9 settembre 2021
È stato recentemente pubblicato in Gazzetta Ufficiale il d.l. n. 118 del 24 agosto 2021, entrato in vigore il successivo 25 agosto 2021, recante “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia”.
La previsione di nuovi strumenti che incentivino le imprese ad individuare alternative percorribili per la ristrutturazione o il risanamento aziendale e di intervenire sugli istituti di soluzione concordata della crisi per agevolare l’accesso alle procedure alternative al fallimento esistenti, rappresenta il chiaro intento dell’Esecutivo di evitare la fuoriuscita dal mercato di imprese che, pur fortemente indebolite dagli effetti che la pandemia ha prodotto sull’economia, abbiano concrete possibilità di riprendere e proseguire l’attività.
Tra le novità:
- si è provveduto a differire l’entrata in vigore del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza al 16 maggio 2022; trattasi di ulteriore proroga, disposta sul presupposto che gli Uffici Giudiziari possano meglio operare, in periodo emergenziale, sulla scorta di istituti e strumenti già consolidati;
- in particolare, è stata procrastinata ulteriormente al 31 dicembre 2023 l’entrata in vigore del Titolo II sulle misure di allerta;
- al contempo, però, il decreto prevede una modifica alla legge fallimentare, con l’anticipazione di alcuni strumenti di composizione negoziale già previsti dal codice della crisi, ritenuti indifferibili.
L’aspetto sicuramente più rilevante concerne l’introduzione dell’istituto della composizione negoziata della crisi (i cui articoli istitutivi si applicheranno a decorrere dal 15 novembre 2021), che si inserisce nel solco di un iter normativo volto all’introduzione di misure di supporto alle imprese per consentire loro di contenere e superare gli effetti negativi che l’emergenza epidemiologica da Covid 19 ha prodotto e sta producendo sul tessuto socio-economico nazionale.
A tal fine l’istituto menzionato ridefinisce i rapporti di dare e avere tra impresa in crisi e creditori, tra cui le Banche, in un’ottica di risanamento aziendale.
Si tratta di un percorso di composizione esclusivamente volontario, nel quale all’imprenditore si affianca un esperto, terzo e indipendente, munito di specifiche competenze, al quale è affidato il compito di agevolare le trattative con i creditori necessarie per il risanamento dell’impresa.
Per quel che interessa il creditore, l’art. 4, comma 5 del d.l. n. 118 del 2021 prevede che l’imprenditore che intenda attivare tale procedura (attraverso una piattaforma telematica appositamente istituita) ha il dovere di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente e di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori stessi.
La medesima norma prevede al comma 6 che le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato.
Inoltre, l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore.
Durante la fase delle trattative, momento sicuramente privilegiato dalla disciplina normativa al fine di addivenire ad una soluzione negoziata della crisi, l’art. 6 consente all’imprenditore di poter richiedere l’adozione di misure protettive del patrimonio.
L’istanza di applicazione delle misure protettive è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto e, dal giorno della pubblicazione, i creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa. Non sono inibiti i pagamenti.
Il successivo comma 5 prescrive che i creditori interessati dalle misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori.
In questo contesto normativo di protezione dell’imprenditore la cui attività sia oggettivamente risanabile, la tutela accordata al creditore si rinviene prevalentemente nell’art. 9, rubricato “Gestione dell’impresa in pendenza delle trattative”.
Pur lasciando la gestione dell’attività ordinaria e straordinaria nelle mani dell’imprenditore, il decreto prevede al comma 3 che l’esperto, quando ritenga che l’atto possa arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, lo segnali per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo.
Se, nonostante la segnalazione, l’atto viene compiuto, l’imprenditore ne informa immediatamente l’esperto il quale, nei successivi dieci giorni, può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese. Quando l’atto compiuto pregiudica gli interessi dei creditori, l’iscrizione è obbligatoria.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al testo ufficiale del decreto pubblicato in Gazzetta.
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