ebbene, in mancanza di una precisa opzione in tal senso da parte del legislatore nazionale, non può il giudice limitare – nelle more dell’attuazione della direttiva – di propria iniziativa l’accesso alla procedura per considerazioni di mera sostenibilità economica della stessa, pena la violazione del principio di leale cooperazione ex art. 4, par. 3 TUE e art. 288, par. 3 TFUE, che richiama all’opportunità di adottare un’interpretazione del diritto nazionale conforme alla lettera e allo scopo di una direttiva.
In conclusione, pur dichiarando il ricorso inammissibile, la Suprema Corte ha adottato una pronuncia di chiaro stampo nomofilattico, destinata ad impattare su un aspetto di primaria importanza circa l’accesso alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
SOVRAINDEBITAMENTO: IL DEBITORE PUÒ ACCEDERE ALLA PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE SENZA UN PATRIMONIO DA LIQUIDARE
È POSSIBILE, SU ISTANZA DEL DEBITORE E DI UN CREDITORE, CONVERTIRE LA PROCEDURA DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI IN QUELLA DI LIQUIDAZIONE
Decreto | Tribunale di Matera, Pres. Pica – Rel. Caradonio | 24.07.2019 | n.1031
SOVRAINDEBITAMENTO: NON OMOLOGABILE SE I DEBITI CUMULATI NON SONO PROPORZIONALI A CAPACITÀ PATRIMONIALI
L’ECCESSIVO E VOLONTARIO INDEBITAMENTO DI UN SOGGETTO COMPORTA IL RIGETTO DEL PIANO DEL CONSUMATORE
Ordinanza | Tribunale di Napoli, Pres. Stanislao de Matteis 08-03-2016
SOVRAINDEBITAMENTO: DECRETO DI OMOLOGA ANNULLABILE SE IL DEBITORE ERA IMPOSSIBILITATO AD ADEMPIERE ALLE OBBLIGAZIONI
LA CRISI ECONOMICA PRIMA DELL’ASSUNZIONE DEL DEBITO COMPORTA L’ANNULLAMENTO DEL DECRETO
Sentenza | Tribunale di Napoli, Pres. Stanislao de Matteis 18-02-2016
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